L'uomo delinquente/Parte nona/III

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Capitolo III. Fattori sociali.

L'uomo delinquente/Parte nona/II L'uomo delinquente/Parte nona/IV IncludiIntestazione 12 maggio 2012 75% Criminologia

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1. Civiltà e barbarie. . 2. Ricchezza e miseria. 3. Religione, agglomero, imitazione. 4. Immigrazione, carcere.


1. Civiltà e barbarie. — Le nude cifre mostrano un aumento annuale nel numero dei delitti e delle pazzie, sproporzionato a quello della popolazione. Ma esso non è per sè concludente perché può spiegarsi coll’accresciuta vigilanza. Piuttosto, tanto lo stato di civiltà che quello di barbarie, hanno ciascuno una propria criminalità specifica, come ben l’ha chiamata il Messedaglia. La barbarie importando una sensibilità morale deficiente, mancanza di ribrezzo per gli omicidi — che sono, anzi, spesso ammirati — considerando la vendetta dovere e diritto la forza, aumenta i delitti di sangue e la loro ferocia, e, per la più facile suggestionabilità, per la minor personalità individuale, i delitti dovuti all’influenza immediata dell’esempio e dell’imitazione. Invece ogni causa che aumenta i rapporti e i contatti umani, come nella civiltà, aumenta il numero, se non la gravità dei crimini, pel maggior arruffio ed intreccio di rapporti sociali tra, i quali la vita si svolge difficile e contrastata. La stampa, per esempio, è certo un pericoloso fattore di criminalità solleticando la vanità, eccitando con gli esempi di reati ai quali dà un’enorme pubblicità; i reati politici crescono pure col risveglio intellettuale di un popolo e con una sua più larga partecipazione alla vita pubblica; le colossali organizzazioni bancarie e finanziarie moderne hanno dato luogo ad una sorta speciale di criminalità, come dimostrai insieme col Ferrero. Persino istituti di previdenza e provvidenza sociali, come gli alloggi notturni, i ricoveri e le Società di assicurazioni sulla vita, diventano a br volta occasione, incentivo al delitto. La civiltà aumenta alcuni delitti e alcune pazzie (paralisi, alcoolismo) anche perché accresce l’uso di sostanze eccitanti, quasi sconosciute al selvaggio, divenute un vero bisogno nei paesi più civili, di cui studieremo i rapporti col delitto. Cosicché si può affermare col Ferrero (Mondo criminale) che alla civiltà antica a tipo di violenza, sanguinaria e selvaggia, si sostituisce una civiltà a tipo di frode: cioè per influenza della civiltà avviene una modificazione qualitativa della criminalità, un’attenuazione, piuttosto che una diminuzione quantitativa; al che contribuisce anche, come vedremo, l’istruzione più diffusa.

2. Condizioni economiche. Criminalità della miseria e della ricchezza. — È certo che la miseria spinge ai delitti, specialmente contro la proprietà, per i legittimi bisogni rimasti insoddisfatti; inoltre essa può provocare anche reati di sangue e di violenza rendendo l’uomo più impulsivo con l’intossicazione alcoolica, con la nutrizione deficiente e con la degenerazione, che inducono nell’organismo lo scorbuto, la scrofola, la pellagra e tutte le altre malattie della miseria; più raramente reati contro i costumi per le mescolanze sessuali e precoci nelle fabbriche e nelle miniere, per la frequenza dell’infantilismo o del femminismo nei figli. Ma quest’influenza non deve essere esagerata, perché moltissimi individui resistono pure ogni giorno agli stimoli criminosi della miseria e restano onesti, quando non vi si associno anomale predisposizioni organiche. La ricchezza pure provoca delitti, sia inducendo anch’essa con la sifilide, cogli abusi della vita, ecc., una degenerazione individuale; sia spingendo direttamente al delitto per soddisfare la vanità, pel desiderio di superar gli altri, di figurar bene nel mondo, di soddisfare bisogni fittizi resi imprescindibili dalle così dette esigenze sociali; sia favorendo indirettamente il delitto colla facilità di compierlo, come nei delitti commerciali, bancari, di concussione, ecc., e colla certezza dell’impunità; e finalmente coll’abbondanza di un’alimentazione eccitante spingendo agli abusi sessuali, agli stupri, alle aberrazioni omosessuali. La ricchezza che si è acquistata rapidamente e non è corretta da un elevato carattere, da larghi ideali politici o religiosi, provoca danni invece che vantaggi, poiché, come l’eccessiva potenza, è un naturale fomite di prepotenza, di abusi sessuali, alcoolici, ecc. Nella provincia di Lucca, ch’è ricchissima, vi sono, infatti, molti omicidi e reati contro il pudore e pochissimi invece contro la proprietà. In Francia la maggior criminalità di sangue, secondo la recente statistica pel 1895, si trova nelle provincie più ricche, come la Seme e l’Hérault. E se le statistiche mostrano un’enorme prevalenza di poveri (85%) di fronte agli agiati, tra gli arrestati e condannati, bisogna pensare, oltreché alla proporzione loro tra gli onesti, anche alla facilità con cui il ricco si sottrae più che al delitto, alla sua sanzione giuridica:

