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Invito a Lesbia Cidonia ed altre poesie/Dio arbitro delle stagioni

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Dio arbitro delle stagioni

../Benedic, anima mea. Domino: Domine Deus meus ../Jesus dulcis memoria IncludiIntestazione 6 marzo 2013 100% Letteratura

Benedic, anima mea. Domino: Domine Deus meus Jesus dulcis memoria

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DIO ARBITRO DELLE STAGIONI.


Disse l’empio in suo cor: E quale ha Dio
Pensier del basso mondo, ei che beato
Sovra del Ciel de’ Cieli abita e regna?
Se tuona, se lampeggia, ah! non cred’io
5Che sia per lui; nè dal suo braccio irato
Il fulmine sen vegna.
Se lieta vigna e bella
Cade al furor d’orribile procella,
Spinto da legge di natura, il vento
10Di natura inconcussa in suo tenore,
Ohimè! dell’aratore
Mille speranze in un sol giorno ha spento.
Forza è di lei, se l’ostinato cielo
Con immensi dìluvii a’ campi nuoce,
15O se l’acuto gelo,
O il sol funesto ne trafigge e cuoce.
E chi se’ tu? chi sei? ch’arbitro e donno
In faccia dell’Altissimo ti levi:
E l’imperio del mondo a lui dividi?
20Sei forse tu, senza di cui non ponno
Correre i mesi, o i dì lunghi nè brevi;
O i lor confin decidi?
Se’ tu colui che fuora
Trasse dall’onde la leggiadra aurora,
25E d’aurato color pinse il mattino?
Dimmi, chi pose in ciel quell’ignea lampa,
Che tutti i giorni avvampa,
E qual gigante esulta in suo cammino?
Vedesti della neve in su le sfere,
30E i tesor della grandine profondi?
T’arma del tuo sapere:
Alle domande, dove puoi, rispondi.
Chi della pioggia e il padre, o chi compose
Della rugiada le ritonde stille?
35O da qual parte uscì l’acuto gelo?
Qual petra indura il liquido elemento,
E i grandinosi colpi a mille a mille
Scaglia il turbato cielo?
Il mar s’agghiaccia e stringe.
40E dove nave andò, carro si spinge.
Dimmi: potrai tu unir Plejadi nove,
Nell’azzurro del cielo immenso piano:

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O dissipar con mano
L’Orsa che del mar lungi il cerchio move?
45Alzerai tu la voce in mezzo a un nembo,
Imperiosa si che t’oda e sciolga
Il pregnante suo grembo,
O in un diluvio d’acqua ti ravvolga?
Chi fu che d’Euro collocò la sede
50In Orïente, e il Noto nebuloso
Nella casa d’Antartico rinchiuse?
Chi l’ali diede all’Aquilon sonanti;
E ’l mugghio e l’unghie, il rovere frondoso
E ’l Cerro, a sterpar use?
55Orribil s’ode e forte
Dai gelati venir regni di Norte.
Allor che in cielo insorta aspra tenzone
Fra i quattro venti, ei tutta notte corse
Colla vittoria in forse:
60Il Zefiro coll’Austro al fin depone
L’armi, nè impero alcun quel di s’arroga:
Cede dal campo: ei dichiarato resta
Signor dell’aria, e sfoga
Sua letizia brulal nella foresta.
65Fu quel Signor, che con un fischio il trasse
Ad asciugar, dopo il diluvio, intorno
L’acque sopra la Terra alto stagnanti.
Dentro le fosche sue caverne basse.
Violento ei facea lungo soggiorno,
70Colle brame anelanti
Fervido inequieto:
Ma temeva in uscir l’alto Decreto;
Onde dal volto del Signor fuggio
Rilegato in prigion per molte lune;
75Quando immense lagune
Versò dal Cielo l’irritato Dio
L’arida allor, dal liquido elemento
Cinta di nuovo, ond’era uscita pria,
Per divin pentimento,
80Temè al nulla tornar per simil via.
Perchè tu dici, che ozïoso e lento,
Fra i cardini del Cielo, Iddio passeggia,
Ad un indocil cuor grata sentenza.
Il tuo pensier sarà forse argomento,
85Che operi, o cessi, e da te pender deggia
L’eterna Provvidenza?
Cultor d’antiche fole,
Poichè non credi al suon di sue parole,
E che Dio parli all’uomo ardito nieghi;
90Mira natante in un diluvio il mondo,
Pel rio costume immondo:

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E il gran successo il cor superbo pieghi.
Quel che un di fece, or far chi gli divieta;
Contro i rei volger gli elementi in guerra;
95Far l’aria oscura o lieta,
E di sua mano moderar la Terra?
Il contradir che giova, o gridar fola
Contro l’antiche istorie delle genti
Che ricordan di Dio l’alte vendette?
100Poichè più lingue partorì una sola,
Del gran periglio ovunque infra i viventi
Salda memoria stette.
Dai padri nei nepoti
I trasporti di Dio si fecer noti.
105Finchè taluno li descrisse in carte,
Il sa l’Egitto, che per mille guise
Il triste evento incise.
Tutto simboleggiando a parte a parte.
La Grecia il sa, che così chiaro attinse
110Da quella patria sua l’orribil vero;
Che poscia lo dipinse
E il disse al Lazio per gran parte intero.
Dio le stagion governa. Egli è che il freno
Allenta e stringe, e all’aria muta il volto;
115E offusca e sgombra a suo piacere il mondo.
Quindi la Terra empie di frutti il seno,
Se il germe uman. Dio venerato e colto,
Vuol far lieto e giocondo.
Ei, quando il popol fido
120Degli alti suoi comandi udiva il grido,
Fece fiorir gli incolti aspri deserti,
E di frumento ridondar le valli;
E i dirupati calli
Esultar quasi solchi a mèsse aperti.
125Ma se Israel le brame sue deluse,
E a pregar altro nume aprì le labbia;
E il ciel qual bronzo chiuse.
E il suol ridusse quasi incolta sabbia.
E sin quando, Signor, la tua giust’ira
130Si grave sopra noi terrà la fame?
E quando un anno rivedrem felice?
Ecco per tuo voler che si sospira:
Ecco umiliate a te le genti grame,
Sotto la mano ultrice.
135T’armò nostra baldanza;
Ma tua pietade il fallir nostro avanza.
Odi i lunghi singulti, e mira i visi
Smunti de’ poverelli, a te si cari.
Mira, di pianti amari
140Prender gemendo i scarsi cibi intrisi.

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Gli occhi di tutti a te, Signor, son vòlti:
Poichè tu sol fecondi anni e stagioni;
E i famelici ascolti,
E opportuno alimento imparti e doni.
145Canzon, fuggi i discorsi e i sensi nuovi
Di chi, superbo in suo saper, delira;
E contro il Re del Cielo audacia spira.
Ma, se per sorte trovi
Drappel di genti pie, che al tempio vanno,
150Ad implorar da Dio prospero l’anno,
Con esse il cammin prendi;
E co’ tuoi fogli il sagrifizio accendi.