Istoria delle guerre gottiche/Libro terzo/Capo XXIII

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CAPO XXIII.

Marciano ricupera Spoleto all’imperatore. — Belisario in Roma. — Giovanni occupa e munisce Taranto. — Totila, in possesso dell’Acherontide, calca la via di Ravenna.

I. Ora il bizantino Marciano, altri dei tanti che espugnata Roma sottrassersi unitamente a Conone colla [p. 362 modifica]fuga, presentatosi a Belisario chiedegli la permissione di un simulato disertare al nemico promettendone grandi vantaggi ai Romani, ed esaudito sen parte. Re Totila provò compita gioia per tale acquisto, avendo spesso udito e veduto il giovinetto valentissimo nei tenzoni da corpo a corpo; e possedendone due figli e la donna tra’ prigionieri accordògli di subito l’ultima ed uno de’ fanciulli, ritenendo il secondo in istatico; poscia con altri militi diressero a Spoleto dove nell’epoca in cui i Gotti eranne addivenuti padroni, abbandonata loro da Erodiano, aveano gittato a terra le mura, diligentemente chiuso tutti gli aditi dell’anfiteatro (cosi chiamano il luogo delle urbane cacce) postovi di contro e messovi a guardia nei dintorni un presidio, mescolanza di Gotti e disertori. Marciano quivi giunto persuade a taluno de’ suoi commilitoni di assisterlo nell’arduo cimento di aprirsi un varco al campo romano. Manda similmente di ascoso al duce delle milizie in Perugia manifestandogli la ordita trama, ed istigandolo ad inviar senza indugio truppe alla volta di Spoleto. Di que’ di poi comandavane il presidio l’unno Oldogendo successore di Cipriano ucciso insidiosamente, come ho già narrato, da una sua lancia. Questi v’aderì, e l’altro saputane la mossa con soldatesca, assistito da soli quindici guerrieri (tanti e non più indotti aveane a parteggiar seco), uccide all’istante Oldogendo, e spalancate le porte accoglie que’ di Perugia, i quali, spenta la maggior parte de’ nemici, trascinarono i fatti mancipj a Belisario.

II. Il condottiero di poi, bramando visitar Roma [p. 363 modifica]per osservarne co’ propri occhi il deplorabile stato, marciò con mille eletti guerrieri a quella volta. Se non che un cittadino di lei venuto subito ai barbari a campo in Algido vi annunziava l’imminente arrivo dell’esercito imperiale; e queglino di colta posti agguati intorno alle mura di lei, non appena avvicinatovisi il nemico saltaron fuori; ma dopo ostinatissima tenzone furono sconfitti e perduta molta gente retrocedettero a Porto. Non altrimenti da qui procedevano le cose.

III. Taranto è calabrese città marittima quasi a due giornate da Idrunte, e sulla strada che mette ai Turii1 ed a Reggio. Per invito dei Tarantini Giovanni vi si trasferì con poca scorta lasciando il nerbo delle sue truppe là donde si partiva. Ma vedutane appena la vastità e la totale mancanza delle mura giudicò impossibile guarentirla ovunque. Il perchè osservatovi dalla banda aquilonare un angustissimo luogo, a’ cui lati il Mediterraneo formava seno, ov’è il porto Tarantino, e nel suo mezzo l’istmo non maggiore di venti stadj, pose mano alla seguente opera. Staccò parte dell’istmo dalla città e cinsela di muro e di fosso dall’uno all’altro lato del mare; fattivi quindi passare tutti gli abitatori senza distinzione, la munì di forte presidio, mercè di che rassicurati i Calabri diedersi a cercar mezzo di scuotere il gottico giogo; e di ciò basti. Re Totila occupato nella Lucania un fortissimo castello vicino [p. 364 modifica]della Calabria, nomato dai Romani Acherontide, e guernitolo con quattrocento se non più guerrieri determinossi a pigliare colla rimanente soldatesca la via di Ravenna, affidando la Campania ai pochi barbari destinati per lo innanzi alla custodia de’ romani senatori ivi in bando.

Note

  1. La costoro città, ora distrutta, in Calabria fu edificata da Filottete, dove ora è Torre Brodogneto, e Sibari rovinata.