Il fiore di maggio/Papà Tim

Da Wikisource.
Papà Tim

../Il pacificatore IncludiIntestazione 5 giugno 2023 75% Da definire

Harriet Beecher Stowe - Il fiore di maggio (1843)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1853)
Papà Tim
Il pacificatore

[p. 5 modifica]

PAPÀ TIM




Non vi fu mai dato di visitare il piccolo villaggio di Newbury nella Nuova Inghilterra? Io penso di no: poichè Newbury è uno di que’ villaggi appartati a cui non si va mai, se non per progetto. Piccol seno di terra, verdeggiante, che segna una curva, chiuso come nido d’uccello, nel mezzo di alte collíne, che gli fan riparo a’ venti, e ne tengon lontani gli stranieri, Newbury è una fantasia, un capriccio di natura, unico nel suo genere.

Gli abitatori di quel luogo eccentrico appartengon tutti a quella rispettabile e vecchia famiglia di amanti del suolo indigeno, che si accasano, muoiono, e son sepolti nel luogo stesso ove nacquero. L’immobilità e la tradizione sembrano essersi data la mano per sotto mettere quel luogo ad una legge immutabile. E cionullameno il numero delle case non s’accrebbe da più d’un secolo; la cifra degli abitanti, è pur tuttavia la stessa. Nel tempo ch’io vi soggiornai nessuno mi parve ammalato; molto meno poi moribondo. Parvemi scorgere [p. 6 modifica]che quelle buone genti tutti senza eccezione si fossero accordati, per morire dell’istessa morte della morte cagionata dalla tarda età.

Questa legge istessa dell’immutabilità s’applica così bene alle persone, alle cose. Qui scorgo una casa rossa, là una bruna, e attraversando la strada principale del villaggio, veggo una casa gialla; tutte separate fra loro o da siepe, o da numerosi fusti di tasso. Sempre al medesimo luogo il presbitero è l’abitazione del signor Moses, e come da gran tempo la casa del diacono Ludlon, riparati dalla collina. Da quel lato o presso il cammino trasversale, riconosco la casa de’ signori Nadab e Abihu Peters. Poco lungi la dimora del vecchio Smith, a due passi della capella, sull’angolo sta il calzolaio Ebenezer Camp; rimpetto al magazzeno di mode di Pazienza Mosely ed a fianco del bazar, di Comfort Scran, che vende scuri, falci, ditali di rame, liquirizia, fazzoletti di fantasia ed ogni sorta d’articoli immaginabili. Avvi colà il grande ufficio di posta, ove di leggeri si ponno rimarcare a mezzo di una piega inimitabile la maggior parte delle lettere suggellate con un ditale, e la cui firma è posta all’incontrario. Quelle lettere sono invariabilmente indirizzate ai Dollys, Pollys, Peters, e Mosesses, qui sopra nominati o non nominati.

Ora due parole sui costumi, sulle abitudini, sulle arti e scienze, e su tutto ciò che spetta agli abitatori di Newbury. Alle tre pomeridiane fanno visite, formano assemblee, per restituirsi alle loro case prima di notte. Alla sera del sabato, un’istante prima del tramonto del sole, son usi di fermare i loro lavori, e la [p. 7 modifica]domenica di radunarsi alla cappella; pagano una sovvenzione per una pubblica scuola, ad onta di tutti gli inconvenienti che vi sono inseparabili; fra loro mantengono religiosamente relazioni di buon vicinato, leggono la bibbia, temono Dio, e s’accontentano di ciò che posseggono — ciò che anzi tutto è la miglior filosofia.

Tale è il luogo in cui James Benton, uno degli eroi e di questa storia, fece la sua entrata nel 1800 o nel 1801 all’incirca. Nella sua qualità di eroe esige da noi il suo ritratto. Il signor James era uno di que’ Yankees tutto cuore ed energia, che si elevano nel mondo come le alghe in fondo alle acque; possedeva in alto grado quella possente facoltà, tratto distintivo del carattere nazionale, così felicemente denominata versatilità. Dessa è un’arte incomparabile di tutto fare senza sforzi, tutto sapere senza studi e di trarre miglior partito dalla propria ignoranza, che altri non fanno coi vantaggi della scienza; aggiungeva a questa precipua qualità un umore ardente, leggero, gioviale che è il carattere proprio dell’americano, ordinariamente negatogli da un pregiudizio volgare.

Non ci dilungheremo a descrivere parte a parte la persona del nostro eroe; sarebbe di troppo il citare a questo proposito la metà de’ commenti che scambiaronsi fra loro le ragazze di Newbury, quella domenica in cui per la prima volta apparve al tempio; ci basti il dire che il suo aspetto esprimeva la franchezza congiunta ad una leggera tinta d’impertinenza: che il suo sguardo scintillava di malizia, che ne’ suoi passi, nei suoi gesti e in tutti i suoi moti traspariva un umore [p. 8 modifica]franco e gioviale. Insomma la persona e l’aspetto di James incontrarono assai, specialmente presso le signore. È ben vero che il giovinotto aveva la migliore opinione di sè stesso, ben convinto di poter acquistare le più estese cognizioni, e trarre a buon fine le più difficili imprese. Questa giovanile presunzione comunicava a tutta la sua persona un’aria di gioia trionfante; gli cattivava insensibilmente la simpatia e faceva che si dividessero involontariamente le sue speranze, e levandosi al punto di vista di questa esuberante organizzazione. Si potrà tacciare il nostro eroe di presunzione. Pure ammettiamo che sianvi due specie di presunzione: l’una che ricrea, l’altra che irrita. La sua apparteneva alla prima specie. In fondo non era che l’esuberanza d’un umore troppo leggero, che le seducenti prospettive offertegli dalla sua immaginazione tanto a riguardo degli altri come riguardo di sè medesimo, facevan traboccare dai limiti. Se si dilungava con compiacenza sulle sue lodi personali, non si mostrava perciò schivo di pagare un tributo d’elogi agli atti ed alle parole d’un estraneo, norma della piega che assumeva la conversazione. È però vero, che come i meriti suoi propri gli eran più conosciuti di quelli degli altri, la parte più abbondante di quella distribuzione d’incenso, era la sua.

Quando James giunse in Newbury non aveva che diciott’anni, per cui sarebbe stato difficile il precisare se partecipasse piuttosto dell’uomo, o del giovinetto. In seguito all’idea preoccupante di dover esser un giorno qualche cosa in questo mondo, abbandonato il tetto paterno, avendo dapprima involti tutti i suoi effetti in un fazzoletto di coton bleu poi, in traccia di [p. 9 modifica]fortuna, s’era messo in cammino alla volta di Newbury. Prima del nostro eroe, in un villaggio yankee, nessuno estraneo alla località, aveva percorsi così rapidamente la carriera degli impieghi, od aveva esercitate ad un tempo tante cariche diverse. James, durante tutta la settimana, disimpegnava le funzioni di maestro di scuola; la domenica era cantore nel tempio. Ogni sera insegnava a cantare ed a leggere ai fanciulli del villaggio e studiava inoltre il greco ed il latino col ministro all’insaputa di tutti, per nascondere sotto una moltiplicità di occupazioni eterogenee, l’intenzion sua d’entrare in collegio.

James era assai versato negli intrighi, coll’ajuto dei quali si giunge ad acquistare popolarità. Sapeva eziandio accomodarsi assai bene presso le famiglie del vicinato, in cui era ricevuto: ti avrebbe saputo indicare l’angolo ov’era risposto il vasselletto del sidro, o il cesto delle poma. Attingeva largamente a quello per sè e per gli altri, e non mostravasi meno generoso distributore delle frutta che questo racchiudeva. Cose o persone, tutto ciò che parevagli bello e buono, amabile o sostanzioso acquistava diritti alla sua attenzione, al suo appetito, a’ suoi omaggi; divorava in un batter di occhio i mazzapani, e le codognate delle vecchie dame; ne corteggiava lo spirito, le grazie ed il merito, mostrandosi contento egualmente degli altri come di sè medesimo. Meraviglioso a dirsi la moltiplicità delle cognizioni e dei talenti del signor James. Sapeva perfettamente l’aritmetica e la storia; acchiappava scojattoli coll’istessa facilità con cui seminava il grano; faceva versi e manici di zappa con egual prestezza. [p. 10 modifica]Dipannava le matasse di lana alle vecchie dame, o cavava le macchie oleose dalle loro vesti, faceva mazzolini di fiori e cianfrusaglie per le ragazze; pescava trotte il sabato dopo il meriggio; e la domenica discuteva tesi di teologia; e tuttociò con generale soddisfazione. In fine ovunque il brillante giovinotto si fosse presentato, era rícolmo di gentilezze e di riguardi; simile a vittorioso guerriero che traesi dietro conquiso ogni cuore ribelle.

