Il progetto di G.B. Bossi per una stazione "Milano Centrale"

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Silvio Gallio

2009 Saggi/Ferrovie letteratura Il progetto di G.B. Bossi per una stazione "Milano Centrale" Intestazione agosto 2010 75% Saggi

Silvio GALLIO


RFI - Direzione Compartimentale Movimento


Reparto Gestione Circolazione- Bologna


Il volto delle città si muove e cambia senza interruzione. Per lo più non ce ne accorgiamo neppure. A meno che non si tratti di cambiamenti che interessano grandi aree o gradi volumi. Molti fra questi cambiamenti non li percepiremo mai (uno solo “vince”). Ogni tanto, però, riappare un dettaglio sconosciuto o dimenticato. È il caso che narriamo qui. Una stazione ferroviaria che poteva portare il treno a 500 metri dal Duomo (un sogno o un incubo?), poteva nascere e svilupparsi sulle ceneri di un’altra (quella provvisoria di Porta Tosa) ma che non ebbe mai la forza di farlo. Una Stazione Centrale. A Milano. Nel 1856.

Milano, febbraio 1846

APERTURA DEL TRONCO DELLA STRADA FERRATA FERDINANDEA DA MILANO A TREVIGLIO IL DÌ 15 FEBBRAJO 1846.

Finalmente abbiamo potuto assistere ad una festa da ben lungo tempo desiderata, finalmente vediamo, trascinandosi dietro pesanti convogli, scorrere le locomotive su quelle rotaje che quasi temevamo avessero ad irrugginire inoperose, finalmente anche Milano incomincia a stendere una mano verso Venezia, mentre la sezione veneta della strada ferrata Ferdinandea è quasi per metà compiuta, per cui in pochi istanti dalla elegante Vicenza, dall’antica Padova si giunge alla superba regina dell’ Adriatico, la quale trovasi ora congiunta alla terra ferma mediante uno dei più meravigliosi ponti che sieno mai stati costruiti.

All’una pomeridiana giunse alla stazione provvisoria fuori di Porta Tosa S. A. I. R. l’Arciduca Vicerè coi serenissimi Arciduchi suoi figli, accompagnati dalle principali autorità, e l’illustre corteggio ascese in apposito vagone, mentre forse altre seicento persone, trovavansi già collocate in altri diciassette vagoni e circa ottocento erano disposte in una loggia provvisoria nel recinto della stazione”.1

E qui ci fermiamo. Chi volesse controllare l’intero e non lungo racconto della giornata può tranquillamente e gratuitamente trovarlo in Wikisource (www.it.wikisource.org/wiki) dove ho provveduto a ricopiarlo assieme ad altri documenti di interesse ferroviario. La citazione è dovuta al fatto che, fra le righe, scivola un interessante aggettivo, che pone sotto una luce particolare la stazione di Porta Tosa; gli Annali universali e -vedremo- non solo questi, la definiscono –lo abbiamo appena visto- “provvisoria” A Milano, fino a quel momento, c’era una sola stazione ferroviaria, Porta Nuova ed era il terminal della Imperial Regia Privilegiata Strada Ferrata da Milano a Monza.

Le polemiche per la costruzione della linea Ferdinandea, l’altalenante situazione finanziaria, le dimissioni, le intromissioni dei “bergamaschi” e in genere la tortuosità dei primi anni del progetto, avevano evidentemente posto in seconda fila il problema dello scalo terminale della linea per Venezia. La stazione di Porta Tosa era “provvisoria”; per la Ferdinandea una stazione terminale “definitiva” doveva, quindi, essere costruita. Restava da decidere come e dove. E qui cominciavano i problemi.

