Il milione (Laterza,1912)/LXXXI

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LXXXI. Della moneta del Gran Cane

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LXXXI. Della moneta del Gran Cane
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LXXXI (XCVI)

Della moneta del Gran Cane.

Egli è vero che in questa cittá di Camblau (Cambaluc) èe1 la tavola del gran sire: èe ordinata in tal maniera, che l’uomo puote ben dire che il gran sire hae l’archimia perfettamente, e mostrerollovi incontanente. Or sappiate ch’egli fa fare una cotale moneta, com’io vi dirò. E’ fa prendere iscorza d’uno albore e’ ha nome «gelso»; e è l’albore le cui foglie mangiano gli vermini che fanno la seta. E colgono la buccia sottile, ch’è tra la buccia grossa e l’albore, [o vogli tu legno dentro], e di quella buccia fa fare carte,2 come di bambagia, e sono tutte nere. Quando queste carte sono fatte cosí, egli ne fa delle piccole, che vagliono3 una medaglia di tornesello piccolo, e l’altra vale un tornesello, e l’altra vale un grosso d’argento da Vinegia, e l’altra un mezzo, e l’altra due grossi, e l’altra cinque, e l’altra dieci, e l’altra un bisante d’oro, e l’altra due, e l’altra tre; e cosí va infino in dieci bisanti. E tutte queste carte sono sugiellate col sugiello del gran sire, e hanne fatte fare tante, che4 tutto il suo tesoro ne pagherebbe. E quando queste carte son fatte, egli ne fa fare tutti gli pagamenti, e fagli ispandere per tutte le provincie e regni e terre dov’egli hae signoria; e nessuno gli osa rifiutare, a pena della vita. E sí vi dico che tutte le genti e regni che sono sotto sua signoria si pagano di questa moneta, d’ogni mercatanzia di perle, d’oro e d’ariento e di pietre preziose, e generalmente d’ogni altra cosa. E sí vi dico che la carta, che si mette per dieci bisanti, non ne pesa uno; e si vi dico che gli mercatanti le piú volte cambiano [p. 113 modifica] questa moneta a perle o a oro e altre cose rare. E molte volte è recato al gran sire per gli mercatanti5 tanta mercatanzia in oro e in ariento, che vale quattrocentomila di bisanti;6 e ’l gran sire fa tutto pagare di quelle carte, e’ mercatanti le pigliano volentieri, perchè le spendono per tutto il paese. E molte volte fa bandire il Gran Cane che ogni uomo che hae oro e ariento o perle o pietre preziose o alcuna altra cara cosa, che incontanente la debbiano avere apresentata alla tavola del gran sire, ed egli lo fa pagare di queste carte; e tanto gliene viene di questa mercatanzia, ch’èe un miracolo. E quando ad alcuno si rompe o guastasi niuna di queste carte, egli va alla tavola del gran sire, e incontanente gliele cambia, e ègli data bella e nuova; ma si gliene lascia tre per cento. Ancora sappiate che, se alcuno vuol fare vasellamenta d’ariento o cinture, egli va alla tavola del gran sire, ed ègli dato per queste carte ariento quant’e’ ne vuole, contandosi le carte secondo che si ispendono. E questa è la ragione perchè il gran sire dee avere piú oro e piú ariento che signore del mondo. E sí vi dico che tra tutti gli signori del mondo non hanno tanta ricchezza quanto hae il Gran Cane solo. Or v’ho contato della moneta delle carte: or vi conterò della signoria della cittá di Camblau.

  1. Berl. l’arca (leggi: la zeca).
  2. Pad. a muodo de quelle de papiro.
  3. Fr. une merule de tornesel petit; — cioè, forse, una metá.
  4. Pad. el se porave comprar tuto el tesoro del mondo.
  5. Pad. tante perle e piere preziose e oro e arzento.
  6. Berl. e tuti vieno apresentadi al signor; e el Gran Can fano chiamar dodexe savi deputadi a questo, e fano che lor varda queste mercadanzie quello che le vai, e quelli... li fano pagar de quele tal carte corno a lor par.