Il figlio di Grazia/X

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IX XI

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Nocente, quando aperse gli occhi, si guardò intorno attonito, poi si rizzò preso da spavento, credendo d’essere nella stanza dei carabinieri. Grazia si chinò sopra di lui dicendogli piano colla sua vocetta dolce:

«Sta quieto: il dottore vuole che non ti mova e tenga il ghiaccio sulla testa. Così, bravo: chiudigli occhi e cerca di dormire.»

Ma Nocente, cogli occhi chiusi, cercava di ricordarsi che cosa fosse accaduto.

Era scappato dopo aver morsicato la Savina: ed era corso giù per il prato, poi aveva inciampato.... Che spavento! gli era parso di piombare in un precipizio senza fondo, buio, orribile!... forse l’inferno?!

Ma no: era qui nella stanza di Grazia, col soffitto di legno verniciato, nel letto di.... Natale. Questo gli arrovellava qualche cosa dentro, non sapeva perchè: egli non poteva veder Natale, nè sentirne parlare; [p. 72 modifica]era più forte di lui, gli faceva male, ecco, gli faceva male. E ora avrebbe dato non so che, per non essere nel suo letto, nella sua casa. Fece per rizzarsi: ma ricadde indietro preso da capogiro e da un orribile senso di nausea.

— I carabinieri! se venissero i carabinieri a prenderlo? Ora non poteva più fuggire! Ecco, ecc. perchè si trovava in casa di Natale. Lo avevano portato li apposta per consegnarlo nelle mani dei carabinieri! —

Intanto, in cucina, Natale aiutava la mamma a rompere con un sasso un gran pezzo di ghiaccio per metterne sulla testa di Nocente:

«Mamma, dici che guarirà? chi sa quanto male sente nella testa, vero?... E se io andassi a cercar nel bosco quella tal erba, ti ricordi? quell’erba che mi hai messo un giorno sul dito che m’ero tagliato e me l’ha fatto guarire in pochi giorni?»

«Oh, caro, ci vuol altro che l’erba per quella ferita nella testa! E poi ora vien buio, non vedi? nel bosco non ti lascio andare a quest’ora.»

«Ma io non ho paura, ve’! Vorrei proprio, mamma, che tu provassi quell’erba.»

Di lì a qualche ora, Marianna, avvertita dell’accaduto, accorse da Grazia e trovò Innocente con una febbre così forte che non c’era neppur da pensare a trasportarlo a casa.

L’indomani ebbe delirio: fissava tutti cogli occhi lucidi e ardenti, gridando: — lasciatemi andare! no, ah! non voglio! non voglio venire in prigione! — e buttava all’aria le coperte a calci, attaccandosi Coi denti al guanciale. Sua madre di giorno veniva a vederlo, ma non si fermava più di dieci minuti. Par[p. 73 modifica]lava poco, ma una ruga profonda nel mezzo della fronte svelava la sua preoccupazione. Quando stava per uscire, spesso s’arrestava guardando Grazia come se volesse dirle molte cose, poi s’incamminava con un gran sospiro, dicendo solo: Basta! Dio vi renderà il bene che mi fate. —

La sera, verso le dieci, quando aveva finito tutto in casa, chiudeva dentro i figlioli e scendeva da Nocente.

Grazia andava allora a letto, ed ella si sedeva su una seggiola con una coperta di lana addosso, perchè era cominciato il freddo, e rimaneva fino all’alba a vegliare il suo ragazzo.

Una sera udì nella stanza vicina Grazia che faceva pregar Natale e diceva: «Fate, Signor Iddio, che Nocente guarisca presto.»

«Se deve crescere un buon figliolo, sì: ma se deve essere cattivo, che Dio se lo porti in Cielo questa notte» disse la voce forte e seria di Marianna.

Nocente, sopito, s’agitò nel letto senza comprendere che cosa lo avesse riscosso, e nell’altra stanza si fece un gran silenzio.

Natale, cogli occhi spalancati, fissi all’uscio di quella stanza fiocamente rischiarata da un lumino in un angolo, si strinse alla sua mamma sbigottito, come se vedesse l’angelo della morte uscir fuori con Nocente fra le braccia.

L’indomani egli migliorò invece in modo insperato, e Natale pensò: — È segno che diventerà buono. — E lo raccontò a Raffaella.

