Istorie fiorentine/Libro secondo/Capitolo 15

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Libro secondo

Capitolo 15

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Posate le armi, rimase l’una e l’altra parte piena di sospetto, e ciascuna con torri e con armi si fortificava; e il popolo riordinò il governo, ristringendo quello in minore numero, mosso dallo essere stati quelli Signori favorevoli a’ nobili: del quale rimaseno principi Mancini, Magalotti, Altoviti, Peruzzi e Cerretani. Fermato lo stato, per maggiore magnificenzia e più sicurtà de’ Signori, l’anno 1298, fondorono il palagio loro; e feciongli piazza delle case che furono già degli Uberti. Comincioronsi ancora in quel medesimo tempo le publiche prigioni; i quali edifici in termine di pochi anni si fornirono. Né mai fu la città nostra in maggiore e più felice stato che in questi tempi, sendo di uomini, di ricchezze e di riputazione ripiena: i cittadini atti alle armi a trentamila, e quelli del suo contado a settantamila aggiugnevano; tutta la Toscana, parte come subietta, parte come amica, le ubbidiva; e benché intra i nobili e il popolo fusse alcuna indignazione e sospetto, non di meno non facevano alcuno maligno effetto, ma unitamente e in pace ciascuno si viveva. La quale pace, se dalle nuove inimicizie dentro non fusse stata turbata, di quelle di fuora non poteva dubitare; perché era la città in termine che la non temeva più lo Imperio né i suoi fuori usciti, e a tutti gli stati di Italia arebbe potuto con le sue forze rispondere. Quello male per tanto che dalle forze di fuora non gli poteva essere fatto, quelle di dentro gli feciono.