L'Unico e la sua proprietà/Parte prima/II. Uomini del tempo antico e del moderno/2. I moderni/2. Gli ossessi

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2. I moderni - 2. Gli ossessi

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Max Stirner - L’Unico e la sua proprietà (1844)
Traduzione dal tedesco di Anonimo (1922)
2. I moderni - 2. Gli ossessi
II. Uomini del tempo antico e del moderno - 1. Lo spirito II. Uomini del tempo antico e del moderno - Il regno dei fantasmi

Hai tu veduto uno Spirito? «lo no; ma mia nonna Io ha veduto». La stessa cosa succede anche a me. Io non ho mai, veduto alcun Spirito; invece non passa momento senza che mia nonna inciampi in qualcuno. E, per rispetto alla testimonianza della nonna, noi crediamo alla esistenza degli Spiriti.

Ma non v'era tra i nostri nonni qualcuno che alzava le spalle ogni qualvolta le nonne raccontavano le loro istorie fantastiche? Eh, sì; ma erano degli increduli; e quanto danno recarono alla nostra santa religione, tutti quei filosofi! Ce ne accorgeremo in seguito! Su che cosa è fondata, se non sulla fede nell'esistenza di «esseri spirituali» in generale, la credenza negli Spiriti? E non sarebbe deplorevolmente scossa, questa fede, se si permettesse ad ogni uomo che pensa di alzare le spalle di fronte ad essa ed attentare alla sua integrità?

I Romantici, comprendendo quanto l'abbandono della credenza negli Spiriti e nei fantasmi avrebbe compromesso la fede in Dio stesso, fecero ogni sforzo per scongiurare questa funesta conseguenza; a tale scopo, non solo richiamarono a nuova vita il mondo meraviglioso delle leggende, ma finirono per rievocare il «mondo superiore» con le sue sonnambule, le sue veggenti, ecc.

I buoni credenti ed i Padri della Chiesa non supponevano che col cessare della credenza negli Spiriti era il terreno stesso che mancava alla Religione, ormai lasciata in balìa dei flutti e senza, appoggio. Colui che. non crede più ad alcun fantasma non ha che ad essere conseguente con se stesso, perchè la sua incredulità Io conduce ad accorgersi che dietro le cose non si nasconde alcun essere particolare, alcun fantasma, o (per impiegare una parola di cui si è fatto ingenuamente un sinonimo di questo ultimo) alcun «Spirito».

«Ma gli Spiriti esistono!» Contempla il mondo che ti circonda, e dimmi e da ogni cosa non ti si rivela uno Spirito. Il fiore, il grazioso fiorellino, ti dice lo Spirito del creatore che lo fece una piccola meraviglia; le stelle proclamano lo Spirito che ordina il loro corso; uno Spirito sublime aleggia sulla vetta dei monti; lo Spirito di malinconia e di desiderio mormora sotto le acque; e negli uomini parlano milioni di Spiriti. Appassiscano i fiori, si polverizzino le stelle, si sprofondino i monti, crolli, l'universo intero, periscano tutti gli uomini - chi sopravvive alla generale rovina di questi corpi visibili? Lo Spirito, invisibile, eterno. Sì, tutte le cose di questo mondo sono scosse dai brividi dello spirito! Soltanto loro? No! Questo mondo stesso è ossessionato; maschera seducente, è l'ombra errante di uno Spirito, un sinistro fantasma.

Che cos'è un fantasma, se non un corpo apparente, uno Spirito reale? Così il mondo: «vano», «vuoto»; è un'illusoria apparenza senz'altra realtà che lo Spirito, di cui egli è il viluppo visibile. Guarda: vicino e lontano, di qua, di là, da tutte le parti, ti circonda un mondo di fantasmi; tu sei assediato continuamente da visioni e da «apparizioni». Tutte le cose che si mostrano a te non sono altro che il riflesso dello Spirito che in esse abita, un'apparizione spettrale: il mondo intero non è che una fantasmagoria dietro la quale si agita lo Spirito. Tu «vedi degli Spiriti».

Vorresti forse paragonarti agli Antichi, che vedevano da per tutto degli Dèi? Gli Dei, mio caro Moderno, non sono degli Spiriti; gli Dei, non riducono il monda ad essere null'altro che un'apparenza, nè lo spiritualizzano.

Ai tuoi occhi, il mondo intero è spiritualizzato; esso è divenuto un enigmatico fantasma; perciò non devi meravigliarti di trovare in te un fantasma. Il tuo Spirito non ossessiona forse il tuo corpo; e non è lui il vero, il reale, mentre il tuo corpo non è che un'«apparenza», qualche cosa di transitorio, di caduco, «senza alcun valore?». Non siamo noi forse tutti degli spettri, dei poveri esseri tormentati che aspettano la «liberazione»; non siamo forse degli «Spiriti»?