Ma ciò che diffuse, come lampo, la sua riputazione in tutto avevato il paese, fu l’istoria d’un fantasma, ch’ei solo segreto di raccontare in modo, come dicesi volgarmente, di far venire la pelle d’oca. Quando alla fine d’una lunga serata d’inverno, James, dopo aver narrato la sua ultima istoria di fantasma, scompariva destramente dalla sala, avresti potuto leggere, sulla severa figura del padron di casa, ordinariamente vecchio, le profonde impressioni prodotte dal nostro eroe; avresti potuto udire quel buon’uomo nell’eccesso dell’ammirazione sclamare: Quel diavolo di James coi suoi racconti incredibili, come ti sbalordisce! È strano! veramente strano!

L’umore leggero ed impetuoso di James sembrava apparentemente in disaccordo colla direzione d’una scuola. Inoltre la sua organizzazione partecipava siffattamente di quella d’un fanciullo spensierato e maligno, che gli sarebbe stato quasi impossibile di mostrarsi rigoroso alle disubbedienze ed insubbordinazioni dei giovani scolari affidati alle sue cure. Quando scorgeva che l’animo di quei ragazzi bolliva d’impazienza, o di pungeva la smania di far qualche mariuoleria, sentivasi dal fondo del cuore attratto a farsi piuttosto loro [p. 11 modifica]compagno, ed ausiliare, che a costituirsi lor giudice. Questo singolar stato di cose avrebbe potuto produrre disgustose conseguenze, ma accade tutto il contrario. Come la reazione d’un piccolo, ma vigoroso congegno può bastare a far marciare tutta una fabbrica, medesimamente nella scuola, l’attività del maestro comunicandosi a’ suoi allievi, ne nacque un vigoroso slancio verso lo studio, e di tal maniera che mai in nessun tempo, i loro progressi furono così rapidi come sotto James Benton.

Ma, quando scoccava l’ora della fine della scuola, la vivacità di James, simile alla foga dell’acque di Seltz, sbarazzate dal turacciolo, davasi libero sfogo, scavalcando i banchi, e slanciandosi nel mezzo della sala de’ stadi con tanto ardore, come il più giovane de’ ragazzi della scuola.

Allora ritornava a casa, il volto raggiante di gioia, spingendo tal fiata la mano fra una siepe per cogliere un fiore, od un grappolo d’uva spina, o precipitandosi, in qualche cortile per ajutare una dama attempata a vuotare il suo secchio, o complimentare la zia X o la signora Y, imperciocchè comprendeva tutta l’importanza degli “onori a chi vanno;„ e costituivasi sempre campione delle vecchie dame.

Non ci fermeremo sulle civetterie del signor James, la cui nomenclatura sarebbe lunga di troppo. Poichè aveva il cuore sì tenero, che innamoravasi d’ogni donna, in cui si imbatteva, e se per buona sorte le sue impressioni non si fossero fra loro reciprocamente distrutte, non sappiam bene ciò che ne sarebbe nato. Ma alla perfine, quel cuore incostante divenne schiavo, per [p. 12 modifica]nostra buona ventura, che già vi abbiamo consacrate molte pagine per farne l’illustrazione. Dopo tante liberalità verso il nostro eroe, il meno che possiam fare per la nostra eroina, è di raccomandare all’attenzione del lettore il paragrafo in cui abbiamo tentato di dipingerla.

Scorgete voi, laggiù quella bruna casetta, dal largo tetto che scende quasi a terra da un lato, e dal gran arco che slanciasi al di sopra della porta principale? Senza dubbio l’avete più volte rimarcata ne avrete scordato i letti di piuma e i molli capezzali stesi al davanzale delle finestre, in un limpido mattino d’estate. Nè avrete scordato la gran porta assicurata da una catena ad una grossa pietra la finestra della dispensa, difesa da una griglietta, che sporgeva su una foresta di bastoncelli, su cui arrampicavansi i fagiuoli. Nè avrete scordato il zeffiro che scherzava fra i fiori e faceva ondeggiare gli steli delle spighe, mentre i suoi sforzi rompevansi contro un ceppo di cavoli, che lussureggiava su quel terreno. Li, poco stante, potete ammirare le foglie rossastre delle barbabiettole, e le brillanti piùme della pastinaca; colà goder del fremito dell’uvaspina, simile all’onda del mare, attortigliantesi alle siepe, o separate fra loro da numerosi cotogni. Più in là un piccol tratto di terra con somma parsimonia consacrato al diletto; là brillavano in tutta la lor pompa i fiorranci, i papaveri; in fine vedevasi un vaso che racchiudeva un geranio rosato, che gittando lo sguardo attorno al giardino, pareva considerarsi come estraneo, quasi un maestro di danze francesi in una chiesa di Yankees.

Quella è la dimora di papà Tim Griswold. Papà [p. 13 modifica]Tim com’era chiamato, aveva un carattere che un pittore avrebbe potuto ritrarre, non tanto per la simetria de’ tratti quanto pei lumi e le ombre che presentava.

Papà Tim era dotato di quel buon senso pratico, di quello spirito calcolatore, che è dote precipua degli uomini del suo ceto nella Nuova Inghilterra aveva pure un’eccellente cuore, ma il suo spirito era viziato da una brusca petulanza, che essendo qualche cosa di intermedio fra il comico ed il serio, dava alle sue parole od a’ suoi atti un’impronta caratteristica. Se avessi chiesto un favore a papà Tim, t’intratteneva a disputa per una mezz’ora; ti avrebbe fatto mestieri di tutta la tua logica a provargli la necessità di quel favore; ei non mancava di attestarti che non poteva perdere il suo tempo ad ajutare questi o quegli, e tuttavia bestemmiando, l’avresti veduto accingersi a venirti in ajuto. D’ordinario terminava questa scena, col lanciarti una singolare occhiata accompagnata in guisa di conclusionale della seguente frase: “Bene! Bene! è giusto.... vi corro; almeno penso che debba corrervi.„ E tantosto recavasi sul luogo ov’era chiamato, e vi lavorava finchè il giorno durava, e pria di partirsene, a guisa di addio vi indirizzava questa saggia esortazione: “Non va bene disturbare gli altri quando si può far senza dell’opera loro.„ Se i vicini di papà Tim si trovavan in qualche imbarazzo la sollecitudine del buon’uomo non veniva mai meno. “Non avrebbe dovuto trattar così; è strano che abbian sì poco buon senso;„ e dopo questi benevoli rimproveri, davasi a lavorare di tutte le sue forze, per sollevarli, lamentandosi fra [p. 14 modifica]sè che vi sieno delle persone d’un’indiscrezione e d’una esigenza incredibile.

Un garzoncello traversa un campo di biade. S’avvicina a papà Tim e gli dice:

— Mio padre mi manda a voi pregandovi se potete prestargli per quest’oggi la vostra zappa.

— Perchè tuo padre non si serve della sua di zappa?

— La nostra è rotta.

— Rotta? Che diancine ha fatto per romperla?

— Son io che la ruppi, jeri, tentando di colpire con essa uno scojattolo.

— Perchè dare un colpo di zappa ad uno scojattolo?

— Ma mio padre ha bisogno della vostra.

— Perchè tuo padre non l’ha fatta accomodare? è una vera peste, questa gente che ad ogni tratto vi chiede a prestito i vostri utensili.

— Ebbene andrò da un altro a farmela imprestare.

E con queste parole, il garzonetto prende a correre attraverso il campo, e, come stava per passare la siepe, papà Tim gli grida:

— Oh! oh! birbantaccio, torna qua. Dove vai ora senza la zappa?

— Non sapeva che aveste voluto prestarmela.

— Ma non mi son mai rifiutato di prestartela. Ho io forse detto questo? Eccola, prendi ma no, voglio portarla io stesso a tuo padre, e gli dirai frattanto di non lasciarti altra volta cacciar gli scojattoli colla sua zappa.

La famiglia di papà Tim componevasi di mamma Sally sua moglie, d’un figlio e d’una figlia. Il primo, al principiar di questa istoria, compiva i suoi studi in [p. 15 modifica]un vicino collegio. All’opposto di papà Tim, Sally si mostrava costantemente amabile, e cortese verso le persone che reclamavano servigi da lei. Era una di quelle rispettabili e piacevoli vecchie, che avresti potuto sovente incontrare andando alla chiesa, armata d’un grande ventaglio, e d’un libro di salmi, e tenendo in mano un pezzo di scorza d’arancio disseccata, od un bastoncello di liquirizia, che destinava a’ ragazzi che le promettevano d’essere savii durante l’ufficio. Simile (ci si perdoni la comparazione) per la sua assiduità in casa, alla caffettiera del thè, questa fedele compagna del focolare aamericano; e il leggero e soave fremito di quella rispondeva assai bene alla dolce ed armoniosa voce di mamma Sally. Con questo amabile naturale ella considerava le bizzarie e le singolarità di suo marito come cose le più semplici al mondo: e tal spirito d’indulgenza e di bontà sembrava averlo comunicato a madamigella Grazia, sua figlia prediletta.

