Capitolo ventinovesimo
../Capitolo XXVIII
../Capitolo XXX
IncludiIntestazione
31 luglio 2010
75%
Filosofia
<dc:title> L'apologia di Socrate </dc:title>
<dc:creator opt:role="aut">Platone</dc:creator>
<dc:date>IV secolo a.C.</dc:date>
<dc:subject></dc:subject>
<dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights>
<dc:rights>GFDL</dc:rights>
<dc:relation></dc:relation>
<dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=L%27apologia_di_Socrate/Capitolo_XXIX&oldid=-</dc:identifier>
<dc:revisiondatestamp>20110418175127</dc:revisiondatestamp>
//it.wikisource.org/w/index.php?title=L%27apologia_di_Socrate/Capitolo_XXIX&oldid=-
20110418175127
L'apologia di Socrate - Capitolo ventinovesimo PlatoneFrancesco AcriIV secolo a.C.
Per non aspettare un poco di tempo, voi, Ateniesi, nome avrete e biasimo da coloro che voglion vituperare la città, di avere ucciso Socrate, uomo sapiente: ché mi diranno sapiente, anche se non sono, quelli che vi voglion fare onta. La cosa vi veniva da sé, che io morissi, se aspettavate un poco: perché, guardate la età, come già è lontana dalla vita, e vicina alla morte. Ciò dico, non a tutti voi, ma sí a quelli che hanno votato la mia morte. E a questi stessi dico: - Credete, o Ateniesi, d’avermi colto di quei cotali argomenti sprovvisto con i quali poteva persuadere voi, se credeva che bisognasse dire e fare di tutto pur di scampare dalla condanna? Oh no! sprovvisto sí, non di argomenti, ma sí di audacia e impudenza e non disposto niente a parlare in quei tali modi a voi dolcissimi a udire, piangendo e lamentandomi e altre molte cose facendo e dicendo di me indegne, dico, ma quali a udire vi hanno avvezzato gli altri. Ma né allora io credeva che bisognasse far cosa niuna servile, per paura del pericolo, né ora mi pento di essermi cosí difeso; anzi piú assai volentieri scelgo di essermi difeso in questo modo, e morire, che non in quello, e vivere; perché né in tribunale e né anche in guerra non conviene, né a me né ad alcun altro, far di tutto pur di scampare della morte; perché è certo che molte volte in battaglia uno scamperebbe della morte o se gittasse le armi o se verso gl’inseguitori egli supplichevole si volgesse, e che ci è nei singoli pericoli molti modi per fuggire la morte sí veramente che dia il cuore di fare e dire ogni vile cosa. Ma, Ateniesi, badate non sia malagevole, non già questo, il fuggir la morte; ma sí malagevole piú assai il fuggire la malvagità, la quale corre piú veloce della morte. E ora io, sí come tardo e vecchio, colto fui da quella che è piú tarda; i miei accusatori, sí come piú gagliardi e feroci, da quella che è piú veloce. E io me ne vado, condannato da voi a essere morto; costoro, condannati dalla verità a essere malvagi e ingiusti; e io accetto la pena mia, e questi la loro. Dovea forse essere cosí, e credo che ciascuno ricevuto ha sua misura.