Istorie fiorentine/Libro terzo/Capitolo 4

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Libro terzo

Capitolo 4

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Per tanto, trovandosi Uguccione de’ Ricci de’ Signori, volle por fine a quel male di che egli e gli altri suoi erano stati principio, e con nuova legge provide che a’ sei capitani di parte tre si aggiugnessero, de’ quali ne fussero duoi de’ minori artefici; e volle che i chiariti ghibellini avessero ad essere da ventiquattro cittadini guelfi a ciò deputati confermati. Questo provedimento temperò per allora in buona parte la potenza de’ Capitani; di modo che lo ammunire in maggiore parte mancò, e se pure ne ammunivano alcuni, erano pochi. Non di meno le sette di Albizzi e Ricci vegghiavano; e leghe, imprese, deliberazioni l’una per odio dell’altra disfavorivano. Vissesi adunque con simili travagli da il 1366 al ’71, nel qual tempo la setta de’ Guelfi riprese le forze. Era nella famiglia de’ Buondelmonti uno cavaliere chiamato messer Benchi, il quale, per i suoi meriti in una guerra contro ai Pisani, era stato fatto popolano, e per questo era a potere essere de’ Signori abile diventato; e quando egli aspettava di sedere in quel magistrato, si fece una legge, che niuno Grande fatto popolano lo potesse esercitare. Questo fatto offese assai messer Benchi, e accozzatosi con Piero degli Albizzi, deliberorono con lo ammunire battere i minori popolani e rimanere soli nel governo. E per il favore che messer Benchi aveva con la antica nobilità, e per quello che Piero aveva con la maggiore parte de’ popolani potenti, feciono ripigliare le forze alla setta de’ Guelfi, e con nuove riforme fatte nella Parte ordinorono in modo la cosa che potevono de’ Capitani e de’ ventiquattro cittadini a loro modo disporre. Donde che si ritornò ad ammunire con più audacia che prima; e la casa degli Albizzi, come capo di questa setta, sempre cresceva. Da l’altro canto, i Ricci non mancavano di impedire con gli amici, in quanto potevano, i disegni loro; tanto che si viveva in sospetto grandissimo, e temevasi per ciascuno ogni rovina.