Come per tutti i progetti che interessano la viabilità cittadina le idee, diverse l’una dall’altra, certo dovevano propagarsi negli ambienti finanziari, politici e amministrativi della capitale lombarda. Il treno era la grande novità di quello scorcio di secolo. Un po’ come il servizio aereo pubblico negli anni Trenta del Novecento, era destinato soprattutto alle classi abbienti cui forniva comodità, velocità, sicurezza. Decidere come e dove costruire una stazione ferroviaria implicava il possibile spostamento di traffici, affari, persone - e quindi ricchezza - da un settore all’altro del territorio. Qualcuno ci avrebbe guadagnato, qualcuno avrebbe perso del danaro.

Milano agosto 1856

Sono passati dieci anni dall’apertura della Milano-Treviglio e dell’inaugurazione della stazione provvisoria di Porta Tosa. Nel fascicolo di agosto 1856 del Giornale dell’Ingegnere-Architetto ed Agronomo appare - datato 3 giugno- uno dei vari progetti per la stazione Centrale di cui tanto si era già discusso e ancora si discuterà 2: il “Progetto di una stazione centrale in Milano per le I. R. Ferrovie d'Italia” di G.B. Bossi, Ingegnere in Capo, come lui stesso si definiva in calce, della Società che stava faticosamente finendo di costruire la strada ferrata da Milano a Venezia. E l’elaborato era stato richiesto dalla stessa Redazione! Andiamo a leggere:

Stimatiss. Sig. Redattore Mi pregio soddisfare al desiderio, ch’Ella mi espresse, d’inserire nell’applaudito di Lei Giornale dell’Ingegnere-Architetto il Progetto di una Stazione Centrale protratta nell’interno della città di Milano fino al ponte di Porta Tosa da me ideato come punto di partenza da questa Città di tutte le Ferrovie Lombardo-Venete3.

Quindi l’Ingegnere in Capo G.B. Bossi era conosciuto dalla Redazione, il Giornale dell’ingegnere sapeva quale fosse la sua posizione sul “dove” dovesse sorgere l’impianto, le sue qualifiche professionali e a quale livello era inserito nella Società che poi avrebbe dato il via ai lavori. L’ing. Bossi, sembra sentirsi appoggiato dal Giornale dell’Ingegnere e da una “Società per l’Incoraggiamento delle Scienze, Lettere ed Arti” che nel 1857 avrebbe

messo la propria opinione e [resa] di pubblica ragione, invitando a divulgarla. […] La Redazione del Giornale dell’Ingegnere-Architetto ed Agronomo convenendo essa pure nell’opinione della summentovata Società, dacchè gli inconvenienti che deriverebbero dall’ideato collocamento sarebbero gravissimi sotto ogni riguardo, si trovò indotta a qui riportarla4.

Se ne deduce che la richiesta di un intervento dell’ing. Bossi che peraltro, troviamo citato anche negli “Annali universali! con la qualifica di “ingegnere aggiunto del territorio lombardo”5, non era casuale ma mirata a portare avanti una tesi più globale. Se si scorre lo stesso "Giornale dell’ingegnere" nei fascicoli precedenti a quello riportante il Progetto si leggono titoli di articoli quali:

  • Rapporto della Commissione incaricata dal consiglio comunale di Milano di studiare e proporre un progetto per l’attivazione di fontane in varie parti della città.
  • Del progetto per la Piazza del Duomo e particolarmente di quello del professore cav. Amati. Memoria dell’Architetto F. Zuccari.
  • Le ferrovie per l’interno delle città. Memoria dell’ing. Giuseppe Bruschetti (il progettista e promotore della Milano-Como).
  • Progetto d’ingrandimento della Piazza dell’I. R. Teatro della Scala.

Titoli suggestivi. O, meglio, suggerenti.

Non si intravede, nelle note di Bossi, la possibilità di una “faida” interna fra dirigenti della stessa Società ma legati a differenti gruppi politici oppure economici?