«D’oro vesti il delitto e senza offesa
In lui si spezzerà l’asta possente
Della giustizia: vestito di cenci.
E in man d’un pigmeo debil pagliuzza
Lo ferirà»

(Shakespeare, Re Lear, atto IV, scena 4a)


Il Fornasari di Verce ha studiato più minutamente i rapporti tra la criminalità e le condizioni economiche, confrontando il numero dei reati con le ore di lavoro necessarie per ottenere l’equivalente di un quintale di frumento o di pane. Egli trovò che tutti i reati contro la proprietà seguono fedelmente la curva delle ore di lavoro. Tra i reati contro le persone, le ferite e le percosse seguono un andamento saltuario; gli omicidi diminuiscono parallelamente al costo del pane. I reati contro il buon costume crescono man mano che diminuiscono le ore di lavoro. I reati contro il commercio, i falsi, quelli contro la sicurezza dello Stato, la pubblica tranquillità, l’amministrazione, ecc., non risentono che pochissimo codesta influenza. La ricchezza insomma è a sua volta impedimento al delitto ed anche sua incitatrice, come del resto abbiamo visto per la civiltà e come vedremo per la religione, per l’istruzione. Questo è il criterio nuovo che bisogna introdurre nell’eziologia dei reati, ammettendone e spiegandone le contraddizioni, poiché la stessa fonte a seconda le fasi e i caratteri, ora ci avvelena e ora ci preserva e allora si vedono. appianarsi le contraddizioni che sono pur fatte come i fatti positivi per giovare alla spiegazione completa.

3. Religione. — Abbiamo visto che spesso i delinquenti sono religiosissimi, e come quindi per sé la religione non ostacoli il delitto. Però due fatti mi paiono sicuri sulla sua azione: anzitutto che la civiltà svolgendosi appiana e cancella tutte le influenze religiose; e che le religioni esercitano un potere moralizzatore maggiore quando sono nuove allo stato nascente, perché allora danno più importanza agli elementi loro sostanziali, spesso veramente morali, che non alle formule e ai riti e perché allora trascinano ed occupano le menti con maggior intensità. Invece, quando esse sono vecchie e cristallizzate in pure forme esterne e in pratiche rituali, rimangono sterili e inattive. Secondo le statistiche, a dir vero scarsissime, si notarono in Prussia 0,87 criminali cattolici per cento; 0,65 ebrei, 0,37 atei. Nei quali ultimi probabilmente più che l’ateismo per sé, contribuiscono a scemare la criminalità, le elevate condizioni intellettuali e morali di cui devono essere dotati per vincere le opinioni dominanti. Eccitamento desideri. — L’influenza di una data impressione sensoria, la vista d’oggetti d’oro, la lettura di libri o giornali, ecc., agiscono specialmente nei così detti furti dei grandi magazzini in cui l’attrazione degli oggetti esposti è veramente pericolosissima, specialmente per le donne, come dimostrò A. G. Bianchi. In questi casi entra, e per molto, anche la follia, particolarmente la cleptomania.
Addensamento e scarsezza popolazione. — Un altro sicuro eccitante a commettere delitti è l’agglomero della popolazione in una grande città. Questo agglomero che la civiltà tende sempre più a permettere coi rapidi mezzi di comunicazione e a indurre, grazie alle concentrazioni burocratiche, alle attività commerciali ed industriali, tende a far diminuire i delitti di sangue per gli impacci della reciproca sorveglianza, ed aumenta straordinariamente invece i delitti di furto, di truffa e le associazioni a delinquere. Chi ha studiato l’uomo, o meglio ancora se stesso, in mezzo a gruppi sociali di qualunque genere essi sieno, avrà osservato come esso sovente si trasformi e da onesto e pudico che era e che è tra le pareti domestiche si fa licenzioso e perfino immorale in mezzo alla folla. Gli istinti primitivi del furto e dell’omicidio e la libidine che esistono in embrione in ciascuno di noi che vive isolato, massime se temperato da una buona educazione, si ingigantiscono tutto a un tratto al contatto cogli altri e tanto più si ingigantiscono in colui nel quale le tendenze al male sono maggiori che nei normali. Nelle grandi città gli asili notturni, le lodginghouse, sono i covi preferiti del delitto. E così le città e le campagne hanno una criminalità propria e diversa: i delitti delle campagne sono selvaggi, feroci, di vendetta o di cupidigia; nelle città prevalgono i reati di falso e i sessuali.
Imitazione. — Nefasta influenza hanno poi nelle città le pubblicazioni e la diffusione con ogni dettaglio dei delitti commessi per mezzo dei giornali e la loro riproduzione per mezzo dei cinematografi. Nel 1868 e nel 1872 appena i giornali cominciarono a raccontare di un abbandono di fanciulli, a Marsiglia, si ripeterono quei reati fino ad 8 in un sol giorno (Despine). — Corridori uccise il preside del Liceo che lo rimproverava di una giusta mancanza, e prima dichiara: « Ripeterò il fatto del preside di Catanzaro », che anch’egli fu ucciso per simile causa. — L’anarchico Lucchesi uccise il Banti a Livorno poco dopo e nello stesso modo che Caserio aveva ucciso Carnot. — E del resto l’aggrupparsi di alcune forme di reati in certe epoche, come le bombe, le donne tagliate a pezzi, ecc., è sovente da attribuirsi all’imitazione.

