Istoria delle guerre gottiche/Libro primo/Capo XIII

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CAPO XIII.

Toringii e Burgundioni debellati dai Franchi. Amalarico passato a nozze colla sorella del costoro monarca appaciasi con Atalarico. Cade spento dai Franchi in una battaglia. - Accordi fatti con questi da Teodato, ed orazione di Vitige ai suoi per riportarne il consentimento loro. — Dopo la quale egli strigne lega coi re dei Franchi.

I. Morto Teuderico i Franchi pienamente liberi di oppositori, portan le armi contro i Toringii, ed uccisone re Ermenefrido riduconsi ligie tutte quelle genti. La reale consorte allora fuggendo co’ figliuoli riparò alla corte di suo fratello Teodato monarca de’ Gotti. Poscia i Germani assaliti gli avanzi de’ Burgundioni e vintili, rinchiusero il re in un forte della regione e vel custodirono; ridottine di più i sudditi in poter loro obbligaronli a militar seco nel tempo avvenire, come [p. 71 modifica]portava la condizione dei vinti in guerra, e fecersi tributarj tutti i luoghi per lo innanzi dal nemico abitati. Ora il capo dei Visigoti Amalarico cresciuto negli anni si congiunse in matrimonio, temendo la potenza dei Germani, con la sorella di Teudeberto re loro, e nel dividere la Gallia coi Gotti e col suo consobrino Atalarico diedene ai primi tutta la parte di qua dal Rodano, e lasciò che i Visigotti godessersi quanto eravene di là dal fiume. Ebbevi patto eziandio tra essi che più non si pagherebbe ai Gotti il tributo posto da Teuderico; oltre di che il tesoro da costui tolto alla città di Carcassona per ordine di Atalarico fu restituito in buona fede al Visigotto. E siccome questi due popoli contratto aveane parentele co’ matrimonj, così egli permise a chiunque ammogliato si fosse con femmina dell’altra nazione o di trasferirsi nel costei paese, o di condurla tra sua gente, il perchè se molti di propria elezione menarono le donne seco, pur molti passarono ad abitare le patrie di esse. Amalarico poscia fu pagato con usura dal fratello di sua moglie delle ingiurie a lei fatte, imperciocchè professando egli le dottrine d’Ario non solo proibiva alla consorte cresciuta nei veri dommi di rimanervi fedele e di conservare nel divin culto i patrii instituti, ma per cumulo, vedendola ferma nell’opporsi ai riti dell’ariana setta, trattavala indegnamente: la regina adunque più non potendo tollerare siffatti modi appalesò il tutto al fratello. Suscitatasi pertanto la guerra tra Germani e Visigotti, e venuti ad una ostinatissima battaglia, Amalarico da ultimo vi rimase vinto con orribile strage de’ suoi ed ucciso. Teudeberto allora si ripigliò [p. 72 modifica]la sorella con tutte le dotali ricchezze, ed unì al suo regno la parte della Gallia toccata ai Visigotti. Quanti poi camparono dalla strage, partiti con le mogli e la prole di colà rifuggirono sul tenere spagnuolo presso Teudi sin da quei giorni manifesto tiranno. Di questa guisa la Gallia fu signoreggiata dai Gotti e dai Germani.

II. Terminate le antedette faccende Teodato re dei Gotti all’udire la venuta di Belisario nella Sicilia patteggia co’ Germani che ove i capi loro muovano in suo aiuto nella presente guerra verranno da lui guiderdonati con tutta la parte della Gallia compresa nella sua monarchia, e con due mila aurei; ma egli compiè la mortale carriera prima di condurre a fine gli accordi; ed ecco il perchè un gran numero di valorosissimi Gotti capitanati da Marcia eran di presidio in quelle parti. Nè Vitige potevali senza tema di là richiamare, nè li tenea pari in forze ai Franchi, i quali avrebbero corso a non dubitarne la Gallia e l’Italia ov’egli fosse partito con tutte le truppe alla volta di Roma. Invitati adunque a concione quanti eranvi principalissimi de’ Gotti, fece loro il seguente discorso: «Qui v’ho raccolti, o miei connazionali, per darvi alcuni avvisi poco in vero giocondi, ma necessarj; i quali bramerei che fossero pacatamente da voi ascoltati acciocchè possiamo quindi pigliare quelle provvidenze che voglionsi dagli imminenti disastri. Per verità quando le imprese tradiscono i nostri desiderj cercheremmo invano trarci dal presente stato non cedendo alla necessità e al destino. Egli è fuor di dubbio che tutte le cose necessarie alla guerra siensi da noi [p. 73 modifica]ottimamente approntate, ma temiamo de’ Franchi nostri antichi nemici, ai quali resistemmo fin qui, sebbene con assai grave sagrifizio di gente e danaro, perchè non avevamo intanto un secondo avversario a combattere. Ma in oggi, costretti a rivolgere le armi altrove, prudenza vuole che ci rappattumiamo con essi; altrimenti e’ perseverando nell’inimicarci unirebbero per certo a danni nostri lor genti alle romane, dettando natura a coloro i quali hanno comune il nemico di stare tra sè congiunti in amicizia e confederati. Che se noi assaltiamo alla spartita ambedue gli eserciti non potremo a meno di soggiacere da quinci e da quindi a gravi sciagure. Egli è più dicevol cosa adunque serbare con lieve sagrifizio la massima parte del regno, che non il ridurci per la brama di nulla perdere ad essere dal nemico spogliati e della vita e d’ogni nostra signoria. Del resto io sono d’avviso che i Germani deporranno l’odio loro contro di noi e farannosi eziandio nostri compagni in questa guerra, ove li mettiamo al possesso della confinante Gallia e con lei di tutto il danaro di che aveano da Teodato promessa. Nè alcuno di voi prenda a fantasticare il come, riuscendo a buon fine l’impresa, giugneremo a ricuperare il suolo ceduto; vi basti rammemorare l’antico dettato, il quale insegna a ben provvedere prima di tutto alle cose presenti.»

III. Gli ottimati de’ Gotti posto orecchio al reale divisamento, e giudicatolo opportuno alle faccende loro, consentirono che si mandasse ad effetto. Spedisconsi a rotta pertanto ambasciatori ai Franchi coll’ordine di [p. 74 modifica]strignervi lega mettendoli al possesso della Gallia e del prefato danaro. Erano di que’ tempi regi dei Franchi Childeberto, Teudeberto e Clotario, i quali partironsi concordi giusta i reali possedimenti di ciascheduno la gallica regione e il danaro, promettendo in pari tempo ai Gotti amicizia somma ed occulti aiuti, non della gente dei Franchi, ma scelti dalle altre nazioni loro suggette; imperciocchè non potevano confederarsi apertamente contro i Romani, avendo poco prima dato parola all’imperatore di soccorrerlo in questa guerra. Gli ambasciatori, compiuto lo scopo della mandata loro, tornano a Ravenna, e Vitige fatto consapevole della pace stabilita co’ Franchi richiamò alla fin fine Marcia colle truppe da lui capitanate.

Note