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3.1.1 Perchè produrre free software? E perchè usarlo?

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3.0 Libertà di creare, libertà di distribuire - 3.1 Free Software 3.0 Libertà di creare, libertà di distribuire - 3.1.2 Problemi e vantaggi del software libero

Promuovere l’utilizzo dei sistemi disponibili nella filosofia e nel modello open source vuol dire praticare una forma di consumo critico e responsabile. Significa infatti affermare il rifiuto dei monopoli e della sudditanza nei confronti delle grandi multinazionali che ci considerano degli utenti-merce. Ma vuol anche dire promuovere l’alfabetizzazione informatica, per una più equa distribuzione delle risorse (in termini di sapere, informazione, competenze, strumenti), contro un accesso riservato alla tecnologia, non alla portata di tutti.
(Nicola Furini, da "Libero come un software")

Piccoli gesti quotidiani

Le motivazioni che spingono un programmatore a sviluppare un software libero, o a collaborare al miglioramento di uno già esistente, sono principalmente etiche, esattamente come le ragioni di un utente cosciente. Per utente cosciente si intende una persona che, dopo essersi documentata, decide di usare un free software, lo cerca, lo compra o lo scarica, ed infine lo installa (e non, quindi, tutti quegli utenti che ne fanno uso senza saperlo). Chi, di fronte alla comodità di un software proprietario già fornito con l’acquisto di un pc, preferisce usare parte del proprio tempo per cercare, scaricare, installare e imparare ad usare un software libero, lo fa perchè è fermamente convinto che nuovi modelli economici e di pensiero siano realmente possibili, e perchè nel suo piccolo ha voglia di dare una mano a cambiare il mondo che lo circonda, partendo proprio da un gesto che ai più appare inutile: accendere il proprio pc e -ad esempio- scrivere un testo con il text editor di OpenOffice piuttosto che con Microsoft Word, oppure navigare in Internet con Mozilla Firefox invece che con Internet Explorer, o ancora guardare un film in dvd utilizzando VLC Media Player e non Windows Media Player.

Ragioni etiche e ragioni economiche

Le ragioni etiche fanno capo a tutta una ideologia, riconducibile alla cosiddetta etica o filosofia hacker, che vede il programma come informazione, come conoscenza, e come tale deve essere libero di circolare, sempre, e accessibile a tutti. Ci sono anche ragioni pratiche, di tipo economico, ovviamente.
Molti si chiedono, ragionevolmente, come si possa vivere producendo e/o distribuendo software liberi. E’ un modello economico sostenibile nella pratica?
Esiste una serie di servizi legati al software libero, fonte di ingressi economici per i programmatori.
Primo fra tutti, l’assistenza: un programmatore crea e distribuisce un software gratuitamente, dopodiché resta a disposizione come consulente per la risoluzione di problemi di tipo tecnico. Inoltre, può esserci un cliente che vuole una modifica ad un software esistente, o - perché no- addirittura un software del tutto nuovo, fatto su misura per lui o per la sua azienda, ovviamente dietro pagamento. Così la “merce” resta gratis e ad essere pagato sarà il servizio connesso a tale merce.

Altri tipi di entrate derivano dalla distribuzione: è perfettamente legale distribuire una versione di un programma libero e farla pagare, anche molto. Non ci sono limiti al prezzo di un free software. La Free Software Foundation incoraggia questo tipo di attività perché ritiene giusto che lavorare ad un programma libero sia anche un modo per guadagnarsi da vivere, perchè crede in un modello economico reale e sostenibile, e perché la società stessa vive di donazioni e di parte degli incassi derivanti dalle redistribuzioni. Infatti sarebbe giusto devolvere una parte di queste entrate alla fondazione per far sì che il progetto continui; non c’è però nessuna legge che obblighi il distributore a farlo. Far pagare per una versione di un free software non esclude, in ogni caso, che esso sia sempre e comunque disponibile gratis per chi non può permettersi di comprarlo.
Legalmente, il free software si può copiare da un amico che già lo possiede, oppure scaricare gratuitamente da Internet, ed è anche possibile acquistarne una sola copia e poi installarla su più macchine, anche appartenenti a persone diverse.

Redistribuire le risorse: un’utopia?

Può suonare strano, ma nella pratica è stato riscontrato che di free software si può vivere. Il problema di fondo di questo tipo di industria è trovare abbastanza risorse per poter andare avanti (per risorse, in questo caso, si intendono i programmatori, persone in grado di sviluppare una quantità sufficiente di software liberi) e capire se -con i modelli economici attuali- questa realtà è destinata ad avere un futuro di ampio respiro oppure a soffocare sotto il potere economico delle grandi multinazionali e le leggi oppressive.
Questo panorama sarebbe molto più facilmente realizzabile se, utopicamente parlando, ogni programmatore del mondo si accontentasse di uno stipendio normale atto a farlo vivere più che dignitosamente, ma oggi assistiamo -in ogni campo- ad un fenomeno inquietante ed assurdo: poche persone vengono pagate tantissimo per il lavoro che svolgono, mentre la maggior parte della categoria deve accontentarsi di poco o niente, e in alcuni casi abbandonare il lavoro stesso perché da esso non può ottenere di che vivere. L’esempio più eclatante è quello del mondo del calcio: una manciata di giocatori riceve stipendi da capogiro, ma se l’incalcolabile massa di denaro che gira in questo ambiente venisse ripartita equamente tra tutte le squadre di calcio della Terra, probabilmente avremmo non solo uno sport più pulito, ma daremmo anche la possibilità a più persone di vivere con quello che sanno fare meglio.
Panorami utopici ai quali però qualcuno non vuole smettere di credere.