Grazia era bella, affabile, viva, gioviale, espansiva e spiritosa, possedendo inoltre una forza di carattere, che gli dava impero di sè stessa, sapeva volere e padroneggiarsi. Ma siccome la giovinetta non mostrava al mondo che le sue attrattive, il mondo si perdeva in elogi in onore della giovinetta Grazia. Ella non aveva mai lasciato Newbury. Chiunque, in quella solitudine, avesse raccolte le sue parole, spiati tutti i suoi atti, avrebbe rilevato da quella disamina, che ella nacque colla prescienza di un tatto perfetto, d’una squisita delicatezza, e di tutte le brillanti qualità, appanaggio privilegiato delle donne del più alto rango. È di tal maniera che su d’un umile ajuola brilla [p. 16 modifica]talvolta un gentil fiorellino, adorno dalla sola natura d’una veste così meravigliosa, così fina e trasparente, che di leggieri può esser considerato come un figlio delle nostre serre o de’ nostri giardini. Era inoltre abbastanza versata negli affari domestici, e non era facile il trattenersi dal ridere quando per dar ordine alla casa, dapprima metteva tutto sossopra, come quasi tutte le figlie Yankee, Grazia erasi data cura di gustare dei frutti dell’albero della scienza, che adorna una scuola cantonale: ma simili frutti non bastavano a saziare la sua sete di sapere: avrebbe desiderato d’abbeverarsi a più abbondanti sorgenti. Inutile brama! Qualche raro libro tarlato componeva solo lo scarso supplemento, che le tenui risorse locali, in materia di scienza, gli permettessero d’aggiungere al suo piccolo bagaglio letterario. Ma se la giovinetta doveva accontentarsi a letture circoscritte, trasse da quella parsimonia di libri un considerevole vantaggio, di fortificare, cioè, la sua mente, non esercitandola che su piccol numero di soggetti. Una dotta persona, nel conversare con questa spiritosa figlia d’un umile villaggio, avrebbe gustato il meraviglioso contento, tenendo dietro, ne’ suoi potenti slanci, al volo di questo spirito giovane, indipendente e quasi senza cultura.

Come ogni padre alle lodi delle loro figlie, papà Tim provava un ingenua gioja agli elogi che si prodigavano da ogni lato a Grazia, ma nascondeva la sua gioja con parole proferite in tuono d’indifferenza. In vero non so comprendere come tutti i giovani del villaggio, mostransi tanto assidui presso Grazia, giacchè, innanzi tutto Grazia nulla ha in sè di straordinario.„ Il buon [p. 17 modifica]uomo, come un uragano continuo, borbottava mai sempre in ogni occasione: ma in fondo non regnava nė governava in casa sua; a Grazia solo era serbato il privilegio di tutto regolare, ordinare, e regina domestica pel fatto, vedeva svanire, come bolle di sapone, le velleità d’un’opposizione senza forza, che non si manifestava, che per dar sfogo ad un umore bisbettico. Il seguente dialogo sarà prova di quanto si è detto:

— Papà, disse un giorno Grazia a suo padre; desidero di dare un pranzo, da ventura settimana.

— Non voglio sentir parlare di pranzi, Grazia; non mi sono ancora scordato che vi vollero ben quindici giorni, dopo l’ultimo pranzo che hai dato, per consumare tutti gli avanzi, che ci son rimasti. Son risoluto a non voler sentir mai più discorrer di pranzi.

E dopo un tal ordine fulminato colla sua voce la più grossa papà Tim usciva, e la moglie e la figlia si accinsero a preparare pasticci e manicaretti d’ogni specie, che destinavano al progettato pranzo.

Quando papà Tim ritornossene a casa, ciò che prima gli cade sott’occhio fu la lunga fila de’ pasticcetti in bell’ordine disposti sul tavolo di cucina.

— Grazia, Grazia, Grazia, sclamò papà Tim, alla vista di quell’imprevisto apparecchio, perchè tutte queste paste per oggi?

— Ma per cibarle, disse Grazia con un accento ingenuo di profonda convinzione.

Papà Tim avrebbe voluto sfogare il suo mal umore; ma avendo volto lo sguardo sulla figura raggiante del eccellente sua figlia, perdè la bussola, sentendo internamente estinguersi ogni, prurito d’opposizione; e, [p. 18 modifica]per nascondere il suo imbarazzo, si pose tranquillamente a tavola, senza far motto.

Al levarsi di mensa, Grazia disse a suo padre:

— Papà, la ventura settimana, ei abbisogneranno due candellieri di più.

— Ma non bastan forse, pel dì del pranzo, e que’ che già abbiamo?

— No, papà mio, ne mancano ancor due.

— Non posso accordarvi tale domanda, Grazia; non ci sarebbe di verun profitto. No, voi non avrete i due candellieri; positivamente.

— O papà! ve ne prego, comperali adesso.

— Nè ora nè mai, sclamò papà Tim, uscendo precipitosamente di casa. E si diresse verso il bazar di Comfort Scran.

In capo a mezz’ora, papà Tim, era di ritorno. Entrato in casa, si mise a frugare in tasca, e traendone un candelliere, glielo presentò a Grazia, dicendole:

— Ecco il vostro candelliere.

— Ma padre mio, io aveva d’uopo di due candellieri.

— Non vi sarebbe mezzo di far senza dell’altro?

— No, davvero, ce ne voglion proprio due.

— Ebbene dunque, ecco anche l’altro: e qui avvi inoltre un fazzolettino per ornarti il collo.

Ciò detto, papà Tim apre la porta, e ne fugge a precipizio.

Era sempre di tal maniera che le cose accadevano nella casa bruna.

Ora, senz’altro preambolo, arriviamo alla storia principale, di cui James e Grazia, sono evidentemente i [p. 19 modifica]personaggi i più importanti. E dapprima sappia il lettore che James professava per Grazia la più viva ammirazione. Dal canto suo Grazia, aveva di James un’opinione, che noi non avressimo esposta, se le discussioni di cui egli fu l’oggetto fra Grazia e suo padre, non avessero messo in evidenza il fondo del pensiero della giovinetta.

Non appena tutto il villaggio di Newbury echeggiò d’un concerto di lodi in onore di James, papà Tim prese la risoluzione di non lasciarsi trascinare dalla corrente popolare: la giustizia prima di tutto. Egli fece proposito d’ascoltare senza prevenzioni tutti gli elogi tributati all’eroe del giorno, ripetuti a casa sua ogni giorno, poichè mamma Sally andava pazza per James.

Dal canto suo, madamigella Grazia, non appena fu fatta certa che il padre suo non nudriva pel giovane l’amicizia di cui sembra vale degno, sentì per lui un’interesse che non poteva ripetere la sua origine se non dal sistema di compensazione. E vedete mo’ come le circostanze si erano fortunatamente concatenate per favorire quella relazione! Grazia iva alla scuola di canto; James pure. Nell’uscir della scuola, era ben naturale che James andasse a farle una visita. Grazia aveva un bel giranio che vegetava in una cassetta tarlata. James era molto destro; e, ciò che più monta, molto premuroso. Fabbricò una cassetta affatto nuova, in cui fu trapiantato il bel fiore. Come mamma Sally erasi sempre mostrata propensa al giovinotto, ei non poteva fare a meno di contraccambiare questo genoroso interesse, con cure e premure. Così, all’uscir di chiesa in tutto la pompa della sua gloria, col suo flauto e il salterio [p. 20 modifica]sotto il braccio, soffermavasi sempre da mamma Sally per chieder conto di sua salute, e se faceva freddo, aveva abbastanza buon cuore da portare il caldanino della rispettabile dama fino a casa, intrattenendola in discorsi sul sermone, ed altri oggetti serii, e per servirmi delle parole proprie di mamma Sally nella maniera la più aggradevole al mondo. Ma il flauto di cui abbiamo testè fatto cenno, aveva d’assai contribuito ad indispettire papà Tim contro il favorito del villaggio. James all’incontro portava un amor fanatico al suo flauto, amore in cui entrava un po’ di egoismo, poichè aveva da sè solo appreso a servirsene. Il liuto che serviva a dare il tono, essendosi spezzato nel cader dall’alto della galleria della chiesa, James ebbe bastante credito presso il coro, da far accettare il suo moderno istrumento in luogo e stato dell’altro istrumento secolare. Agli occhi di papà Tim era quello un gravissimo torto; ma non era il solo. Sicchè tutti questi torti congiunti alle buone ragioni da noi testè enumerate eran causa che papà Tim si addimostrasse per nulla favorevole a James. Madama Sally invece non cessava di cantare le sue lodi; ma senza entrare in discussioni con lei su questo particolare. Tim s’accontentava di dire che James non gli andava a grado.

Infatti s’addiceva bene ad un estraneo al luogo di stare in sussiego e pavoneggiarsi la domenica nella galleria di mezzo della chiesa. E non era forse ridicolo cotal estraneo, quando, ovunque andasse, affettava aria da padrone? Tali atti erano antipatici a lui, nativo di Newbury, e non si sentiva di doverli comportare a bocca chiusa. Ma tali malevoli proposizioni che eran [p. 21 modifica]riferite a James da persone indiscrete, ma l’aria di corruccio, che papà Tim mostrava in vederlo, non facevan breccia nell’animo suo. Contentavasi d’alzare le spalle e diceva con aria soddisfatta, che possedeva uno specifico per metter fine a quelle insignificanti diatribe.