Flashback

Nel 1841 era definitivamente esplosa la pesante divergenza fra Carlo Cattaneo, azionista e all’epoca già ex-Segretario della Sezione lombarda e G. Milani, ingegnere in Capo della Ferdinandea, sull’orlo del licenziamento. Nella sua “Replica del dottor C. Cattaneo alla Risposta dell’ingegnere Giovanni Milani” Cattaneo ricorda come precedentemente, nell’area di Porta Tosa,

Noi avevamo cercato di farvi convergere il Municipio, la Camera di Commercio, e l’E. Magistrato Camerale, al quale abbiamo ardito additare uno spazio vicinissimo al capo delle strada ferrata, cioè l’orto dell’Orfanotrofio, come il luogo più opportuno alla nuova Dogana. Avevamo anche iniziato un’associazione edilizia per coordinare in tempo la più fruttuosa ed elegante ricostruzione di tutto quel quartiere, e in ciò ci avevano giovato assai i sensati consigli dell’architetto Durelli, che vi è ispettore all’ornato. Così la strada ferrata avrebbe dato spinta al primo tentativo d’una grandiosa e armonica ampliazione del fabricato civico6.

Con queste parole di Cattaneo in mente (e ricordiamole fra qualche paragrafo) lasciamo d’un canto dietrologie muffite, stantie e forse inesistenti e vediamo cosa proponeva l’ingegner Bossi. Quasi in nome e per conto della categoria “Ingegneri Architetti e Agronomi”.

Il citato esordio, teso ad autocertificare la propria competenza dell’autore continua nel paragrafo successivo e impariamo che all’ing. Bossi, nel tempo, furono affidati

i Progetti esecutivi, e la direzione principale delle opere finora eseguite da Milano a Verona per Treviglio. […] del duplice Progetto di dettaglio della ferrovia da Monza a Bergamo per Trezzo per Paderno, della Strada di circonvallazione per l’unione delle linee dirette a Milano, non che della stazione nell’interno di questa stessa città presso la Piazza di S. Marco in direzione della strada per Monza7.

Una volta messi ben in chiaro i suoi non pochi meriti e le sue riconosciute competenze, l’ing. Bossi passa ad illustrare questo progetto che - a suo dire - aveva in mente fin da prima che venisse messa in dubbio la tratta Treviglio-Coccaglio per opera delle forze economiche che volevano dirottare la linea verso Bergamo.

Il nostro ingegnere introduce un cenno sulla consistenza del Progetto della stazione centrale a Porta Tosa di Milano, in prolungamento della linea per Treviglio:

La stazione consta di due parti, l’esterna cioè sull’area già acquistata ed appianata al necessario livello dall’Amministrazione delle strade ferrate, e l’interna fino al Ponte di Porta Tosa, che si unisce alla prima con tre binarj sottopassanti al Bastione8.

L’ing. Bossi la voleva davvero “centrale” la sua stazione! Progettava lo spostamento del Fabbricato viaggiatori addirittura ben dentro le mura seicentesche facendo passare i treni attraverso il Bastione (come -invece- fu poi fatto per la strada).

Se il progetto fosse andato in porto, Milano - almeno per un certo tempo - avrebbe avuto una stazione giusto dirimpetto l’attuale Largo Augusto. Veramente a due passi dal Duomo.

Non che la cosa mancasse di logica atteso che la novità del treno era molta e piena di attrattive, gli spazi inedificati erano abbondanti e i trasporti pubblici urbani di massa non erano ancora stati inventati. Così la “stazione Centrale” del Progetto Bossi sarebbe sorta a poco più di 500 metri dalla Piazza principale, dove si concentravano le più ricche attività di una città di 150.000 abitanti.

Nella figura 3 ottenuta, al solito, con l’ausilio dell’onnipresente Google Maps (che ringrazio) ho incollato vari edifici presenti e progettati la piantina del Fabbricato Viaggiatori nella posizione che il progetto le assegnava. Nella figura 5 (sotto) ho semplicemente colorato -per renderli visibili- i vari enti poi, reso trasparente il fondo bianco, ho incollato con un programma di grafica. Sole operazioni un ridimensionamento strettamente proporzionale -nessuna alterazione nelle dimensioni- per unificare le scale e la necessaria rotazione per far combaciare la posizione del Duomo, quella delle altre chiese e delle strade già presenti all’epoca. I fabbricati progettati e quelli della stazione provvisoria, ora scomparsi sono stati colorati “per memoria”.