4. Immigrazione. L’immigrazione produce un agglomero umano che dà il massimo incentivo al delitto associato, e inoltre maggiori bisogni, minore sorveglianza, minore vergogna, maggior agio di sfuggire alla giustizia. A Nuova-York il contingente massimo della delinquenza è dato dagli immigrati, con una vergognosa prevalenza degli Italiani. Io ho dimostrato l’importanza di questo fattore specialmente per la Francia, dove esso spiega la corrispondenza di una maggior frequenza dell’omicidio con l’addensamento della popolazione, al contrario di quello che avviene in Italia. Inoltre l’immigrazione dà tanto maggior numero di delitti quanto più è stabile. Lo stesso può dirsi dell’emigrazione interna nello stesso paese, specialmente di quella a destinazione variabile, dei venditori ambulanti, ecc. E anche quegli immigranti che più dovrebbero rifuggire dal delitto, come i pellegrini religiosi, danno una cifra notevolissima di criminalità associata. Il vocabolo di mariuolo deriva da quei pellegrini di Loreto e di Assisi, che usavano gridare in coro: « Viva Maria! », commettendo nel medesimo tempo stupri e ladronecci, che credevano espiare col pellegrinaggio. I paesi infatti che hanno santuari celebri sono in genere malfamati, come osservava il D’Azeglio nei suoi Ricordi.
Natalità. — Una riprova che l’agglomero è un fattore artificiale e casuale del delitto e così l’estensione si ha nel fatto che in Francia la criminalità cresce dove è minore la natalità e aumenta malgrado la massima miseria dove è maggiore la natalità.
Carceri. — Ma principalissima fra, le cause del delitto, per quanto ciò paia paradossale, è la degenza nelle carceri. Infatti le carceri offrono ai delinquenti opportunità di conoscersi, di istruirsi, di associarsi nel male, e di più, grazie alla mitezza del trattamento, dovuta ad un pericoloso sentimentalismo, diventano un albergo desiderato contro i rigori e la miseria dell’inverno, per cui molti delinquono per esservi rinchiusi: « Almeno, dicono, vi troviamo da mangiare ». Inoltre da noi, in ItaIia, esse non corrispondono neppure alle varie forme che il Codice penale distingue fra le pene limitanti la libertà personale, cioè l’arresto (art. 11, 21, 23 C. P.), la detenzione (art. 11 e 15 C.P.), la reclusione (art. 11 e 13 C. P.) e l’ergastolo (art. 11 e 12 C. P.). Anche il dispendiosissimo sistema cellulare sù cui si erano fondate tante speranze, non riesce allo scopo e non impedisce affatto le comunicazioni tra i detenuti.