«Sai, non devi più aver paura di Nocente. La tua mamma ha detto al Signore di farlo morire se era ancora cattivo, di farlo guarire se diventava buono. [p. 74 modifica]E il Signore l’ha fatto guarire. Vieni a vederlo! oggi ti lascieranno entrare. Ha un’altra faccia, tanto buona tanto buona, che non par più lui!...»

Entrarono tenendosi per mano: il letto era alto e Raffaella così piccina non arrivava a vederlo.

Natale prese una seggiola, vi spinse la sua piccola amica ed egli, ritto sulla punta de’ piedi, guardò con lei Nocente che dormiva.

«Vedi che ha un’altra faccia?»

«Sì, sì» rispondeva Raffaellina «ha un altra faccia....»

E Natale: «Di buono.»

E Raffaella: «.... di buono.»

«Vuoi provar a baciarlo, Raffaella?»

Ma la bambina si ritrasse come inorridita.

«Perchè non vuoi? ora non ti morde più, sai?»

Ma la bambina non si fidava: soltanto si decise a sporgere la manina per carezzarlo sui capelli, leggermente. Il ragazzo addormentato sollevò una mano e fece un gesto come se scacciasse una mosca importuna, e Raffaella, spaventata, fece un passo indietro, e sarebbe precipitata dalla seggiola se Natale non fosse stato pronto a sostenerla.

Al rumore, il malato si svegliò, aperse gli occhi e rimase a guardarli uno e poi l’altro, come se stentasse a raccapezzarsi: vide in una mano della sorellina un pezzo di pane nero e disse colla voce fioca, ma risoluta: «dammi quel pane!»

La bambina glielo diede ed egli l’addentò con avidità.

«Hai fame?» dimandò Natale.

«Sì: la tua mamma non mi dà da mangiare» rispose cupo il malato. [p. 75 modifica]

«Vado a dirle subito di portarti qualche cosa.»

«No, fermati! Non dir niente! Ma voi due portatemi tutti i giorni qualche cosa, avete capito?»

«Sì,» risposero in coro i due bambini.

«Ma non dite niente a nessuno!»

Raffaella e Natale si guardarono.

Natale disse: «La mia mamma non vuole che io dica bugie.»

«Non c’è bisogno di dir bugie,» replicò Nocente «basta non dir niente.»

Natale non rispose. Così è, pur troppo: i cattivi risoluti, prepotenti, impongono la loro volontà a’ buoni deboli, che non trovano la forza di reagire. Natale e Raffaella gli portarono quella sera, di nascosto, l’uno un pezzetto di cacio, l’altra una manciata di castagne crude.

«Va bene,» disse Nocente.

Ma Natale, quando la mamma gli fece recitare l’orazione della sera, sentì il cuore gonfio e pensò. — Non va bene, non va bene. Se la mamma gli da poco da mangiare è perchè il dottore ha ordinato così. —

Quella notte Marianna svegliò Grazia, e anche Bernardo si vestì, e dovette correre a chiamar il dottore.

Nocente stava male.

Risvegliato dallo sbatter degli usci e da quell’andirivieni, Natale si rizzò a sedere sul letto (ora dormiva nel lettone fra il babbo e la mamma) e sentì la voce di Nocente che si lamentava affannosamente.

«Ahi, ahi!... qui! un male qui, ahi, ahi!»

«Dei panni caldi» diceva la voce del dottore. «Presto! si direbbe un’indigestione. Che cos’ha mangiato oggi?» [p. 76 modifica]

«Quello che lei ha ordinato, signor dottore» rispose Grazia, «il pezzetto di carne, la scodellina di riso e l’ovo sbattuto. Era forse troppo?»

«No no; questi stomachi abituati alla polenta non s’accorgono neppure di digerir la carne e le ova. Bisogna pur rimetterlo in forza.... Non hai mangiato altro? di’! Voi Marianna non gli avete portato nulla?»

«Oh, nossignore.»

«Qualche suo fratello forse?»

«Oggi non è venuta neppur Savina: è entrata soltanto Raffaella, la piccina.»

Mentre gli mettevano i panni caldi sullo stomaco, il medico cacciò le mani in fondo al letto per tastargli i piedi.