Una lettura del Progetto

Il Progetto di Bossi consta di un testo che esplica la sua visione e motiva le scelte e di alcune tavole che illustrano la planimetria della zona e la sua visione in pianta, il Fabbricato Viaggiatori e i binari previsti. Per buona misura l’ingegnere presentava anche un progetto di minima 9 teso a mostrare che era possibile ottenere una stazione Centrale anche con una spesa in fin dei conti modesta.

E possiamo vederlo, questo Progetto. La Tavola 1 (ho unito due disegni e restaurato personalmente le illustrazioni originali) mostra l’andamento del terreno. Il lato più interessante è quello di destra dove si vede lo studio per attraversare la strada di circonvallazione, valicare il canale “Re de Fossi” e perforare le mura lasciandone intatta la sommità per il “passeggio”. La linea della livelletta, in salita verso sinistra, viene valutata dal Bossi in circa il 2 per mille. La Tavola 2 (anche questa è formata da due immagini unite e restaurate) ci fa vedere dove il progettista aveva intenzione di costruire il fabbricato viaggiatori e le tettoie usando anche

l’ampio spazio già disposto al necessario livello per la parte esterna alla città, ove resterebbero l’officina, le grandi rimesse, i magazzini del combustibile ecc., rende agevole la formazione della sede delle varie combinazioni di ruotaje dello diverse strade10.

Può essere di qualche utilità il raffronto con la figura 2 per una stima delle dimensioni. Il progetto-base allungava la strada ferrata Ferdinandea di alcune centinaia di metri verso occidente portandola, come abbiamo detto, entro le mura della città.

Provenendo da Treviglio la linea avrebbe prolungato la sua corsa oltre la stazione “provvisoria” di Porta Tosa; sfruttando la minore altitudine poteva passare sotto le mura dentro le quali sarebbe iniziato il piazzale interno; i binari si sarebbero accostati al Fabbricato Viaggiatori con una leggera salita. Questa pendenza presentava il vantaggio di aiutare la frenatura dei convogli in arrivo e l’abbrivio –in discesa- di quelli diretti fuori Milano. I binari terminavano non con dei tronchini ma con due piattaforme girevoli che permettevano di gestire anche le locomotive di testa e, lasciando le carrozze sul binario, portarle in coda al treno per una partenza in direzione opposta senza dover utilizzare una seconda locomotiva.

La costruzione della stazione all’interno delle mura avrebbe portato altri vantaggi (come in un moderno spot pubblicitario, l’ingegner Bossi degli svantaggi non parlava). Il primo vantaggio era la vicinanza di uno dei famosi canali di Milano (non ancora coperti) dove una apposita darsena avrebbe consentito l’interscambio fra i trasporti ferro-acqua. Poi la possibilità di edificare la Dogana Generale che Bossi vedeva dentro le mura spagnole, appoggiata al lato meridionale della futura stazione. L’occhiuta polizia asburgica avrebbe apprezzato questa piccola gentilezza. Perché aveva messo in chiaro che la Dogana doveva essere posta vicino alla stazione Centrale ovunque fosse sorta. E la Centrale di Bossi le aveva trovato spazio dentro le mura, negli orti di proprietà dell’Orfanotrofio. Guarda caso proprio come Cattaneo suggeriva anni ed anni prima (V. citazione cui nota 6)

Di interesse anche il passo che descrive le linee divergenti dalla stazione:

Da questa stazione si reca non solo direttamente a Treviglio ma piegando a sinistra, a mezzo di apposita strada di circonvallazione, il convoglio si accosterà alla attuale stazione di Porta Nuova; e dopo breve fermata onde ricevervi pure quei passeggieri, potrà rivolgersi verso Monza, o dilungarsi verso Sesto-Calende e Novara. Piegando invece a destra si dirigerebbe a Piacenza e Pavia11.

