Il milione (Laterza,1912)/LXIII

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LXIII. Della città di Giandu (Ciandu)

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LXIII. Della città di Giandu (Ciandu)
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Della cittá di Giandu (Ciandu).

Quando l’uomo è partito di questa cittade, cavalca tre giornate, si truova una cittade ch’è chiamata Giandu, la quale fece fare lo Gran Cane ch’oggi regna, Coblay Cane. E hae fatto fare in questa cittá un palagio di marmo e d’altre ricche pietre; le sale e le camere sono tutte dorate; ed èe molto bellissimo maravigliosamente. E attorno a questo palagio èe muro ch ’è grande quindici miglia, e quivi hae fiumi e fontane e prati assai. E quivi tiene il Gran Cane di molte fatte bestie, cioè cervi dani e cavriuoli, per dare mangiare a’ girfalchi e a’ falconi che tiene in muda. In quello luogo egli v’ha bene dugento girfalchi. Egli medesimo vuole andare bene una volta la settimana, e le piú volte, quando il Gran Cane va per questo prato murato, porta un leopardo in sulla groppa del cavallo; e quando vuole [p. 79 modifica]fare pigliare alcuna di queste bestie, lascia andare lo leopardo, e lo leopardo la piglia, e egli la fa dare a’ suoi girfalchi che tiene in muda: e questo fa per suo diletto. Sappiate che ’l Gran Cane ha fatto fare in mezzo di questo prato un palagio di canne, ma è tutto dentro innorato, ed èe lavorato molto sottilmente a bestie e a uccelli innorati: la copertura è di canne vernicate,1 e commesse sí bene, che aqua non vi puote entrare. Sappiate che quelle canne sono grosse piú di tre palmi o quattro, e sono lunghe da dieci passi infino in quindici,2 e tagliansi al nodo e per lungo, e sono fatte come tegoli, sí che si può bene coprire la casa. E hallo fatto fare sí ordinatamente ch’egli il fa disfare qualunque otta egli vuole, e fallo sostenere a piú di dugento corde di seta. E sappiate che tre mesi dell’anno istae in questo palagio lo Gran Cane, cioè giugno e luglio ed agosto, e questo fa perchè v’ha caldo. E questi tre mesi istá fatto questo palagio, gli altri mesi dell’anno istá disfatto e riposto, e puollo fare e disfare a suo volere. E quando e’ viene a’ ventotto dí di agosto, lo Gran Cane si parte di questo palagio, e dirovvi la cagione. Egli è vero ch’egli hae una generazione di cavagli bianchi e di giumente bianche come neve, senza niuno altro colore; e sono in quantitá di bene diecimilia giumente; e lo latte di queste giumente bianche non può bere ninna persona, se non di schiatta imperiale. Bene un’altra generazione di genti3 chiamata [Buat o] Oriat (Horiad), che ne possono bere per grazia di Cinghi lo Gran Cane, che ’l concedette loro per una battaglia che vinsero con lui. E4 quando queste bestie vanno pascendo, egli è fatto loro tanto onore, che non n’è si gran barone che passasse per queste bestie, per non iscioperarle del pascere, che non si cansi. E gli stronomi e gl’idoli hanno detto al Gran Cane che di questo latte si [p. 80 modifica] dee versare ogni anno a’ di ventotto d’agosto per l’aria e per la terra, acciò che gli spiriti e gl’idoli n’abbiano a bere la loro parte, acciò che salvino5 le loro famiglie e uccelli e ogni loro cosa. E poi si parte lo Gran Cane, e va ad un altro luogo. E sí vi dirò una maraviglia che io avea dimenticata: che quando il Gran Cane è in questo palagio e e’ gli viene un mal tempo, e gli astronomi e incantatori fanno che ’l mal tempo non viene in sul suo palagio. E questi savi uomeni sono chiamati6 «tebot» (tebet e chesimur), e sanno piú d’arte di diavolo che tutta l’altra gente, e fanno credere alla gente che questo avviene7 per santitá. E questa gente medesima ch’io v’ho detto hanno una tale usanza: che quando alcuno uomo è morto per la signoria, egli il fanno cuocere e mangianlo, ma no se morisse di sua morte;8 e sono sí grandi incantatori, che quando il Gran Cane mangia in sulla mastra sala, e gli coppi pieni di vino e di latte e d’altre loro bevande, che sono d’altra parte della sala, si gli fanno venire sanza che altri gli tocchi, e vegniono dinanzi al Gran Cane; e questo veggiono bene diecimila persone. E questo è vero sanza menzogna; e questo ben si può fare per nigromanzia. E quando viene in niuna festa di niuno idolo,9 egli vanno al Gran Cane, e fannosi dare alquanti montoni e legno aloe e altre cose, per fare onore a quello idolo, perciochè gli salvi lo suo corpo e le sue cose; e quando quegl’incantatori hanno fatto questo, fanno grande afummicata, dinanzi agl’idoli, di buone ispezie, con gran canti: poscia hanno questa carne cotta di questi montoni, e pongonla dinanzi agl’idoli, e versano lo brodo qua e lá, e dicono che gl’idoli ne pigliono quello che vogliono. E in cotale maniera fanno onore agl’idoli il dí della loro festa, che ciascuno idolo hae propria festa, com’hanno gli nostri santi. Egli hanno badie o monisteri; e si vi dico che v’ha10 [p. 81 modifica] una piccola cittá che hae uno monistero che hanno piue di dugento monaci, e vestonsi piú onestamente che tutta l’altra gente. Egli fanno le loro feste le maggiori agl’idoli del mondo, cogli maggiori canti e cogli maggiori alluminari. Ancora v’ha un’altra maniera di religiosi, detti «sensin», che fanno cosí aspra vita, come io vi conterò. Egli mai non mangiano altro che crusca di grano, e fannola istare in molle nell’acqua calda un poco, e poscia [la menano] e mangianla.11 E quasi tutto l’anno digiunano, e12 molti idoli hanno, e molto istanno in orazioni, e talvolta adorano lo fuoco. E quelle altre regole dicono di costoro che sono paterini. Altra maniera v’ha di monaci, che pigliano moglie e hanno figliuoli assai; e questi vestono d’altri vestimenti che gli altri, sí che vi dico che grande differenza ha dall’una maniera all’altra sí di vita e sí di vestimenta; e di questo v’hae, che tutti loro idoli hanno nome di femmina. Or ci partiamo di qui, e conterovvi del grandissimo signore di tutti gli tarteri, cioè lo nobile Gran Cane che Coblay è chiamato.