— Ma, James, dicevagli un amico e suo intimo consigliere, pensi tu che Grazia, possa nudrir amore per te?

— Non ne so nulla, rispose il nostro eroe, in tuono di perfetta certezza.

— Ma tu non puoi sposar Grazia, se papà Tim vi s’oppone.

— Poh! Papà Tim avrà stima di me, purchè me ne prenda voglia.

— Prima di tutto, v’abbisognerà rinunziare al flauto, te ne prevengo.

— Fa, sol, la! m’ingegnerò a far sì ch’egli ami il mio flauto come la mia persona.

— Ma in qual modo?

— Farò uso de’ miei mezzi, disse il nostro eroe con franchezza.

— Ebbene, James, io posso ora accertarti che così parlando, mostri di conoscere assai poco papà Tim; è la più strana creatura al mondo.

— Io conosco meglio papà Tim di chicchessia; non è cattivo, più di me e te, e quanto allo spirito di contraddizione che gli si attribuisce, basta, per distruggerlo, di mostrargli che egli siegue liberamente la sua strada, mentre ti tien dietro sulla tua; è la più facil cosa.

— Sarà bene, disse l’amico; ma io non son del tuo parere. [p. 22 modifica]

— Io scommetto uno scojattolo grigio, disse James congedandosi dall’amico suo, che questa medesima sera papà Tim sarà innamorato tanto della mia persona come del mio flauto.

Era una bella sera d’estate un vento impetuoso aveva sgomberato dalla volta del cielo una massa di neri nuvoloni, addensandoli intorno al sole morente in lontana prospettiva. Le goccie d’acqua brillavano sulla punta delle foglie, e i merli ed i pettirossi confondevano i loro canti, ed una dolce armonia correa per l’aria nella verdeggiante valletta di Newbury.

L’anima di James in questo momento, cedeva alla forza di quella specie di poesia che consiste nel sentimento d’un benessere inesprimibile: l’immagine della bruna casa e de’ suoi ospiti era incessantemente davanti a’ suoi occhi. Egli lasciava qualche volta la strada maestra rivolgendosi a destra per superare una siepe e vedere in seguito se la pioggia non aveva gonfiato il ruscelletto ove aveva costume di prendere delle trotte; quindi si dirigeva a manca per assicurarsi se i poponi d’acqua del signor tale o del tal altro si avanzavano a maturità, poichè James provava il bisogno di interessarsi negli affari altrui almeno quanto ai propri.

Dopo tutte queste diverse evoluzioni, egli arrivò al ricinto che marcava il cominciamento dei dominj di papà Tim. Egli fece alto, gettando gli occhi attorno. Dal canto loro quattro o cinque montoni, riguardando da tutte le parti, s’avvidero che un piccone non abbastanza cacciato entro terra lasciava una piccola porta semi-aperta e senza tanti complimenti entrarono.

Tutta l’attenzione di James si diresse allora sui [p. 23 modifica]montoni. — Ebbene? giovinotto, diss’egli al pastore che passava da quella stretta apertura i nostri montoni sono entrati or ora costì essi pure; ed è ciò che io desiderava. — Dopo aver atteso un momento, per assicurarsi che tutta la mandra lo seguiva corse a tutte gambe verso la casa di papà Tim ed aprendo la porta del cortile, si avanzò sfinito di forze verso la casa di costui gridando della sua voce più forte.

— Papà Tim! quattro o cinque montoni si sono introdotti nel vostro giardino.

Papà Tim lasciò cadere la cote e la falce, che era in atto d’assestare.

— Io li metterò ben tosto in fuga, aggiunse il nostro eroe; ed entrò precipitosamente in giardino slanciandosi sull’inimico, che colpì di punta e di taglio fino a che ebbe evacuata la piazza. Infine padrone del campo di battaglia, egli saltò per dissopra la barriera, prese una grossa pietra che cacciò dietro al picchetto ponendolo in così dirotta fuga che era a credersi che nessun montone non si sarebbe avventurato a tentare una nuova invasione.

Tutto ciò fu l’affare d’un momento; ma al ritorno della sua spedizione, James era talmente privo di lena che fu costretto ad arrestarsi un momento, quindi sedersi a terra.

Papà Tim gettò su di lui uno sguardo sgarbato.

— Che mosca nell’aria v’ha pizzicato sì forte, disse il primo, per farvi girare in questa maniera? avrei potuto scacciare io stesso questi piccoli animali.

Se voi credete di scacciarli voi stesso, io posso farli entrare di nuovo nel vostro giardino, disse James. [p. 24 modifica]

Papà Tim lanciò al giovine uno sguardo singolarmente bieco; poi gli disse:

— Io devo invitarvi ad entrare.

— Molto tenuto, disse James, ma sono pressato.

E dicendo queste parole, prese l’aria di partire come se fosse stato chiamato altrove da un affare urgente.

— Voi fareste meglio ad arrestarvi qui un minuto.

— Non posso, nemmeno un mezzo minuto.

— Non so ciò che abbiate da mostrarvi così premuroso d’andarvene, si crederebbe che tutta la creazione vi abbia a cadere sulle spalle.

— È precisamente così la mia situazione, papà Tim, disse James approssimandosi alla gran porta.

— Ebbene in qualunque caso voi non potete rifiutarvi di bevere un bicchiere di sidro, disse papà Tim, che intanto si faceva un punto d’onore di trionfare de’ reiterati rifiuti di James.

Egli infatti giudicò a proposito di non rifiutare questo secondo invito, e papà Tim apparve altrettanto soddisfatto come se avesse accettate le prime offerte.

Così forzato ne’ suoi trinceramenti, James pensò che era a proposito di obbliare nel tempo stesso la sua lunga passeggiata ed i suoi affari pressanti, e si confermò poi pienamante in quest’idea quando scorse mamma Sally e madamigella Grazia che ritornavano insieme da una visita del dopopranzo.

Trovare testa a testa papà Tim e James, bevendo insieme il loro sidro, gran Dio! Non è questo l’ultimo pensiero che si poteva presentare allo spirito delle due rispettabili dame? Allorchè entrarono, James lanciò furtivamente uno sguardo così maligno a [p. 25 modifica]madamigella Grazia che la giovanetta, imbarazzata, mise bene un quarto d’ora a snodare il nastro del suo cappello.

James che non aveva cessato un momento di fare lo spiritoso con papà Tim, volle discendere quindi in giardino per contemplare le cose ammirabili che vi si trovavano; passeggiò in seguito tutto all’intorno, arrestandosi a ciascun istante, alzando gli occhi in aria in segno di soddisfazione straordinaria, come se non avesse giammai in sua vita veduto un giardino comparabile a quello che percorreva; poi avendo esaminato il pomajo favorito da papà Tim coll’espressione del più vivo interesse, esclamò, dopo essere stato qualche tempo in contemplazione davanti questo magnifico pomajo:

— Qual è il nome, di grazia, delle poma di questo albero meraviglioso?

— Si chiamano, io credo, campanelle, o qualche cosa di simile, disse papà Tim.

— Ma ove vi siete voi procurato questo albero? Io non ho veduto giammai delle poma di questo genere, disse James continuando a fissare i suoi occhi sull’incomparabile pomajo.

Per testimoniare all’ammiratore del suo giardino, come egli tenesse poco conto delle sue interijezioni laudative, papà Tim, durante questa serenata monotona, aveva sradicate delle cattive erbe e le aveva gettate al di là della siepe; poi, essendosi avvicinato a James, aveva rilevata l’ultima esclamazione e pronunciò quindi queste parole sì calme come sempre:

— Quest’albero non ha niente di ammirabile, che io sappia. [p. 26 modifica]

In questo momento, Grazia venne a prevenire suo padre ed il suo ospite che il pranzo era servito. Una volta a tavola James si adoperò col massimo ardore per conquistare papà Tim. È qualche volta un buon mezzo per guadagnare l’amicizia di qualcuno, il far vedere che noi l’amiamo diggià. Partendo da questo principio, James parlava, rideva, raccontava delle storielle, diceva qualche spiritosità con una sicurezza intrepida, accompagnando per intervalli l’effetto delle sue parole con uno de’ suoi dolci e penetranti sguardi che avrebbero col loro inarrivabile incanto sciolta una valanga di prevenzioni umane. James aveva ricevuto dalla natura un prezioso dono, che lo rendeva, in punto di diplomazia, superiore a tutti i diplomati dell’Europa; dopo cinque minuti di conversazione, egli provò un interesse reale per la prima persona venuta. In sì poco tempo l’uomo gajo e spiritoso si era trasformato in un uomo grave e alla buona; alla simpatia era succeduta la devozione. Quantunque il suo spirito non fosse d’avvantaggio profondo egli aveva nulla meno un tatto maraviglioso per leggere nel cuore degli altri; egli metteva in questa investigazione un’osservazione paziente e sagace che si fondava sull’interpretazione intelligente dei minori fatti esteriori che gli offrivano, a loro insaputa, le persone che erano l’oggetto de’ suoi studi; assai somigliante, in questo punto, al fanciullo che esamina le ruote e le molle d’un orologio, nella speranza di scoprire il meccanismo che le fa segnare le ore. Sotto una scabra scorza che copriva un gran fondo di bontà, papà Tim offriva un piccante soggetto allo studio di questo giovine contemplatore della natura umana. Così, dopo il [p. 27 modifica]thè, approfittando di un momento in cui si trovava solo con Grazia, esclamò spontaneamente:

— Io provo, o Grazia, per vostro padre, una vera amicizia.

