La Famiglia De-Tappetti/V - Gli amici

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V — Gli amici

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IV - De-Tappetti in villeggiatura VI - Ruoli organici


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V.


Gli amici.


L’erbarola ha detto alla fornaia:

— Proprio vero, sapete! il signor Policarpo ha affittato una magnifica casina di campagna, ma una cosa che, dice, bisogna vedere.

— Come faccia a spendere quella famiglia, io non lo so. Io che non sono ricca, ma, infine....

— Eh, vorrei averne io la metà!

— Insomma si vive abbastanza bene; un po’ di quattrini in disparte ce l’ho.... e grazie a Dio, debiti non ne ho fatto mai. Dicevo, dunque, che in campagna al giorno d’oggi, per chi non voglia sfigurare, ci vuole un sacco di denari. Io lo so, perchè quando [p. 46 modifica]sono stata a Nettuno, in due mesi ho speso piú di cinquanta scudi.

— Notate poi, che la signora Eufemia, a quanto m’ha detto il cicoriaro, fa un lusso strepitoso, e la sua serva sostiene che, la mattina, quando si leva, infila un abito di seta marron, ch’è cosa da rimanere tonti. [p. 47 modifica]

— Perdio, che razza di sprechi? e dire che l’ho conosciuta, io, che non aveva neanche camicia indosso.

— Eh! già: è appunto in.... questi casi che arrivano le risorse, quando meno ci si pensa.

Discorsi quasi simili avvengono tra l’oste e il salumaio; tra il droghiere e il merciaio, tra il macellaio e l’orzarolo. In questi giorni, il villino De-Tappetti, sulle bocche del vicinato, è salito alle proporzioni gigantesche del palazzo reale di Caserta; l’erbarola è convinta che la signora Eufemia si cambi, ogni quindici minuti, un abito di seta marron.

Sabato, il povero Policarpo, ricevè questa cartolina postale:


“Di casa, 13 Agosto.

“Chaco amicco!... Veniamo con questa a dirte che sttiamo Bene tutte cuante, come spero di Te, con la tua siniora e il re— [p. 48 modifica]gazzino. Dichome è positivo che vi nuoiate, abbiamo pensato di farve un improvissata per la madona d’Agosto venendo — che siamo in Domenica — tuttin sieme, Vale a dire la mi ammoglie con Augusto, e li nostri vicini, la famiglia Pulitano, indove che cè pure la Sora Amalia, e si farà molta allegria che portiamo noi due polli e che ti ringrassio dell’hamicizia Tanti saluti.

Fessio natissimo Colandrea.„


De-Tappetti resta pietrificato. La signora Eufemia non trova, in mezzo a tanto dolore, una parola di conforto; non proverebbe spavento maggiore, se le dicessero che la sua veste di seta marron esiste realmente, e che si è macchiata d’olio sul davanti.

È domenica. Tutta la famiglia De-Tappetti sta in piedi fino dall’alba. Policarpo, ogni cinque minuti, alza gli occhi al cielo [p. 49 modifica]nella speranza d’una burrasca che mandi a monte ogni cosa. Il cielo invece è così beffardamente sereno, che mette l’urto di nervi. Eufemia dà ordini alla serva; ma Policarpo non dà quattrini.

Perciò si passa di modificazione in modificazione. Lunga e dolorosa è la compilazione del menu, che resta fissato in queste proporzioni: due chili di carne, due di fettuccine, dieci soldi di formaggio, tre litri e mezzo di vino, con incarico a Rosa di allungarli in sei bottiglie; infine otto soldi di frutta, più tre soldi di pizzutello, per procurare una conveniente colica ai ragazzi.

Agenore ha l’incarico di togliere i sassi dal giardino. Rosa leva le ragnatele dalla cucina, Policarpo, con metodica regolarità, pianta una serie di chiodi nelle gambe vacillanti delle sedie, con la speranza che ne derivi qualche strappo ai calzoni del Colandrea o del Pulitano. Si fanno sforzi inauditi per dissimulare la crollante miseria [p. 50 modifica]della casupola; perfino un vecchio scialle di Rosa viene messo, a guisa di cortinaggi, alla finestra della camera da letto. Sopra il giaciglio di Agenore viene posto un mucchio di paglia, e lo si copre di mutande, di camicie, di pedalini, di straccetti, di grembiali, e altro, per far credere che sia la resa della lavandaia.

Suonano le dieci.... le dieci e mezzo....sono quasi le undici.... Policarpo comincia a respirare.

— Ah! forse non verranno, quei birbaccioni.... avranno riflettuto, che, francamente, sarebbe un incomodo troppo grave..... quel Colandrea è uomo di buon senso.... fors’anche avranno perso il treno....

