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Il corsaro/Canto I/II

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Filosofia

Canto I
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Canto I - I Canto I - III
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II.

Risuonava così di fere voci55
L’Isola de’ Pirati. Da le rupi
Echeggiate, all’orecchio di que’ tristi,
Quando al chiaror de l’ampio foco intenti

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Vegliavano a difesa, erano un canto.
In sparsi gruppi, su l’aurata sabbia60
L’un bee, l’un ride, l’un ragiona; i brandi
Altri affila, altri sceglie, altri destina;
Ma lo sguardo sul sangue che gli offusca
Passa, e nol cura. Chi il timone appresta,
Chi racconcia lo schifo, e chi v’adatta65
Le sarte e i remi; solitario, e assorto
Talun s’aggira su la spiaggia; i lacci
Quei prepara agli augèi; questi le reti
Umide stende incontro al Sol con occhio
Di cupido desir mirando, lunge.....70
Sul mar.... se scorga una macchia.... un naviglio;
E rammentando, le stentate e tante
Notti, e i periglj, chieggonsi stupìti
Ove ricca di spoglia, la vicina
Forse li chiamerà.... Ma non pensiero75
Tal, sia di lor.... del Duce sol.... denn’essi
Silenziosi ubbidir, de’ suoi disegni
Paghi e securi, e in suo valor fidati.
Tanto Duce chi è mai?.... Per ogni sponda
Suona il suo nome, paventato, e chiaro,80
Di più non san; di più non chieggon: starse
Fra lor nol veggon mai, s’uopo nol chiama
Di comandar; pochi i suoi detti e brevi,

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Ma son vigili, e pronti, e sguardo e braccio;
Del suo sorriso i deschi lor giulivi85
Unqua non sparge, eppur, tacito, e fosco
Qual è, sé l’aman perché ognor felici
Ne fur le imprese. La purpurea tazza
Per lo suo labbro invan si colma; scorre
Indelibata, e vil suo cibo è tanto,90
Ch’anco il più sozzo de’ seguaci suoi
Se lo vedrìa non assaggiato innanzi.
Scarso e misero pan, scarse radici
De l’orticello, e poche frutta estive
Songli umil pasto, e qual conceder suole95
A digiun lungo squallido eremita.
L’effeminato lusingar de’ sensi
Ei così spregia, e in povertà sì dura
Par che lo spirto suo nutra, e satolli.
» Olà, a quel lido....» e salpan tosto....» or questo100
» Facciasi».... è fatto....» or v’ordinate, e pronti
» Me seguite».... e van’essi, e in un istante
Conquistata è la preda, e così l’opre,
Rapide son come gli accenti, e tutti
Piegano al suo voler, ed osan pochi105
Chieder qual sia, perchè un severo sguardo
Tronca ogni dir su l’indiscreto labbro,
E risponder disdegna.