Si vedono più in dettaglio i tentativi di riorganizzare il traffico ferroviario di Milano secondo la “vecchia” idea di Cattaneo senza cedere alle forze economiche che volevano la stazione lontana dal centro “vero” della città.

L’ingegnere pensava anche al traffico su strada. C’era una sola strada (allora…) che

…si attraverserebbe in piano comune colle ruotaje non sarebbe che quella di circonvallazione tra Porta Tosa e Porta Orientale, non molto frequentata, e quindi facile a difendersi con opportune sbarre o cancelli ai momento dei passaggio delle locomotive”12.

Un problema salta subito all’occhio del Dirigente Movimento: “E le manovre?” Con la stazione sviluppata ai due lati delle mura, inevitabilmente il traffico dei materiali fra i due settori sarebbe andato a interferire con il traffico stradale.

Per la cronaca, la strada “non molto frequentata”, la Circonvallazione, oggi si chiama Viale Premuda con due ampi marciapiedi pedonali, 3+3 corsie di auto, 2 binari per i tram e una fila di grandiosi platani. Parallelo a viale Premuda, oggi, vi è anche Viale Bianca Maria.

La figura 8 e il testo illustrano il fabbricato viaggiatori nella sua forma architettonica. L’edificio doveva presentare una facciata di 100 metri e un fianco di 40. Attorno si sarebbero dovuti ricavare ampi spazi abbattendo le casupole esistenti e addirittura utilizzando il retro di un palazzo signorile.

Il fabbricato di Bossi non aveva nulla della monumentalità del progetto di Milani però ne manteneva lo stile neoclassico, prevedeva un corpo centrale segnato da un breve colonnato che sosteneva un “vestibolo” a proteggere i viaggiatori che scendevano o salivano nelle carrozze. Alle estremità destra e sinistra la facciata si trasformava in due “tempietti” con timpano triangolare a ricercare una somiglianza con i templi della Grecia classica. Anche nei fianchi proseguiva questa ricerca di classicismo negli edifici. Sembra quasi che l’idea milanese di Fabbricato Viaggiatori stesse prendendo una direzione ben precisa. La stazione di Porta Nuova e ancor più la stazione progettata da Milani per Porta Tosa erano tipici esempi di stile vagamente neoclassico con colonne accennate e timpani triangolari sul tetto. Quale differenza con la stazione “Vecchia Centrale” che sarà poi edificata con una linea francesizzante.

Il Piazzale Interno, che per i viaggiatori offriva due tettoie laterali ai fasci di binari, era sempre arricchito da colonne. In particolare, le tettoie sarebbero state sostenute da file di colonne piuttosto massicce ma che certo avrebbero offerto un’idea di densa, classica “gravitas”. Certo un edificio che avrebbe rappresentato un passo avanti nella riqualificazione di quell’area di Milano, all’epoca pittoresca nel suo “essere popolare” e caratterizzata dal Verzée, il mercato della verdura. E una riqualificazione avrebbe naturalmente portato un incremento del valore degli immobili e dei terreni.

Il Fabbricato Viaggiatori, di tre piani, presentava un piano terra dedicato ai servizi al pubblico, con le ormai classiche suddivisioni necessarie a ogni stazione ferroviaria:

1. Vestibolo carrozzabile.

2. Atrio con lucernario nel superiore cortiletto a terrazza.

3. Sala d’aspetto de’ primi posti.

4. Sala d’aspetto de’ secondi posti.

5. Sala d’aspetto de’ terzi posti.

6. Corritoje per gli ufficj.

7. Dispensa biglietti.

8. Ufficio bagagli.

9. Ritirate e cessi.

10. Scale alle cantine ed ai diversi piani superiori.

11. Portici conducenti a due distinte Tettoje a e b, lunghe metri 100 cadauna.

12. Piazza interna con due grandi piattaforme.

13. Portici l’uscita.

14. Due cortili con portici coperti da terrazze per tre lati.

Diciotto locali per ufficj diversi cioè Posta, Telegrafo, Polizia, Finanza, Ingegneri, Ispettori, ecc.

