L'abbito nun fa er monico

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Giuseppe Gioachino Belli

1834 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura L'abbito nun fa er monico Intestazione 27 gennaio 2024 75% Da definire

Er ferraro Er dottoretto
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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L’ABBITO NUN FA ER MONICO.

     L’abbito nun fa er monico? Eh, sse1 vede!
Pròvete intanto una sorvòrta2 sola
De presentatte ar Papa in camisciòla3
E ppoi sappime a ddì ccome t’aggnéde.4

     Senza er landàvo,5 sai che tte succede?
Che ssi6 tt’hanno da dì7 mmezza parola,
Pare, per dio, che jje s’intórzi8 in gola:
E cquanno parli tu, nnun te se9 crede.

     Hai tempo, fijjo caro, d’arà ddritto10
E dd’èsse galantomo immezzo ar core:
Tristo in ner monno chi sse mostra guitto.11

     Cqua er merito se1 tajja dar zartore;
Cqua la vertù in giacchetta12 è un gran dilitto.
Una farda13 ppiù o mmeno, ecco l’onore.

26 dicembre 1834.

Note

  1. 1,0 1,1 Si.
  2. Sol volta.
  3. [In giacchetta. V. la nota 5 del sonetto: La milordarìa, 27 nov. 32.]
  4. Moltissimi dicono aggnéde, molti andiéde, pochi andò, quando non dicano annò.
  5. Il nome del cocchio cosiddetto landeau è stato dal popolo applicato burlescamente a significare l’abito cittadinesco.
  6. Se.
  7. Da dire.
  8. Gl’intoppi. [Da torzo, torso, torsolo.]
  9. Non ti si.
  10. Arar dritto: agire rettamente.
  11. Misero.
  12. Abito succinto.
  13. Falda.