— Ah!

— Sì, ed io l’amo tanto più, quanta maggior pena mi dà per contrastarlo.

— Ebbene io spero ch’egli risponderà ai vostri sentimenti per lui, disse Grazia. Poi credendo di veder allontanarsi le parole dal loro senso proprio, s’arrestò ed arrossì.

Ma James era troppo bene allevato o piuttosto nato troppo felicemente per far sembianze d’accorgersi del suo imbarazzo; si accontentò pertanto di rispondere:

— Io guadagnerò la sua amicizia, lo spero, ma vorrà egli convenire di questo cangiamento?

— Egli è il miglior uomo, ed agisce sempre come se temesse di sembrarlo.

James si raccolse in sè un secondo; levò gli occhi verso il sole cadente, i cui raggi splendidi brillavano come le onde dorate di un mare pacifico. Egli stese la mano, dalla finestra aperta per far cadere una goccia d’acqua che splendeva come diamante su d’un bottone di rosa.

Grazia seguiva con interesse tutti i movimenti del giovane, che non tardò a rompere il silenzio.

— Grazia, diss’egli in fine, io vado in collegio quest’anno.

— Voi me lo diceste jeri.

James si inchino sul geranio della ragazza; poi, tutte cogliendo le foglie morte del dolce fiore, riprese così: [p. 28 modifica]

— Vostro padre mi accorderà la sua amicizia, Grazia, posso io sperare che voi mi accorderete la vostra?

— Da questo momento io ho dell’amicizia per voi, James.

— Ma, Grazia, voi sapete cosa voglio dire, aggiunse James levando gli occhi verso la cima del pomo.

— Ebbene! io desidero che voi vi atteniate al senso delle mie parole, tenendovi lontano da tutte le interpretazioni forzate o immaginarie.

— Oh! senza dubbio, disse James d’un’aria d’intelligenza colla sua amabile interlocutrice, e come dice mamma Sally, quando l’affare è accomodato a che serve il cicaleggio?

A queste ultime parole, il passo di papà Tim si fece intendere; James cavò tosto il suo flauto dalla saccoccia, ne giunse insieme le parti, poi lo riguardò con gravità ed esclamo, alzando gli occhi:

― Papà Tim, ecco il migliore flauto che io abbia giammai veduto.

― A me non piace menomamente il flauto, disse papà Tim, con voce agra.

― Veramente, voi mi stupite, giacchè io penso che questo istrumento sorpassi...

E senza darsi tempo di terminare la sua frase, l’ardente musicante approssimò il flauto alle sue labbra e cominciò ad eseguire una lunga serie di variazioni e di fioriture più o meno brillanti.

― Ecco! esclamò egli riguardando il suo ospite di un’aria di trionfo, dopo questo laborioso esercizio; che pensate intanto, papà Tim, della mia esecuzione?

Papà Tim, senza rispondere a tal questione si [p. 29 modifica]mise ad andare e venire noncurantemente per la casa; ma rientro bentosto nella camera ove stava i musicante; poi sortì e rivenne ancora, che James aveva cominciato a suonare Yankee Doodle, quest’aria nazionale composta in onore dei discendenti dei Puritani.

Il patriottismo di papà Tim cominciò a farsi sentire e se non fosse stato quel disgraziato flauto, egli avrebbe seguito più d’una volta i movimenti delle dita agili dell’abile musico.

— Oh! esclamò il buon’uomo incantato, come avete voi potuto apprendere ad eseguire simili pezzi di musica.

— Questo non è difficile, disse James passando ad un’altra aria. Quando ebbe finito, s’arrestò un momento per contemplare il suo istrumento e facendo questo esame disse a papà Tím: “Voi non sapreste credere con qual perfezione il flauto dia il tono... È sempre di questo strumento che mi servò la domenica per dare il tono.

— D’accordo, disse papà Tim; ma io non credo che sia questo lo strumento che si conviene alla casa di Dio.

— Perchè no? il suono del flauto ha la medesima dolcezza degli strumenti ch’egli ha rimpiazzati, io non vedo il perchè non si voglia rendere giustizia al suo merito, convenite almeno ch’egli vale meglio di niente.

— Senza contraddizione, gli vale meglio di niente, disse papà Tim, ma come lo dissi sempre a Grazia ed a mia moglie, questo non è lo strumento che conviene alla chiesa, egli non ha quella solennità che abbisogna.

— Solennità! disse James; è secondo la maniera che s’adopera. [p. 30 modifica]

— Ascoltate.

E ciò dicendo fece risuonare il luogo dell’aria dell’Old hundret e la condusse a fine malgrado la sua lunghezza, con grande perseveranza.

— Voi vedete! sclamò il nostro eroe, d’un’aria trionfante.

— Bene, bene, disse papà Tim, ma io persisto nella mia opinione, e per ritornare a ciò che diceva poco fa, la vista sola di un flauto distrae in una cappella.

— Ma voi convenite ciò nondimeno che il flauto val meglio di niente, giacchè voi vedete con che facilità? emetto i toni con questo strumento?

— Egli ha infatti la sua utilità, aggiunse papà. Tim, ma ella non è grande.

Tutta limitata ch’ella era questa risposta tarda di papà Tim fece piacere a James, che partì col suo flauto in saccoccia e le ultime parole di Grazia nel suo cuore. Solamente quando ebbe chiusa dietro di sè la gran porta, disse fra sè: Mi rincrescerebbe che mamma Sally avesse a fare un panegirico di me a papà Tim! se ella fa ciò io dovrò ricominciare presso il buon’uomo.

Ciò che James previde non tardò a realizzarsi: si sarebbe potuto far convenire papà Tim d’un errore d’una prevenzione, ma non condurlo a confessare apertamente i suoi torti. Così, mamma Sally disse a papà Tim con tutta l’espansione del suo cuore.

— Ebbene! io era sicura che voi finireste per avere dell’amicizia per James.

— Ma io non dissi nulla di simile ad alcuno si contentò costui di rispondere.

— Ieri sera, rispose la buona dama, voi sembravate nei migliori termini con lui. [p. 31 modifica]

— Ma io non poteva metterlo alla porta. L’opinione che aveva di lui, l’ho ancora al giorno d’oggi.

Malgrado ciò era da rimarcare che papà Tim si accontentava al presente di dichiarare in termini generali la sua antipatia per James, senza entrare in dettagli come aveva costume di fare prima, era evidente che il ghiaccio si fondeva, ma questa operazione doveva essere molto lunga se circostanze non ne avessero affrettato lo scioglimento.

Fu verso questo tempo che Giorgio Griswold, il fratello di Grazia di cui noi abbiamo diggià parlato, ritornò al villagio nativo, dopo aver terminati i suoi studi di teologia in un collegio delle vicinanze. È senza dubbio una cosa piena d’interesse quella di seguire lo sviluppo del cuore e dello spirito in un piccolo fanciullo che abbandona il suo luogo di nascita, timido, innocente, per entrare in collegio fino al momento in cui questo ragazzo ritorna nella sua famiglia, uomo fatto di fisico, come di morale. Egli è curioso di comparare quelle lettere tremanti mal fatte con una scrittura svelta, ardita e slanciata; egli è piccante in fine di approssimare allo stile fermo, solido e caratteristico, i primi lineamenti dell’umano pensiero imperfettamente tracciati nello stretto cerchio di una scuola di campagna. Giorgio Griswold offriva il miglior esempio di questa metamorfosi. I due tratti salienti del suo carattere erano una sensibilità estrema congiunta a una grande disposizione alla meditazione. Con queste due disposizioni, si era mostrato da giovane non curante e trascurato; qualche anno fu sufficiente ad operare in lui un cangiamento straordinario. [p. 32 modifica]

Quando Giorgio aveva lasciato, fanciullo, il suo villaggio, per entrare in collegio, era di un umore taciturno ed apparentemente flemmatico. La sensibilità non si manifestava allora che pel suo rossore, la sua modestia ed un’aria di stupefazione quando gli si dirigeva la parola. Ma gli anni degli studi classici produssero insensibilmente un cangiamento così notabile nella sua persona e nel suo spirito, che Giorgio, compiti gli studii, non era più riconoscibile. Fanciullo, uno sguardo severo era sufficiente a farlo tremare; ora che era giovane frequentava i più notabili individui colla più completa indifferenza e libertà di spirito.