Sei locali per ristoratore.13

Come si legge, nulla di particolare se rapportato alla nostra odierna idea di stazione ferroviaria. I servizi di stazione (deposito delle locomotive, delle carrozze, del combustibile, le officine e così via) sarebbero stati posti più a est, fra il Fabbricato Viaggiatori e le mura della città. E addirittura “oltre” le mura. Dove già servivano la stazione provvisoria. Quella di Porta Tosa. Qui, però, come CiEsse, mi sono sentito un po’ snobbato. Sei locali per il Ristorante. E l’Ufficio Movimento? Nei 18 “locali per uffici diversi” non viene citato. Già da allora si vedeva che quelli importanti erano gli ingegneri e gli ispettori. O i baristi. Nella futura “Vecchia Centrale” invece, il progettista francese, l’ing. Louis-Jules Bouchot, l’ufficio del Capo Stazione lo aveva posto dove “deve” essere: presente, ben centralizzato e piuttosto lontano da Ristorante e Trattoria. Infatti poi quella stazione è stata smantellata.

I piani superiori, come in ogni stazione che si rispetti, dovevano essere utilizzati per uffici amministrativi e alloggi per il personale.

Andiamo a vedere la pianta della stazione dispiegata nella figura 9. E qui arrivano le obiezioni. Niente da dire sulle dimensioni del Fabbricato Viaggiatori; anche se non eccezionali (100 metri x 40) per una stazione di testa, sono piuttosto adeguate se pensiamo che la stessa Stazione Centrale del 1931 presenta un fronte di circa 200 metri.

Il Piazzale Interno è forse, con l’occhio del ferroviere, il punto più negativo del progetto. I binari che si prevedeva far passare sotto le mura erano tre e diventavano sei all’interno del piazzale. La pianta fornita da Bossi dice poco sulla suddivisione organizzativa. Si può pensare che uno dei tre binari di ingresso (quello più meridionale) si potesse dedicare alle merci dato che era prevista la costruzione della Dogana Generale su quel lato del piazzale. Ma è una mera ipotesi. Comunque sia, la pianta mostra che al fabbricato viaggiatori dovevano arrivare sei binari che terminavano su due grandi piattaforme.

Ebbene, sei binari, è stato scoperto dopo pochi anni, si sarebbero ben presto rivelati assolutamente insufficienti - perfino per una stazione “passante”, strutturalmente meno gravata da manovre - per gestire un traffico in continua ascesa. Non si può che parlare di scarsa preveggenza. I dati statistici internazionali degli ultimi quindici anni potevano tranquillamente fornire delle basi concrete per prevedere con una certa precisione le necessità imminenti. E, anche se ancora per quel 1856 la costruzione della linea proveniente da Bologna mostrava di procedere con fatica, si sapeva che sarebbe stata portata a termine. Tant’è vero che la già citata figura 5 mostra gli schizzi per un molto articolato sistema di bivi fra cui una linea proveniente da sud. Da Piacenza, appunto.

L’uso delle piattaforme terminali risale alle prime stazioni ferroviarie ed era già stata adottata dalla stazione di Porta Nuova. Lo possiamo vedere in questa stampa che ho copiato da “Annali universali di statistica” che, nel 1840, celebravano l’inaugurazione della Milano-Monza. Le “grandi piattaforme” certo avrebbero aiutato nella gestione dei materiali ma anche così almeno due binari (uno per ogni piattaforma) dovevano sempre essere mantenuti sgombri per permettere il passaggio di locomotive e carrozze durante la formazione dei treni e dopo l’arrivo. E riducendo, quindi, la capacità reale dell’impianto.