Dopo che lo Spirito è apparso nel mondo, che «il Verbo si é fatto carne», questo mondo spiritualizzato è diventato il regno dei fantasmi.

Tu hai uno spirito, perchè hai dei pensieri. Ma che cosa sono questi pensieri? — Degli esseri spirituali. — Essi non sono dunque delle cose? — No, ma lo Spirito delle cose, quello che v’è in esse di più intimo, l’essenziale; la loro idea. — Quello che tu pensi non è dunque semplicemente il tuo pensiero? — Al contrario, è quello che v’è di più reale, di propriamente vero nel mondo: è la verità stessa; quando io penso giusto, penso la verità. Io posso ingannarmi sul conto della verità, posso disconoscerla ; ma allorché la mia conoscenza è verìdica, è la verità che è l’oggetto della mia conoscenza. — Dunque tu aspiri a conoscere la Verità? — La Verità mi è sacra. Può accadere che io trovi una verità imperfetta, e che debba sostituirla con una migliore; ma io non posso sopprimere la Verità. Io credo nella Verità; ed è perciò che. la ricerco: nessuna cosa la sorpassa; essa è eterna!

La Verità è sacra ed eterna! Ma tu, che sei tutto preso da questa santità e ti lasci da essa guidare, sarai tu pure santificato. Il Sacro non si manifesta giammai ai tuoi sensi; e quale essere materiale non ne potrai mai trovare la sua traccia: essa si rivela alla tua fede, o, più esattamente, al tuo Spirito, essendo esso stesso qualche cosa di spirituale, uno Spirito: esso è Spirito per lo Spirito.

La nozione della santità non si lascia estirpare tanto facilmente, come molti credono e che si rifiutano di impiegare questa parola «impropria». Sotto qualunque punto di vista mi si voglia mettere per accusarmi d’egoismo, questo rimprovero sottintende sempre il pensiero che io debba servire di preferenza e con la maggior sollecitudine qualche cosa all’infuori di me stesso, giudicandola più importante di tutto il resto, e nella quale dovrei cercare la mia vera salute; cioè, qualche cosa di «santo», di «sacro». Che questo sacrosanto sia umano fin che si vuole, che sia l’Uomo stesso, ciò non toglierà però nulla del suo carattere; tutt’al più si muterà da soprannaturale in terrestre, da divino in umano.

Nulla non è sacro che per l’Egoista il quale non si rende conto del suo egoismo, per l'Egoista involontario . Chiamo così colui che, incapace di oltrepassare per sempre i limiti del proprio io, non lo considera tuttavia come l'essere supremo; colui che non serve, che a se stesso credendo di servire a un essere superiore, e che, pur noti conoscendo nulla di superiore a se stesso, sogna tuttavia qualche cosa di superiore: insomma, è -l’Egoista che non vorrebbe esserlo, che si umilia e combatte il proprio egoismo, ma che si umilia se non «per essere innalzato», cioè per soddisfare il suo egoismo. Siccome egli vorrebbe cessare d'essere egoista, interroga cielo e terra per trovare qualche essere superiore cui possa offrire i suoi servizi e i suoi sacrifici; ma per quanto si affanni e si mortifichi, egli fa tutto ciò nel proprio interesse; e l'Egoismo: l'odioso Egoismo, non lo abbandona assolutamente. Ecco perché Io chiamo un egoista involontario. Tutti i soci sforzi, tutte le pene cui si assoggetta per liberarsi dal suo io, non sono altro che uno sforzo mal compreso per la propria liberazione.

Sei tu avvinto all'ora passata? Devi tu fare oggi quello che hai fatto ieri? Non puoi trasformarti ad ogni istante? Se cosi fosse, ti sentiresti oppresso dalle catene e paralizzato. Ma ad ogni momento della tua esistenza, un nuovo minuto dell'avvenire ti sorride e ti chiama; e, sviluppandoti, ti liberi «da te», dal tuo io attuale. Quello che tu sei ad ogni istante, è opera tua; e tu devi a questa opera di non perderti, tu, suo autore. Tu sei un essere superiore a te stesso, tu oltrepassi te stesso. Ma, nella tua qualità di Egoista involontario, non riesci a comprendere che sei tu stesso quell'essere superiore, che tu non sei solamente una creatura, ma nello stesso tempo il tuo creatore: ecco perchè l'«essere superiore» resta per te uno straniero. Ogni essere superiore — Verità, Umanità, ecc. - sta al disopra di noi.

