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Io son quel misero ingrato

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Lorenzo de' Medici

XV secolo Indice:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu Letteratura Io son quel misero ingrato Intestazione 26 ottobre 2023 100% Da definire

Vieni a me, peccatore O peccator, io sono Iddio eterno


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viii

Cantasi come la canzona delle Cicale.          


     Io son quel misero ingrato
peccator, c’ho tanto errato.
     Io son quel prodigo figlio,
che ritorno al padre mio:
stato sono in gran periglio
esulando da te, Dio:
ma tu se’ sí dolce e pio,
che non guardi al mio peccato.
     Io son quella pecorella,
che ’l pastor suo ha smarrito:
tu, pastor, lasci per quella
tutto il gregge, e m’hai seguíto;
o amor dolce, infinito,
perduto ero; or m’hai sanato.
     Lasso, omè, sopra una nave
me e mie ricchezze porto:
la fortuna acerba e grave
ha le merce e ’l legno assorto:
una tavola ora in porto
il naufrago ha portato.
     Ero sano, puro e bello,
fui ferito a mezzo il petto:
grave doglia tal coltello
diemmi, e di morir sospetto:
ma tu, medico perfetto,
questo colpo hai ben sanato.
     L’alma pura innamorata
di te, Dio, suo padre e sposo,
poi, dal diavolo accecata,
ha ucciso il suo amoroso:
non può mai trovar riposo:
questo è, misero, il suo stato.

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     Perché da te vien, si posa
solo in te, e sua pace trova:
e però niun’altra cosa
a quest’alma afflitta giova;
ma convien sempre si muova,
finché te, Dio, ha trovato.
     Allor porto ha nostra vita,
quando a te ritorno, o Dio.
Sana la mortal ferita,
truova ’l sposo dolce e pio.
E ’l padre ha il suo figlio rio,
e ’l pastor l’agna ha trovato.
     Il tuo Verbo ha liquefatto
la durezza della mente:
dal tuo spirto un vento è tratto,
che di pianto fa torrente:
mieterò poi lietamente
quel che in pianto ho seminato.
     O ammirabil Dio santo,
come in me operi e fai?
ché mi piace pianger tanto,
che altro non vorrei far mai!
O dolor dolce, che m’hai
con Gesú dolce legato!
     Oh dolcissima catena,
che m’ha Dio al collo messo!
Oh dolcezza immensa e piena,
che a chi l’ama ha Dio concesso!
Non dá Dio tal grazia spesso;
e chi l’ha non ne sia ingrato.
     Quasi in un specchio ora veggio,
e tu fai che sí mi piaccia:
quel che qui sogno e vaneggio,
di dolcezza par mi sfaccia;
or che fia, a faccia a faccia
quand’io ti vedrò beato?

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     In questo è il cor mortale,
finché torna onde par esca:
dágli, Dio, di colomba ale,
sí ch’e’ voli e requiesca:
tu se’, Dio, quella dolce ésca,
che ’l disio santo ha saziato.