«Ah il briccone! Sfido io! ha mangiato castagne, castagne crude! Guardate qua: è tutto pieno di gusci. Se non va all’altro mondo è un miracolo... Dove le hai prese? di’ su!» Natale, dalla stanza vicina udiva tutto, e attese, rattenendo il respiro.

La voce di Nocente rispose: «Io non volevo, è stato Natale a farmele mangiare.»

Il bambino si ricacciò sotto le coltri scoppiando in un pianto desolato.

Ma che bravo ometto, però! l’indomani non si scolpò, non disse che Nocente gli aveva comandato di portargli da mangiare, non disse che le castagne le aveva portate la Raffaellina: si pigliò la sgridata, si pigliò il rimorso della ricaduta di Nocente, pianse e dimandò scusa veramente pentito, e promise che mai più avrebbe nascosto alla mamma qualche cosa.

Passarono altre due settimane, e Nocente trovava molto comodo di far il malato; per lui voleva dire starsene in un letto tutto solo, non urtato dai piedi [p. 77 modifica]ruvidi de’ suoi fratelli: voleva dire mangiar bene, e starsene tutto il giorno a non far nulla nel calduccio delle coperte, mentre fuori fischiava un vento gelato o pioveva a rovescio, ed essere servito come un re.

Rideva dentro di sè quando la mattina vedeva Natale partir per la scuola, e tornarsene inzuppato, Egli non avrebbe più voluto levarsi dal letto, e si mostrava quieto e silenzioso, tanto che Grazia ebbe più volte a dire: — Quella disgrazia è stata proprio una lezione per Innocente: non si riconosce più! —

E diceva a Natale: «Perchè non stai su a giocare con Nocente? quando sei vicino al suo letto, te ne stai serio serio come se ti facesse soggezione.... —

Infatti Natale entrava a malincuore nella camera di Nocente. Quella tranquillità e quell’umiltà gli davano come un senso di sgomento: egli sapeva che non c’era da fidarsi, e in fondo a quegli occhi vedeva l’ipocrisia; ma era troppo bambino ancora per sapersi spiegare che cosa provava e che cosa pensava.

Nocente digrignò i denti, una mattina che sentì la voce del dottore dire a Grazia: «Come! è ancora qui? Io ero passato a casa sua, sicuro di trovarvelo. E ancora a letto?!»

Entrò nella stanza, guardò la cicatrice della testa, tastò il polso del fanciullo, e disse ruvido. «Su, su, poltronaccio! che stai meglio di noi! E tempo che tu levi il disturbo a questa buona gente, e spero bene che saprai ringraziarli come devi.»

Questa ammonizione irritò Nocente. Era così fatto che bastava dirgli: fa così perchè gli venisse voglia di fare proprio l’opposto.

Tre ore dopo egli usciva da quella casa senza dir grazie. Sua madre lo supplicò colla voce di pianto, [p. 78 modifica]glielo ingiunse seria, lo minacciò severa, ma egli, fermo contro lo stipite dell’uscio, colle labbra chiuse e lo sguardo ebete, pareva non sentisse nulla.

— Nessuno è più sordo di chi non vuol udire — dice il proverbio: tratto tratto però, nel suo occhio c’era un lampeggio di traverso, per vigilare la mano di sua madre: poichè non era vero, come dicevano alcuni, che quel ragazzo si sarebbe lasciato ammazzare piuttosto che ubbidire: egli sapeva che poteva sempre contare sulla sua agilità, e sfuggire a tempo la mano che s’alzasse sopra di lui.

Quando Marianna uscì desolata. Bernardo si voltò al suo figliolo, e gli disse:

«Natale, ricordati quello che ti dico. Tu devi sempre fare come se quel ragazzo non esistesse. Non occuparti più di lui, nè in bene, nè in male; non rispondere se t’insolentisce, non insolentirlo se lo vedi fare qualche brutto tiro. Nè te buone nè le cattive possono domarlo: bisogna scansarlo come si fa con un muro che minaccia di crollarci sulla testa: hai capito?»

Natale fece segno di sì, ma nel cuore provo un gran stringimento, non sapeva perchè: ma quando la mamma disse con un sospiro: — Poveri i suoi parenti che sono obbligati a passarci sotto ogni momento a quel muro! — Natale fece segno ancora di sì, sospirando forte, e pensò a Raffaellina.