Il figlio di Grazia/IX

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IX.

Erano passate due settimane e alla scuola nessuno aveva visto Nocente.

«Chi di voi sa qualche cosa di Innocente Caprezzi?» domandò una mattina la signora maestra.

I bambini sporsero tutti le labbra, alzando le spalle come a dire: io no, chi sa dove sarò andato!...

Natale pensò: oggi Raffaella deve venire a casa nostra e le dimanderò di suo fratello.

Infatti gliene chiese, ma la piccina arrossì vivamente e balbettò confusa: «Io non so.... dove sia.... non lo vediamo mai....»

E Natale non parlò più, ma quando la mamma uscì dalla cucina, egli disse sottovoce: «Tu hai detto una bugia, Raffaella, te l’ho vista nella faccia. Perchè non vuoi dirmi dov’è Nocente? io ti dico sempre tutto tutto.»

Raffaella diventò ancora più rossa e i suoi occhi si gonfiarono come se fosse lì lì per piangere. [p. 66 modifica]

«Bisogna bene che faccia.... la bugia, se no.... mi picchia così forte, così forte! poi se io dico tutto a te, tu vuoi castigarlo e io non lo voglio!» e alzò la testina con un’aria risoluta che fece rimanere senza parole il suo compagno.

Dopo un poco egli domandò: «Perchè non vuoi che castighi Nocente quando ti fa male?»

La bambina parve pensarci su, poi disse: «Io non so.... non lo voglio, ecco!»

Intanto che i due bambini parlavano di Nolente, su alla casa di Marianna de’ Caprezzi arrivava il cursore del Municipio, e

«Dov’è la mamma?» dimandò a Savina, la sorella maggiore.

«E nella stalla.»

Il cursore uscì dalla cucina e girò dietro la piccola casa per entrare nella stalla.

«Oh, Madonna santa!» esclamò Savina impallidendo. «Che ci siano cattive notizie del babbo?... Anche l’altra volta, quand’era in Svizzera sui lavori della ferrovia ed è caduta quella frana che ha seppellito nove uomini, è venuto il cursore ad avvertirci da parte del Sindaco....»

Inquieta, la ragazza uscì camminando leggera sulla punta de’ piedi nudi, e si fermò all’angolo del muro coll’orecchio teso.

Il cursore, di sull’uscio della stalla, leggeva a voce alta una carta che teneva spiegata con tutte e due le mani: «Articolo primo: I fanciulli e le fanciulle che abbiano compiuto l’età di sei anni e ai quali i genitori o quelli che ne tengono le veci non procaccino la necessaria istruzione o per mezzo di scuole private o con l’insegnamento in famiglia, dovranno essere in[p. 67 modifica]viati alle scuole elementari del Comune. — Avete capito, Marianna? Questa è la legge.»

Marianna de’ Caprezzi stava rivoltando lo strame alle bestie e non aveva interrotto il suo lavoro nè dato segno di ascoltare: però all’ultime parole del cursore, rispose brusca brusca:

«Bella novità che mi venite a contare! Di figli ne ho inscritti già cinque alle scuole del Comune, e Nocente è il sesto. Due han già finito se Dio vuole, e possono aiutarmi... per la Savina ci ho il permesso del Sindaco di tenerla a casa se non vuol veder morta di fatica una madre di famiglia, e metter sulle spalle del Comune otto figlioli.»

«Non mettetevi in collera, Marianna. Lo sappiamo tutto il da fare che avete. Ma ora bisogna che ci mettiate rimedio a questo vostro monello che non vuol presentarsi. L’anno scorso ve l’hanno lasciato ancora all’asilo sebbene avesse passata l’età, ma ora...»

«Oh,» rispose la donna «per furberia è un uomo quel bambino, ma per giudizio ne ha come una pera acerba. Ve l’ho a dire? io che sono sua madre, dentro in quegli occhi non ho mai saputo leggere niente. E che ci devo fare, ora? se non vuol venire a scuola se ne stia a casa o dove vuole.»

«Ma no, Marianna, è questo che non si può permettere. Ecco qua: Articolo terzo: I genitori o coloro che ne fanno le veci, se non abbiano adempiuto spontaneamente le prescrizioni della presente legge, saranno ammoniti dal Sindaco ed eccitati a compierle. Se non compariscono all’Ufficio Municipale o non giustificano coll’istruzione procurata diversamente, coi motivi di salute o con altri gravi impedimenti l’assenza dei fanciulli dalla Scuola Pubblica, o non ve li [p. 68 modifica]presentano entro una settimana dall’ammonizione, incorreranno nella pena dell’ammenda. — Dell’ammenda capite? che vuol dire una multa la quale può essere di 50 centesimi, ma anche di dieci lire! e non basta: finchè voi non mandate il vostro figlio a scuola non potete ottenere nessun sussidio dal Comune o dalla Provincia o dallo Stato, e vostro marito non potrà più aver il permesso di portar armi, e voi sapete che questo e duro per il vostro uomo che viaggia a piedi di notte per strade solitarie.»