  1. Ricc. sí fortemente e sí ben incavilate che aqua no le pò nòxere.
  2. Pad. El se taia al nodo, e pò se sfende per mezo zascadun; de cotai copi áno coperte le case.
  3. Pad. apelata Oriach.
  4. Pad. quando paseno per alcuna via... niuno passera ve fina a tanto che tute quelle bestie non aveseno pasato.
  5. Pad. tute le sue cosse, e omeni e femene e bestie e oxeli e biave...
  6. Berl. tebe quesmun,* li quali sono de do gienerazion de zente, che adora le idole.
  7. Ricc. per grande soa santitate* o per vertú de [quel] dio.
  8. Pad. Berl. ancora de questi incantatori (Fr. certi bacsi)... fano spese fiate che, quando el Gran Can sede in la soa gran sala, a tavola la quale sono alta (piú di otto) cubiti, e le cope da bever sono in mezo ala sala lonzi dala mensa diexe passa...
  9. Pad. domandano al Grande Caan, per far i soi sacrifizi, moltoni che abiano el collo negro e inzenso..., aziò ch’el sacrifizio sia odorifico; e lui li fa dar tuto quel ch’i domanda, azò che le idole diebano conservar le suo’ biave e le bestie e li fruti della tera.
  10. Pad. uno monestier ch’è grande quanto una picola zita, lo qual a ben doamillia mònexi segondo la sua usanza, e si vesteno..., e porta raso el cavo e la barba.
  11. Pad. Berl. e’ zunano molte fiade, e vano vestidi de negro e de bianco... de canavazo, e zaxeno suso pani aspri e durisimi.
  12. Berl. molte grande isole.