Poiché i servizi tecnici sarebbero rimasti oltre le mura e dalla facciata del F.V. alle mura ci sarebbero stati circa 500 metri; tolti 40 metri del F.V. e 100 metri di –previste- tettoie, resta da chiarire come si pensava di utilizzare i restanti 360 metri all’interno della cerchia dei Bastioni. Non è pensabile che proprio tutto il piazzale residuo fosse messo a disposizione della Dogana.

E ancora una volta riappare la mano di Cattaneo il quale già da tempo, combattendo l’iniziale proposta di Milani di una stazione presso il “Borgo dei Monforti” propugnava la stazione a Porta Tosa ma

Non abbiam però mai avuto la grottesca idea di farvi una stazione di 70 mila metri di superficie, colla fabrica delle machine e coi magazzini, ciò non. essendo necessario al mero servigio dei passaggieri, e dovendo più opportunamente rimanere fuori di città14.

E infatti l’ing. Bossi porta al centro di Milano “solo” il Fabbricato Viaggiatori e una parte dei servizi. Altri servizi che comprendevano l’officina per la costruzione di locomotive e le riparazioni, le grandi rimesse, i depositi e scaldatoi di acqua e carburante dovevano restare nella vecchia stazione “provvisoria”.

La stima dei costi (di cui vi risparmio i dettagli), l’ingegner Bossi giungeva alla conclusione che l’importo complessivo sarebbe stato di 4.180.000 Lire dell’epoca. Il 10% circa della somma doveva servire per la costruzione della Darsena di interscambio acqua/rotaia. Ma non presentava - pur riconoscendone la necessità - un prospetto dei costi di urbanizzazione a carico del Comune. Il “Progetto II” o, come diremmo oggi, il Piano “B”, presentava un fabbricato viaggiatori di dimensioni ridotte e i binari venivano dimezzati. La spesa veniva preventivata a circa 2.500.000 Lire.

Qualche considerazione

Per prima cosa una critica (facile, a posteriori...). Il progetto Bossi mostra una stazione “Centrale” - troppo “centrale” e troppo piccola anche nel progetto maggiore dato che doveva essere vista come punto di partenza da questa Città di tutte le Ferrovie Lombardo-Venete, e specialmente della. I. R. Strada ferrata da Milano a Venezia15.

Se l’idea iniziale è da attribuire a Cattaneo, bisogna anche ricordare che nel frattempo erano passati esattamente vent’anni e nuovi progetti e nuove linee erano in via di approntamento. L’esperienza italiana e internazionale permetteva di apprezzare la quantità di traffico che si sarebbe generata in breve tempo e che si sarebbe quindi riversata nel mezzo della città. E ricordiamoci che Bossi aveva addirittura previsto un “Piano B” per una stazione con soli tre binari.

Come seconda considerazione, all’ingegnere possiamo imputare una “strana” propensione a far entrare i treni in città. E -paradossalmente- appoggiando una causa che si batteva per una buona aria a favore dei cittadini e la conservazione del verde per il “passeggio”.

Negletta la difesa delle ricchezze architettoniche. La costruzione della “Vecchia Centrale” portò alla prima irreparabile lesione del Lazzaretto decretandone l’impossibilità di successivo mantenimento. La Società che costruì la “Vecchia Centrale” la voleva dove in seguito fu costruita; nei pressi dell’attuale Piazza Repubblica. Le resistenze nascoste dietro le motivazioni suddette, erano –mi sembra ovvio- di natura economica. Portare qualche treno (allora erano pochi) proprio in centro non poteva che essere di ottimo vantaggio alle attività produttive già ben avviate. E queste difendevano il loro “diritto” a esistere e prosperare. La prova si ebbe dopo la costruzione della “Vecchia Centrale”; gli alberghi migliori e le migliori attività si spostarono nei pressi della nuova stazione. Ai cittadini venne tolto uno spazio di “passeggio”, videro distrutta una parte degli storici fabbricati del Lazzaretto ma non ebbero gli sbuffanti, fumiganti e rumorosi treni a 500 metri dal Duomo!