Intanto che le sue forze intellettuali prendevano un grande sviluppo, le sue forze fisiche decrescevano nella stessa proporzione. A ciascuna visita ch’egli faceva alla sua famiglia, nella durata de’ suoi studj, lo si vedeva più pallido, più magro, più languido, meno capace in fine di sostenere le fatiche del ministero, a cui s’era destinato. Ma ora che egli era investito del carattere di ministro, col diritto di uficiare, di predicare, qual gioja, qual gloria per papà Tim e mamma Sally, se il loro figlo non giudicava a proposito di tener segrete queste particolarità!

La domenica che seguì l’arrivo di Giorgio si sparse a Newbury e nelle vicinanze ch’egli predicherebbe que giorno. Giammai nel villaggio vi fu esempio di tanta smania per rendersi alla capella. Quando fu il momento di leggere il primo salmo voi avreste potuto vedere le bianche teste dei vecchi volgersi tutte in una volta, mentre le donne, co’ piccoli cappelli neri, inquiete, agitate, impazienti si sporgevano innanzi per [p. 33 modifica]vedere il ministro più d’avvicino e per intenderlo più facilmente. I fanciulli riguardavano anch’essi all’esempio dei loro parenti. In un banco appartato posto in faccia all’altare si vedeva papà Tim, la figura atteggiata a raccoglimento e gravità, al suo fianco Sally, felice quanto lo può essere una madre in simile circostanza, e madamigella Grazia che alzava il suo dolce viso verso suo fratello, come fanno i fiori verso il sole. Si vedeva nella gallèria la faccia del nostro amico James, che nella sua gioja sembrava incerto fra l’inquietudine e l’attenzione. Infine giammai un uditorio più raccolto si riunì per salutare l’esordire di un predicatore. Nella fervente annegazione di sè stesso, che caratterizza i primi esercizii religiosi del mattino, gli assistenti scoprivano che non faceva che ubbidire ad una legge soprannaturale e si sentivano sotto un’influenza irresistibile.

Le parole del giovane ministro, magnifiche per la poesia orientale di cui erano improntate, eloquenti per la sua stessa emozione, contenute e forti, impressionavano l’uditorio, come l’avrebbe potuto fare una nobile toccante armonia; invitava al silenzio ed a pii sentimenti con una forza dominatrice. Il sermone fu rimarchevole per il vigore dell’espressione e la possanza dei ragionamenti in conformità col carattere dei sermoni dei ministri della Nuova Inghilterra, che fanno correre su due linee paralellee gli argomenti e le prove; e fu improntato di quella sensibilità profonda, quantunque per metà compressa, colla quale fu pronunciato.

L’eccessivo pallore del suo volto, la sua voce [p. 34 modifica]tremante, proveniente dalla decadenza della sua costituzione, produssero il più patetico interesse come se un uomo assorto ancor sì giovane nei pensieri della vita futura non potesse restare lungo tempo nella vita presente.

Quando il servigio fu terminato, i fedeli si dispersero, coll’aria, di gente che abbiano piuttosto sentito che inteso. Tutte le critiche ch’essi facevano del sermone si trovavano riassunte nell’opinione di M. Dudlow, uomo fino ed onesto, che dopo essersi tenuto un momento alla porta della chiesa, eravi entrato ed era stato vivamente commosso del giovine predicatore.

— Giorgio Griswold, aveva detto colle lagrime agli occhi, è una creatura benedetta da Dio; è ben lungo tempo che non sono stato sì presso a Dio; io lo ripeto è una creatura benedetta da Dio. Ecco la mia opinione.

E del nostro amico James non addurremo noi la sua opinione? James fu prima dissilluso, poi commosso profondamente ed infine intieramente assorto dalle parole del predicatore; e, solamente dopo terminati gli officii egli rinvenne dal suo stupore e s’accorse che era in chiesa. James non si era conosciuto fino a quel giorno; la sua instabilità, la sua attività non era stata che indizio d’uno spirito inquieto, che non trova di che soddisfarsi; al presente gli sembrava che la sua capacità intellettuale allargasse il cerchio, in sera stata imprigionata fino a quel momento; gli sembrava che una specie d’affinità elettrica l’attraesse per altra via da quella percorsa fino a quel giorno. Quando vide il dolce ministro del Signore arrestarsi al basso della gradinata del pulpito s’avvanzò tosto verso di lui. [p. 35 modifica]

— Io desidero, diss’egli d’un’aria grave, avere un piccolo abboccamento seco voi. Vorrete voi permettermi d’accompagnarvi fino a casa vostra?

— Fa molto caldo e la strada è lunga.

— Oh! non importa, disse James, se voi aggradite la mia proposizione.

Accettata la proposizione, avreste veduto come l’ardente giovane dava libera carriera ai nuovi pensieri che l’eloquenza di Giorgio Griswold aveva fatto sorgere nel suo spirito. Egli indirizzò al ministro un amasso di domande, dandogli una folla di problemi. Un mese di studi e di riflessioni sarebbero appena bastati a rispondere alle une e risolvere gli altri.

― Io non saprei per il momento occuparmi delle vostre domande, disse il ministro, arrestandosi davanti alla porta di suo padre.

― Ebbene quando credete voi che noi possiamo riprendere il nostro colloquio? disse James pressantemente Mi permettete di venire a vedervi questa sera?

Il ministro gli accordò questa domanda sorridendo, e James partì così pieno dei nuovi pensieri, che passò davanti a Grazia senza vederla.

Da questo momento, cominciò a stabilirsi fra i due giovani un’amicizia eloquentemente favorevole alle contrarietà di papà Tim; amicizia che sembrava l’alleanza della sera col mattino, se questa alleanza fosse possibile; da una parte impeto, freschezza; dall’altra pace e dolcezza.

Affievolito da uno stato di cattiva salute, dal fervore di una carità infinita, e dagli sforzi incessanti del pensiero, Giorgio tornava dell’attraenza nel [p. 36 modifica]commercio d’un giovane di cui la robustezza, la vivacità e lo spirito ma un insufficientemente esercitato, faceva con lui un gran contrasto; James dal canto suo subiva le salutari influenze del suo amico; egli diveniva dolce, calmo e riflessivo. E non è un piccolo merito di comprendere e riconoscere la superiorità d’un altro.

Qualche giorno dopo, Giorgio aveva preso sul nostro amico un ascendente illimitato. Un mese era appena spirato ch’egli aveva sviluppato e fortificato il suo carattere più efficacemente che non avrebbero potuto fare quattro anni di studi in collegio. Leggero, semplice, bollente, impetuoso, James s’era dedicato ai piaceri fisici più che alla coltura della sua intelligenza, ed allo sviluppo della sua ragione; ma al contatto del carattere calmo e sereno del suo amico, della sua dolcezza inalterabile, della sublimità del fine supremo al quale tendeva, James dava accesso nel suo cuore e nel suo spirito alle idee religiose, senza le quali le intelligenze più vigorose restono incomplete.

Gli effetti prodotti dai sermoni del giovane pastore e dal suo zelo; il suo ardore nel compiere i doveri del santo ministero furono rimarchevoli, e d’una tal natura che gli cagionarono una gran gioja. Se lo spirito il meglio regolato prova un senso di dolore rinunciando ai progetti, che ha lungo tempo maturati, soffre ben più ancora ingannando le speranze che i suoi amici o i suoi parenti hanno fondate sui suoi successi dell’avvenire; queste due sofferenze Giorgio le risentiva. Egli soffriva ancora quando vedeva sua madre raccogliere avidamente le sue parole e seguire tutti i suoi [p. 37 modifica]movimenti con quella tenera sollecitudine che ispira la debolezza dell’infanzia. Egli soffriva ancora, riguardando suo padre, il suo singolar padre, di cui tutta l’ambizione terrestre si limitava al successo ottenuto dal figlio giacchè bentosto doveva estinguersi la fiamma della loro vecchiezza.

Quando il giovane ministro ritornava della cappella dopo un sermone trionfante, era tristo il vedere il suo vecchio padre, sì felice nel fondo, nascondere la sua gioja e dire sedendosi:

“Giorgio, questo sermone potrebbe essere discusso più o meno; ma voi pensate di essere un’autorità inconfutabile. Io sarei veramente curioso di sapere come possiate saperne più voi che noi.„ Le spiegazioni di Giorgio erano chiare, nette, precise; ma il vecchio si taceva senza confessare la sua disfatta, contento internamente d’aver fornito a suo figlio l’occasione di mostrare il suo sapere e la sua eloquenza.

Se Giorgio si trovava immischiato in qualche discussione, il vecchio suo padre si sedeva a lui vicino col capo inchinato a terra, ma sotto le sue sopracciglia fuggivano furtivamente degli sguardi di benevolenza, che esprimevano e il tenero interesse pel figlio e il desiderio modesto di non mostrare questo interesse. I segni d’affezione che ci vengono da persone naturalmente dolci e tenere sono lontane dal toccare tanto quanto quelle che ei vengono da persone dure e severe; così Giorgio era molto sensibile alle manifestazioni segrete dell’orgoglio e dell’amore paterno.