Questo ci è^estraneo: ecco un segno dal quale riconosciamo quello che è «santo». In tutto ciò che è santo v'è qualche cosa di sconosciuto, di differente, che ci mette a disagio. Quello che mi è santo non mi appartiene; se la proprietà altrui, per esempio, non mi fosse sacra, la considererei come, mia e non lascerei sfuggire alcuna occasione per approfittarmene e disporne come più mi aggrada; se, al contrario, il viso dell'imperatore della Cina mi è sacro, esso rimane estraneo ai miei occhi e li abbasso dinanzi a lui.

Perchè una verità matematica indiscutibile, che si potrebbe, nel senso usuale della parola, chiamare eterna, non è «santa»? Perchè non è rivelata; essa non è la rivelazione di un essere superiore. E' assolutamente errore comprendere soltanto per rivelate le «verità religiose», ed è misconoscere il valore del concetto « essere superiore». Gli atei deridono questo essere superiore, il quale è adorato anche sotto il nome di «essere supremo», e distruggono una dopo l'altra tutte le «prove della sua esistenza», senza accorgersi che essi stessi obbediscono così al loro bisogno di un essere superiore, e che distruggono l'antico per far posto al nuovo. A lato di un individuo umano — l'«Uomo» — non vi è forse un essere superiore? E le Verità, i Diritti, le Idee, che derivano dal suo concetto non devono, come rivelazioni di questo concetto, es. sere rispettate e considerate come «sante»? Supponete che si possa dimostrare la falsità di una data verità che è ritenuta come una delle sue manifestazioni: ciò proverà solo la falsa interpretazione da parte nostra, senza portare il minimo pregiudizio alla santità del concetto stesso e senza togliere della loro santità alle altre verità, a quelle che devono «a giusto titolo» essere considerate come rivelazioni. L'Uomo oltrepassa ogni uomo preso individualmente, e se egli è ^«essenza» dell' individuo, non lo è in realtà per la sua essenza (perchè l'essere o l'essenza dell'individuo dovrebbe essere tanto unica quante l'individuo stesso), ma una essenza, un essere «superiore». Anzi, per gli atei stessi, è l'essenza o l'Essere «supremo».

Allo stessa modo che le rivelazioni divine non furono scritte dalla mano di Dìo, ma portate a conoscenza degli uomini dagli «istrumenti del Signore», così anche l'Uomo non pubblica lui, stesso le sue rivelazioni, ma ce le fa conoscere mediante i «veri uomini». Soltanto, questo nuovo essere supremo rivela una concezione molto più spiritualizzata che non quella dell'antico Dio; ques'ultimo poteva ancora essere rappresentato sotto una forma corporea, mentre l'Uomo, al contrario, rimane puramente spirituale, e non si può prestargli alcun corpo materiale. E' vero che non vi manca una certa corporeità, tanto più seducente quanto più sembra naturale e terrestre, essendo esso l'uomo corporeo, o, più semplicemente ancora, la «razza umana» o «tutti gli uomini». Lo Spirito reintegra così la sua forma di fantasma e ridiviene corporeo e popolare.

Santo, dunque, è l'essere supremo; santa è ogni cosa per cui si rivela o si rivelerà, e santificati sono coloro che riconoscono questo essere supremo nel loro proprio essere, cioè nelle manifestazioni di questo essere. Quello che è santo santifica il suo adoratore; il culto che gli erige lo santifica e santifica ciò che egli fa: un santo commercio, dei pensieri santi, delle sante azioni, ecc., ecc.

La ricerca dell'oggetto che deve essere adorato come «essere supremo», non può, lo si comprende, assumere la sua importanza, fintanto che i contradditori più accaniti non si siano messi d'accordo sul punto essenziale, cioè che ammettine l'esistenza di un essere supremo al quale debbono rivolgersi il nostro culto e i nostri sacrifici. Se qualcuno sorridesse sdegnosamente assistendo a qualunque controversia che riguarda l'essere supremo, come un Cristiano può sorridere udendo le discussioni di un Sciita con un Sunnita o di un Bramino con un Buddista, ciò vorrebbe dire che secondo il suo modo di vedere l'ipotesi di un essere supremo è vana e che ogni controversia su tale argomento è un giuoco puerile. Che poi il vostro supremo sia Dio unico in tre persone, il Dio di Lutero, l'«Essere supremo» del Deista o che non sia in alcun modo Dio ma l'«Uomo», è tutt'uno per chi nega l'essere supremo stesso. Voi tutti, che servite un essere supremo qualsiasi, non siete altro che gente religiosa: tanto il più frenetico ateo quanto il più fervente cristiano.

Nella santità risiede dunque innanzi tutto l'essere supremo, e con lui la nostra «santa fede».