Mentre dal punto di vista architettonico la nuova Stazione Centrale avrebbe avuto un importante e benefico impatto sull’area (e qui possiamo dire che Cattaneo già nel 1836 era stato lungimirante) sotto l’aspetto del traffico stradale e ferroviario non avrebbe potuto che scomparire in breve tempo soffocata in pochi anni dall’evoluzione della città. Tanto più che prevedeva quel poligono di binari a est della strada di circonvallazione che vediamo schematizzato nella già citata figura 5. Un uso ferroviario troppo esteso in un contesto che sarebbe stato rapidamente urbanizzato. Perfino la Centrale del 1864, all’epoca considerata – a torto o a ragione - una delle più grandi d’Europa, dovette soccombere alla tentacolare espansione di Milano.

Note

  1. F. Sanseverino, Apertura del tronco della strada ferrata Ferdinandea da Milano a Treviglio, in "Annali universali di statistica economia pubblica, geografia, storia, viaggi e commercio", febbraio 1846, serie 2, volume 7, pag. 221.
  2. Per esempio, la redazione del Giornale dell’Ingegnere aggiunge allo stesso fascicolo di giugno 1857 l’Appendice intitolata “Il collocamento di una nuova stazione centrale delle strade ferrate in Milano” per dichiararsi contraria alla costruzione della Stazione Centrale dove poi sorgerà. Le motivazioni addotte dalla Redazione sono di ordine ecologico e si premurava di “condannare lo sconcio da quel progetto al luogo più ameno della città, al solo luogo predisposto dalla natura, dall’arte, dal costume al convegno quotidiano dei cittadini”.
  3. G.B. Bossi, Progetto di una stazione centrale in Milano per le I. R. Ferrovie d’Italia. Memoria dell’ing. in capo G.B.Bossi, in “Giornale dell’ingegnere, architetto ed agronomo”, agosto 1856, volume 4, pag. 37. Il testo completo è facilmente reperibile in Wikisource: Progetto_di_una_Stazione_Centrale_in_Milano
  4. Redazione, Il collocamento di una nuova stazione centrale delle strade ferrate in Milano, in “Giornale dell’Ingegnere, Architetto ed Agronomo”, agosto 1857, volume 4, Appendice.
  5. F. Sanseverino, Apertura del tronco della strada ferrata Ferdinandea da Milano a Treviglio, cit., nota 1, pag. 223-224.
  6. C. Cattaneo, in "Il Politecnico", volume 4, fascicolo XXII, Milano, 1841, pag. 396.
  7. Bossi nel 1856 non era proprio agli esordi. Il lavoro nella tratta Milano-Treviglio gli era stato affidato da Milani già nel 1840. Oltre a quanto lui stesso racconta di sé, vediamo come Cattaneo, a pag. 357 del citato articolo del Politecnico, già nel 1841, ricordi che: ”Quel passaggio ch’egli (l’ing. G. Milani - N.d.A.), colle sue boriose e assurde passeggiate, non potè trovare lungo il lago di Garda nel 1837, fu ben trovato dall’ingegnere Bossi nel 1841, coll’enorme abbreviamento d’undicimila metri di cammino, e coll’acquisto della immediata vicinanza d’un lago che vale una buona città”.
  8. Ibidem.
  9. Non parleremo in dettaglio, in questa sede, del progetto minore in quanto ininfluente nell’intera operazione. Una sintetica descrizione, comunque, è reperibile nel testo inserito in Wikisource.
  10. G.B. Bossi, Progetto di una stazione centrale in Milano per le I. R. Ferrovie d’Italia. Memoria dell’ing. in capo G.B.Bossi, cit., pag. 38
  11. Ibidem, pag. 38.
  12. Ibidem, pag. 39.
  13. Ibidem, pagg. 39-40.
  14. C. Cattaneo, in Il Politecnico, cit., pag. 396.
  15. G.B. Bossi, Progetto di una stazione centrale in Milano per le I. R. Ferrovie d’Italia. Memoria dell’ing. in capo G.B.Bossi, cit., pag. 36