«Eh! quanto rumore per un bambino che non vuol imparare a leggere il sillabario!» esclamò Marianna. «Dite al signor Sindaco, che quando una povera donna ha da pensare a otto figli, a quattro vacche, a sette capre, alle casa e ai prati, non ha tempo di pigliar per le orecchie i ragazzi ed accompagnarli a scuola. Mandate pure i carabinieri, se volete, a prendere Nocente: se sapranno scovarlo saranno bravi. È come un topo che si nasconde in tutti i buchi.» Nessuno infatti l’aveva più visto da due settimane in qua: soltanto Savina, che rimaneva tutto il giorno in casa, lo vedeva sgattaiolare colla faccia paurosa dal fienile, di sotto i letti, di dietro la legna ammucchiata; livido di freddo e di fame. Presto presto ella correva a prendergli da mangiare nel fondo della credenza dov’ella gli nascondeva ogni giorno la sua parte.

«Nocente,» gli diceva colla voce malinconica, «perchè ti nascondi così, come un ladro? povero figliolo, tu ti rifiuti di ubbidire, proprio soltanto perchè ti vogliono obbligare, lo vedo bene. Ma non si deve essere così ostinati. Dammi retta: domani vai a scuola come se nulla fosse stato, e tutto è finito. I tuoi compagni s’aspettano che tu tenga duro per un pezzo, [p. 69 modifica]invece tu li fai restare con un palmo di naso e ridi. Non va bene così?»

La ragazzetta giudiziosa accarezzava la testa scarmigliata del fratellino, il quale rispondeva con una sgarbata scrollata di spalle e un grugnito che voleva essere una protesta.


Quando Savina udì le parole del cursore e della mamma, si precipitò in casa smarrita, e non badando agli strilli del piccino che s’era svegliato, si mise a correre affannata in tutti i nascondigli della casa, chiamando sottovoce: «Nocente! Nocente!... dove sei? Senti.... vieni fuori. Ha una cosa da dirti.... una cosa seria! Nocente! vengono i carabinieri!»

Quest’ultima parola fece scattare di dietro un mucchio di patate la faccia pallida del ragazzo.

«Se non vai a scuola» gli disse concitata la Savina, «la mamma deve pagare 500 lire al Sindaco, ma la mamma non le ha, tu lo vedi bene: bisognerebbe vendere le bestie e morir tutti di fame. Allora verranno i carabinieri a prenderti. Ho sentito io la mamma e il cursore che ne parlavano.»

Il viso d’Innocente si profilò e divenne giallo di paura.

Savina lo prese per mano e l’aiutò a uscire dalle patate che gli correvano contro le gambe.

«Andiamo a scuola: ti condurrò io: subito, noi corriamo più del cursore, ed entriamo prima che ci arrivi lui.»

«No, a scuola non ci vado!» rispose duro Nocente.

Savina alzò una mano. «Tu tiri proprio i pugni!» esclamò tutta rossa di sdegno. «Ti piace di rovinar la tua famiglia, di dar dispiacere alla mamma e al babbo? di perder l’onore?» [p. 70 modifica]

«Non m’importa niente di niente!»

Savina gli lasciò andare uno schiatto ed egli le si precipitò addosso e le morsicò una spalla, così forte che la ragazzina cadde gridando di dolore, sul mucchio di patate.

«Ah! verranno! verranno i carabinieri! ti mette ranno in prigione, vedrai!»

Ma Nocente era già fuori di casa e si precipitò per i prati, tenendosi rannicchiato e guardandosi paurosamente indietro.

A un tratto inciampò, perdette l’equilibrio e rotolò come una pietra giù per un dirupo fino al torrente.

Le donne che vi stavano lavando videro arrivare come una valanga questo involto scuro, che non riconobbero per un bambino che nel momento in cui fece un tonfo nell’acqua bassa, proprio dove c’erano i pietroni.

Grazia, ch’era la più vicina, fu la prima ad accorrere, a sollevarlo. «È Nocente della Marianna. s’è rotto la testa!»

Lo presero, gli lavarono le ferite, lo lasciarono. Il ragazzo non aveva ancora aperto gli occhi, ma cuore batteva. «Povera donna! non le mancava che questo! giusto lei che non ha un minuto libero!... Toccherà a quella povera Savina di curarlo, come se non avesse abbastanza da fare!» dicevano le donne.

«Portiamolo su in casa mia» disse Grazia. «Potrebbe darsi che fra qualche ora tutto fosse passato. Questa sera lo diremo a Marianna, ma intanto non parliamone; è inutile farla spaventare.»

Così fu fatto.