— Giammai, si diceva Giorgio, la figura di mio padre ha vestita questa espressione, e che diverrà egli se io muoio? [p. 38 modifica]

Tali erano i pensieri che lo preoccupavano, quando in una bella mattinata d’autunno, Grazia, uscendo di casa lo scorse appoggiato alla sbarra del giardino.

— A che pensate voi in sì bel giorno, caro fratello? disse la giovinetta correndo verso di lui.

Il giovane si volse e considerò che un sorriso la gioja che brillava sul volto di sua sorella.

― Che voi siete felice, Grazia! rispose egli.

― Senza dubbio io sono felice, e voi pure lo dovreste essere, chè siete migliore di me.

Io sono felice, Grazia, vale a dire che spero di esserlo.

― Voi soffrite, lo so che voi soffrite. Oh! se il vostro cuore potesse battere come il mio!

― La mia salute è sfinita, cara Grazia, e sento che non la ricupererò giammai.

― Giorgio, caro Giorgio, non parlate così; oh! giammai! voi dilaniate il nostro cuore, aggiunse ella colle lagrime agli occhi.

― Avete ragione mia sorella; non è che io mi preoccupi personalmente di questo pensiero. Sarà la stessa cosa nel cielo.

Una settimana appresso, un raffreddore lo fece passare dello stato di debolezza allo stato di malattia. I progressi del male erano rapidi, ma ingegnosa nell’ingannarsi mamma Sally, come fanno i cuori teneri ed affezionati s’abusava sulla natura del male e l’imminenza del pericolo. “Andrà meglio„, diceva essa tutti i giorni. Dal suo canto papà Tim negava l’evidenza con tutta l’ostinazione del suo carattere. Quanto al malato, egli non s’ingannava nella sua situazione, ma non si [p. 39 modifica]sentiva la forza di disingannare i suoi vecchi genitori.

James passava frattanto la giornata presso del suo amico cercando colle sue parole e le sue azioni di sollevarlo e distrarlo. O James! quelli che non hanno non è guari veduto, sì bollente, impetuoso, non si riconoscono ora al passo sì ritenuto, l’occhio attento, la voce sì dolce, e nei movimenti così misurati attorno del malato? Perchè no, poichè si ebbero tanti esempi di persone, che come lui vivendo, sono divenute nel giorno della prova dei modelli di dolcezza e di divozione.

Eccoci intanto nella camera del malato; la luce del mattino comincia a mostrarsi. Tormentato dalla febbre Giorgio aveva passata tutta la notte senza riposare un istante; ma verso giorno, cominciò ad assopirsi. James era appresso il letto, contenendo il fiato dal timore di svegliarlo. Era ancor notte sebbene il cielo si tingesse della porpora dell’aurora e le stelle fossero quasi scomparse. Tosto il mattino annunciò il levarsi del sole, facendo penetrare nella camera attraverso una persiana, un vivido raggio. Quella luce, in luogo di tanto dolore, somigliava l’occhio del celeste padre, che veglia su di noi, quando scompajono tutti gli umani affetti.

Giorgio svegliossi bentosto; il suo volto esprimeva la calma; levò gli occhi al cielo, sommessamente mormorando questi versi del poeta:

     Il soave immortal nunzio del giorno
     Spande i suoi fochi delle sfere intorno.

1 [p. 40 modifica]

Poco stante, un’ombra gli passò appresso; ci portò le mani agli occhi, e silenziose lagrime scorsero ad innondare il suo guanciale.

— Giorgio! caro Giorgio, gridò James inchinandosi su di lui.

— Sono i miei amici — egli è mio padre, mia madre, disse l’infermo con voce affievolita.

— Dio veglierà su di loro, disse James con fioca voce.

— Oh! sì, son certo che egli veglierà su di loro, poichè amò i suoi che erano nel mondo; gli amò fine alla morte. Mario sto per morire, senza aver fatto un’ombra di bene.

— Oh! non dir così, riprese James. Pensa, pensa a tutti gli atti della tua vita. E se anche tu non avessi fatto del bene che a me, Dio te ne serberà conto. Questo bene ti condurrà al cielo, questo bene vi condurrà me pure. E alla sagra causa del bene ch’io consacrerò la mia vita, l’anima mia, e tutte le mie forze; e allora tu non avra vissuto inutile vita.

Giorgio sorrise levò gli occhi al cielo; il suo aspetto: era quello d’un angelo.

James nel suo trasporto soggiunse: Non sono io solo che possa tenere simile linguaggio. Noi tutti vi benediciamo; non avvi un solo nel villaggio che non ti veneri; e tu vivrai eternamente nella memoria e nel cuore di tutti.

— Benediciamo Iddio — disse Giorgio.

— Sì, benediciamo Dio, disse James; per me lo benedico d’avermi fatto la grazia di conoscerti; noi lo benediciamo tutti e noi tutti vi amiamo, e vi ameremo sempre.„ [p. 41 modifica]

Il volto dell’infermo, che mentre James parlava, era sì alquanto ravvivato, riprese il suo pallore, dicendo:

“James, bisogna che io dico.... oh debbo dirlo a mio padre e mia madre.... Io debbo.... e come lo potrò io mai?

In questo mentre s’apre la porta e papà Tim entrò. Parve colpito dal pallore di Giorgio, e, avvicinandosi al suo letto, gli tastò il polso, e porto con inquietudine la sua mano alla fronte; poi essendosi più volte sforzato di raddolcire la voce, gli chiese se non sentivasi un po’ meglio.

“No, padre mio, disse Giorgio„ Poi presagli la mano, e fissando su di lui uno sguardo d’una sollecitudíne piena d’ansietà, parve esitare un’istante: alla fine proruppe “Padre mio, voi sapete che noi dobbiamo sottometterci alla volontà di Dio.„

Queste parole furono pronunziate con tanta espressione che fecero brillare la verità agli occhi del vecchio. Abbandonò la mano del figlio, e soffocando un grido angoscioso si volse precipitoso e lasciò la dolente camera.

Scorgendo il padre che stava innanzi la finestra della cucina, le braccia conserte, Grazia per distrarlo dalla sua disperazione, sclamò Padre mio! Padre mio!„

— Vattene, ragazza! rispos’egli bruscamentė.

— La mamma, manda a dirvi che la colazione è pronta.

— Non vo’ mangiare, disse volgendo in atto burbero le spalle. Sally, soggiunse poco appresso, che versi tu in quella tazza?

— Oh! non è che un po’ di thè per Giorgio, ciò lo rianimerà, e gli farà bene: Povero ragazzo! [p. 42 modifica]

— Ciò non può fargli nè bene nè male, poichè è disperato, disse papà Tim con voce fioca.

— Oh no, gran Dio! esclamò Sally.

— Volete, ancora contraddirmi? Non soffro d’essere contraddetto da nessuno al mondo. E per tagliar corto a inutile diverbio egli è certo che Giorgio va morendo, proprio al momento in cui noi l’abbiamo posto in grado d’esser ministro; e vorrei esser io stesso nella tomba, e così.... e senza compier la frase si slanciò fuori di stanza, chiudendosi dietro la porta.

È per noi una buona ventura che siavi un’intelligenza suprema che vede le sofferenze del cuore, come elleno sono, e non come le rappresentano le ribellioni dell’umana infermità. Forse una tale intelligenza è più inclinata a favore negli uomini burberi e severi, che verso coloro che di miti costumi sanno meglio conciliarsi le simpatie de’ loro simili. Ad onta di tutte le sue singolarità, papà Tim serbava in fondo al cuore un fondo di sincera religione. Ma vi son pochi in cui la religione non serva a lottare contro i difetti di natura, a modificare le passioni, ed infrenare i vizi.

Si fu a quest’ora di prova, che scoppiarono in tutto il loro vigore l’ostinazione, e la tenacità del vecchio. E comecchè scorgesse la necessità di una sommissione, pur gli era impossibile addattarvisi. Così fra sè e sè rimbrottandosi, invano si sforzava di soffocare gli stimoli di natura, e scacciando da sè ogni segno di simpatia (deplorabile gioco di contraddizioni, di perplessità, e di pugne ad ogni tratto rinnovate) allontanava pure ogni consolazione.

Dopo il meriggio della susseguente domenica, fu [p. 43 modifica]chiamato con gran premura alla stanza di suo figlio. Appena giuntovi, s’avvide esser presso l’ora. Tutta la famiglia era riunita; Grazia e James, accanto uno all’altro, si curvavano sul moribondo, mentre la sua madre tenevasi appartata, il capo nascosto nel grembiale per non mirare la morte del figlio. Il vecchio ministro era là colla Bibbia aperta a sè d’innanzi; il padre si pose a sedere accanto al letto di morte di suo figlio; stette calmo e pensoso assorto in contemplazione dell’aspetto di quel figlio, a cui stava per schiudersi innanzi la vita dell’immortalità. Avendo sollevate le ciglia, Giorgio riconobbe il padre; sorrise, porgendogli la mano; poi disse: — “Oh me avventurato, di potervi scorger qui. — Oh Giorgio per pietà! non sorrider così! So ciò che ti spetta. Mi sono mille e mille volte provato di..... ma non ho potuto venirne a capo: No! non ho potuto venirne a capo.„

A tai detti, il vegliardo trassalì e non potè soffocare i singhiozzi. Regnava nella stanza la calma ed il silenzio, come nel soggiorno della morte; nessuno osava indirizzargli parole di conforto. Alla fine il figlio ripetè con una voce soave, ma interrotta queste parole del miglior amico degli uomini: Che il nostro cuore non sia turbato; nella casa di mio padre hanvi di molte dimore.

