L'erede (Belli)
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837
L’EREDE.
Me dimannate er padroncino mio
Che vvita fa da quanno è rricco-maggna?1
Spenne e spanne a la sceca,2 e arisparaggna3
Su le limosine e ’r zalario mio.4
Er giorn’istesso che jje mòrze5 er zio
E pprincipiò ppe’ llui quela cuccaggna,
Attaccò un leggno e sse n’annò in campaggna,
Lassanno er morto ne le man de Ddio.
Passata poi ’na sittimana o ddua,
Tornò a Rroma cór velo sur cappello.
Ma cche ppiaggneva? l’animaccia sua?
Sai dove so’6 le lagrime? in scurtura,
Scritte sin che ne vòi7 co’ lo scarpello,
Sopr’er cuperchio de la sepportura.
4 marzo 1837.
Note
- ↑ [Ricco-magno]: riccone.
- ↑ Spende e spande a la cieca.
- ↑ Risparmia.
- ↑ [Per mantenersi fedele a quanto dice anche nella nota 4 del sonetto precedente, qui il Belli si è permessa la ripetizione della stessa parola in rima. Per altre ragioni, lo fece anche Dante, Parad. XIV, 104-108.]
- ↑ [Gli morì.]
- ↑ Sono.
- ↑ Vuoi.
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