Ma ecco Agenore che viene gridando.

— Eccoli che arrivano!

— Il diavolo se li porti! indiscreti, scrocconi, villanacci, infami! — strilla Policarpo, indi correndo incontro alla signora Paolina Colandrea, alla signora Amalia Codarelli, alla signora Eulalia Pulitano: [p. 51 modifica]

— Ma che dolce sorpresa! ah! una magnifica improvvisata.... avete fatto bene.... è una gran prova d’amicizia; entrate, accomodatevi; Rosa! prendi i cappelli.... dia pure a me, signora Eulalia.... ecco, prendi, mettili al piano superiore.

— Ho detto.... andiamo a fare una visita a Policarpo — esclama Tonio Colandrea, omaccione dalle larghe spalle.

— Benone.... benone.... ne sono incantato! — balbetta Policarpo, ma viene interrotto dalle grida e dai pianti del piccolo Augusto.

— Che hai, che strilli in questo modo? — gli domanda la signora Paolina.

— Agenore m’ha messo in bocca una manata di terra.

— Agenore! — grida severamente il padre — è questa dunque l’educazione che t’insegno? Ricordati bene che l’amore del prossimo è la prima cosa. Chi dimentica le massime paterne, si trova sempre esposto [p. 52 modifica]alle torture del rimorso, come pure a un paio di calci, che ti darò senza pregiudizio di un altro paio che tu potrai ricevere, a sussidio di questi miei insegnamenti.

La signora Eufemia, con impetuosa rapidità, affinchè non si possano fermare all’esame dei dettagli, fa visitare agli ospiti la casuccia e il giardino. La famiglia Colandrea scambia occhiate e sorrisi epigrammatici con la famiglia Pulitano, mentre va soffocando di complimenti esagerati la povera Eufemia, che suda sangue come Cristo nell’orto.

— Ma che bella casina! quant’è pulita! quant’è ariosa con tutti i comodi!

Finalmente si va a tavola. Gli uomini si sono messi in maniche di camicia. I coniugi De-Tappetti hanno, in luogo dei tovaglioli ceduti agli ospiti, due asciugamani sulle ginocchia. Rosa versa abilmente una porzione di fettuccine sull’abito sgargiante della signora Amalia. Nestore Pulitano ro[p. 53 modifica]vescia una bottiglia di vino e Policarpo esclama con le lacrime agli occhi:

— Non è niente, allegria!

Tonio Colandrea comincia uno dei suoi invariabili discorsi:

— Una volta è accaduto lo stesso nel 65.... anzi no, nel 72: eravamo in casa di Atanasio, quello che ha sposato la figlia di quel droghiere, che aveva due case, una in via Rasella, e l’altra.... non mi ricordo più, quel droghiere che era il nipote di Boccolini il notaio.... Boccolini per Dio!.... il famoso Boccolini, quello che sua moglie si faceva corteggiare dal giovane Alessi.... Alessi, quello di borsa.... che suo padre — figuratevi! ci davamo del tu — vendeva pannine all’angolo di via dei Coronari.... come? il vecchio Alessi? che aveva tre figlie una delle quali maritata col segretario del principe di Cassano, è impossibile che non l’abbiate conosciuto.

Paolina Colandrea non parla d’altro che del gran caro dei viveri. Nestore Pulitano, [p. 54 modifica]il barbiere, passa in rassegna i suoi avi, risalendo all’epoca delle crociate, mentre Eulalia Pulitano esclama, ogni tanto, meccanicamente:

— Era una grande e nobile famiglia quella dei Pulitano!

La vedova Amalia Codarelli non parla mai.

A un tratto Agenore fa strillare il piccolo Augusto, come un demonio.

— Che hai?

— M’ha cacciato in bocca un mucchio di ragnatele.

— Agenore! — grida con voce stentorea Policarpo; — scendete subito di tavola e venite a ricevere, da figlio obbediente, quei due calci che vi spettano, e che un padre deve inculcare, nei più gravi momenti della vita, alla propria figliuolanza.

Il pranzo è finito. Gli ospiti se ne vanno in fretta e in furia. Eufemia bacia le donne, mostrando sugli occhi il pianto dell’amicizia. [p. 55 modifica]Policarpo stringe la mano agli uomini, dicendo:

— Venite pure tutte le domeniche.... Venite, per amor di Dio.

Indi rimasto solo:

— Se avessero il coraggio di ritornare, sento che offrirei loro un piatto di fettuccine all’arsenico.

Rientrando in casa, egli vede Agenore immobile a capo chino, in mezzo alla cucina.

— Che fai?

— Aspetto due calci, papà!...

E Policarpo dolcemente:

— Va pure a riposare, figlio mio; te li darò domani, a colazione.