Sì, disse il vecchio, ma io non saprei ristare dal turbarmi; so pur troppo che ci è d’uopo adempiere la volontà del Signore, ma io ne morrò.

Oh! padre mio, ve ne supplico, non straziare il mio cuore, disse il figlio in preda a grande agitazione, io vi rivedrò in cielo, ed allora, nell’incontrarmi, il [p. 44 modifica]vostro cuore sarà consolato, e la vostra gioja nessuna umana forza potrà rapirvela.

— Io non sarò mai degno del cielo, se persisto in queste disposizioni disse il vecchio; io non so rassegnarmi.„

Il dolce aspetto del moribondo si fè tristo; disse con voce sommessa queste parole: “Desidero che veggar tutto con ch’io faccio„ Volse poi uno sguardo al ministro dicendo: “Pregate, per noi.„

Tutti i membri della famiglia s’inginocchiarono a pregare. La preghiera produsse il suo consueto effetto; quando s’alzarono, ognuno era in vista più calmo. Pure il moribondo toccava il termine delle sue pene; una grande mutazione gli si operò nel volto: fissò gli occhi sugli amici, se con fioca voce mormorò queste parole dell’Evangelo: “La pace sia con voi,„ E l’anima sua erasene ita al cielo.

Riepilogheremo in pochi tratti gli avvenimenti che seguirono questa bella morte; ma faremo dapprima osservare, che la semente del bene, sparsa dal giusto nel corso della sua vita, fruttifica tal fiata sulla sua tomba. Morendo aveva detto al ministro del Signore, che la pace fosse ne’ suoi amici; e quando ei più non era, gli amici suoi rammentarono le sue dolci parole di addio; e sebbene amaro dolore li cogliesse, quando il suo corpo fu composto nella pace del sepolcro, pure il loro cuore dilaniato era già più calmo e sommessolo.

“Accolga Iddio l’anima sua! sclamò papà Tim, mentre con James contemplava la fossa che stava per accogliere la sua spoglia mortale. Parmi che il cuore se ne sia volato con lui nel cielo, ed ora ben mi [p. 45 modifica]suado, che innanzi tutto, Iddio sappia, meglio di noi ciò che ci abbisogni„.

Il nostro amico James parve allora chiamato a diventare il sostegno della famiglia, e il vegliardo sconsolato prese ad amarlo con quell’amore, di cui suo figlio era stato l’oggetto durante la sua vita: “James, gli disse un giorno, tu sai bene ch’io ti riguardo quasi come un mio figlio.

— Io ho lungamente nudrito questa speranza, disse James con tenero affetto.

— Ebbene riprese papà Tim, cesserai dal far la scuola; la vegnente settimana partirai pel collegio. Io ho abbastanza fortuna, per pagarvi un posto, purchè vi mostriate assiduo.„

James conosceva troppo il cuore di papà, Tim, per rifiutargli l’offerta. Sapeva che sarebbe una consolazione pel povero vecchio l’aggradirla. Ebbe bastante tatto per non confondersi in ringraziamenti, e proteste di riconoscenza, accontentandosi di accoglierne l’offerta, come cosa semplice affatto.

La vigilia della sua partenza ei disse a Grazia. “Noi ci siamo amendue ben cambiati, se pensiamo ai primi giorni della nostra amicizia; e, frattanto io parto, e rimarrò a lungo assente; ma io son certo...„

Sostò per metter ordine alle sue idee.

“Senza dubbio, disse Grazia, voi siete certo della sincerità di tutte le cose che voi desiderate dire, e che non potete dire.

— Grazie, disse James.„ Poi ridivenne pensieroso, e soggiunse:

“Che Dio m’ajuti. Io credo d’ayer bastevole [p. 46 modifica]risoluzione per diventare ciò che voglio; ma, a qualunque posizione ch’io giunger possa, qualunque fortuna ch’io possegga, il mio credito, il mio bene, la mia attività e i miei talenti saranno sempre pel servigio di Dio e de’ miei simili; ed allora, o Grazia, tuo fratello che è in cielo, se ne rallegrerà.

— Io credo che già fin d’adesso se ne rallegri, disse Grazia.„ Poi dopo una pausa; soggiunse: “Quanta riconoscenza non vi dobbiamo! Io non so ciò che saressimo diventati, senza la vostra presenza qui. Sì, voi vivrete per imitare mio fratello, e forse per far ancora più di bene.„

. . . . . . . . . . . . . . .

Cinque anni dopo, James, stabilito in qualità di ministro in uno de’ più considerevoli villaggi dello Stato di C... godeva di grande riputazione di eloquenza ie carità.

In una serata d’autunno, erasi visto, ad una estremità di quel villaggio, un’uomo di alta persona, e ciglia aggrottate.

“Hoh, hoh! gridò quell’estraneo ad un contadino che lavorava in un campo, che città è quella che scorgesi colaggiù?

— È Farmington, signore.

— Ebbene! Vorrei sapere se potete darmi informazioni su un giovane che vi ha dimora. È uno de’ miei figli!

— Uno de’ vostri figli; che nome porta?

— Ma, disse il vecchio, levando il cappello, io credo che si chiami James Benton.

— James Benton! è il nome del nostro ministro. [p. 47 modifica]

— Sì, credo che sia un ministro. È pur desso uno de’ miei figli. Ove abita?

— In quella casa un po’ appartata dalla via, e circondata dalle piante.„

In quel mentre, un’uomo d’un’aspetto imponente, e d’una figura maschia, che esprimeva risolutezza, passò dietro papà Tim.

Ma non riconoscete voi quella figura? I tratti di questo nuovo sopravvenuto sono meglio pronunciati e più caratterizzati di quello di cui serbiamo memoria: sì, in quel dolce sorriso che ad un tratto balenò sul di lui volto, alla vista del vecchio, avrete riconosciuta la vivacità d’un’antico amico: James Benton.

“Oh sapeva pur troppo, diss’egli, con tutto il calore della sua giovinezza prendendo ambe le mani di papà Tim, che voi non potevate vivere a lungo, lontano da noi„.

Come si avvicinavano alla casa, una graziosa testa mostrossi alla finestra, e in attimo, Grazia era scesa alla porta della casa.

“Padre mio! caro padre! sclamò ella stringendolo fra le braccia.

— Oh vi è ben facile il provarmi il vostro contento nel rivedermi, disse papà Tim, i cui occhi brillavano come carbonchi.

— Via, via, padre mio, io ho del potere in questi giorni, disse Grazia traendolo verso casa, così bando ai complimenti; ma sbarazzatevi dunque del bastone e del cappello ed accomodatevi su quella poltrona.

— Oh, oh, madamigella Grazia, disse papà Tim, torniam da capo colle solite prepotenze, comandando, [p. 48 modifica]decidendo, ordinando come per l’addietro. Ma io sto per mostrarti di non aver ancor dimessa l’abitudine d’ubbedire. E così dicendo, s’assise sulla sedia a bracciuoli.

“Padre mio, disse Grazia all’istante che stava per abbandonarlo dopo aver passato qualche giorno co’ suoi figli, nel venturo mese cade il giorno delle Rogazioni, bisognerà venir colla mamma a passar alcun tempo fra noi.„

E in seguito a tale invito, il susseguente mese rinvenne mamma Sally e papà Tim assisi accanto al fuoco nella casa de loro figli a Farmington. Assistettero con gran gioia alla festa; ma una gioia più grande era loro serbata: indomane della festa ascoltarono James; il loro secondo figlio, predicare innanzi ad affollato è numeroso uditorio. Quel sermone fu da tutti considerato come il più bello, di quanti avessi fino allora pronunciati; e siccome era quasi un riepilogo di quanto aveva fin allora predicato il loro amato James, papa Tim, e mamma Sally furon d’avviso che quel sermone avesse tocco i limiti della perfezione.

In quella serata, papà Tim assiso innanzi un buon fuoco di carbon fossile, era assorto in profonda meditazione. Ad un tratto destandosi, da quell’estasi disse a James. “Noi non potremo far nulla di meglio che sottummetterci a Dio.„

— Oh senza dubbio, disse James; la rassegnazione è una delle più belle virtù del cristiano. Mostriamoci dunque sommessi ai voleri del Signore, che solo può e conoscere quanto ci fa mestieri, e questo terrestre tramite calmo, sereno ci sembrerà un preludio dell’avventurosa vita avvenire, alla quale noi siamo chiamati.„

[p. - modifica]Papa Tim lascio’ cadere la Cote e la Falce, che era in atto d’assestare.

Note

  1.      The sweet, immortal morning sheds
         Its blushes round the spheres.