Istorie fiorentine/Libro primo/Capitolo 12

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Libro primo

Capitolo 12

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Era intanto morto Carlo imperadore, al quale successe Lodovico suo figliuolo; dopo la morte del quale nacquero intra i suoi figliuoli tante differenzie che, al tempo de’ nipoti suoi, fu tolto alla casa di Francia lo imperio, e ridutto nella Magna; e chiamossi il primo imperadore tedesco Ainulfo. Né solamente la famiglia de’ Carli, per le sue discordie, perdé lo imperio, ma ancora il regno di Italia; perché i Lombardi ripresono le forze, e offendevono il papa e i Romani; tanto che il pontefice, non vedendo a chi si rifuggire, creò, per necessità, re di Italia Berengario, duca nel Friuoli. Questi accidenti dettono animo agli Unni, che si trovavano in Pannonia, di assaltare la Italia; e venuti alle mani con Berengario, furono forzati tornarsi in Pannonia, o vero in Ungheria, ché così quella provincia, da loro, si nominava. Romano era in questi tempi imperadore in Grecia, il quale aveva tolto lo imperio a Gostantino, sendo prefetto della sua armata. E perché se gli era in tale novitate, ribellata la Puglia e la Calavria, che allo imperio suo, come di sopra dicemmo, ubbidivano, sdegnato per tale rebellione, permesse a’ Saraceni che passassero in que’ luoghi; i quali, venuti, e prese quelle provincie, tentorono di espugnare Roma. Ma i Romani, perché Berengario era occupato in defendersi dagli Unni, feciono loro capitano Alberigo duca di Toscana, e mediante la virtù di quello, salvorono Roma da’ Saraceni. I quali, partiti da quello assedio, feciono una rocca sopra il monte Galgano, e di quivi signoreggiavano la Puglia e la Calavria, e il resto di Italia battevono. E così veniva la Italia, in questi tempi, ad essere maravigliosamente afflitta, sendo combattuta di verso l’Alpi dagli Unni e di verso Napoli da’ Saraceni. Stette la Italia in questi travagli molti anni, e sotto tre Berengari, che successono l’uno all’altro; nel qual tempo il papa e la Chiesa era ad ogni ora perturbata, non avendo dove ricorrere, per la disunione de’ principi occidentali e per la impotenzia degli orientali. La città di Genova e tutte le sue riviere furono, in questi tempi, da’ Saraceni disfatte, donde ne nacque la grandezza della città di Pisa, nella quale assai popoli, cacciati della patria sua, ricorsono. Le quali cose seguirono negli anni della cristiana religione 931. Ma, fatto imperadore Ottone, figliuolo di Errico e di Mattelda, duca di Sassonia, uomo prudente e di grande reputazione, Agabito papa si volse a pregarlo venisse in Italia, a trarla di sotto alla tirannide de’ Berengari.