La casa del poeta/Battesimi

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Battesimi

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Il sicario La casa del poeta

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BATTESIMI


Dio volendo, dopo una lunga siccità invernale che pietrificava la terra e le piante, era tornata una classica notte di vento, di pioggia potente, di lampi e di tuoni. La casa tremava tutta, ma pareva per gioia, per accompagnare lo sfregamento di mani del proprietario, per rispondere al fremito dei campi che si ubbriacavano di acqua.

— Finalmente, eh, Mariù. Che, già dormi, con questa musica?

La moglie era a letto da un pezzo, e se ne stava rannicchiata dalla sua parte, tremante e felice anche lei, ma con un senso di paura in fondo all’anima. Pregava, e solo quando il marito, mezzo nudo, con le coscie e le gambe rossastre chiazzate di ricciolini neri, i grandi piedi gelati, fece scricchiolare col suo corpo pesante la stoppia del saccone, aprì gli occhi e le parve, per il riflesso della finestra illuminata dai lampi, che fiammeggiassero anch’essi. Poi si ricoprì, e la voce del marito le arrivò di lontano, quasi [p. 72 modifica]echeggiante sotto le coltri di piuma. Era una voce cattiva, anzi beatamente crudele.

— Pensa, Mariù, a quelli che si trovano sperduti nei campi, senza riparo, o viaggiano senza ombrello. Eh, chi poteva pensare, oggi, con quel cielo sereno, che sarebbe venuta la bufera? Meno male che il pericolo della grandine oramai è passato. Piove che Dio la manda. Era tempo.

La moglie pregava, ringraziando Dio della sua bontà. L’uomo rise, come in sogno.

— Eh, sì, c’è della gente che viaggia, con questo tempaccio. E noi siamo qui al riparo, nel nostro buon letto, con tutte le cose intorno in ordine, le bestie ben governate, il campo che si ristora. Non possiamo lamentarci. Mio padre diceva: «Quando la va male la vada sempre così».

— Così sia — rispose sottovoce la donna.

— Anche per la nostra piccola sono contento. Che si poteva desiderare di più? Un buon matrimonio, con un galantuomo ricco e gagliardo; e sopra tutto vivere a una certa distanza. Quando si è troppo vicini non mancano gli attriti, i dissapori, i malintesi: così, loro due vivono lì, a otto chilometri di distanza, e noi viviamo qui: ci si vede tutte le feste, e sono veramente feste per tutti. Lo so, tu avresti desiderato tenerti la piccola attaccata alle gonne vita natural durante; e con essa anche lo sposo: ma voi donne vedete tutto facile, tutto semplice, mentre la vita è una cosa difficile. [p. 73 modifica]

«La vita, — rincalzò con voce grossa, sebbene la moglie non fiatasse, — è come tutte le altre cose; come le bestie, come le piante, come le erbe: bisogna tenerla a freno, potarla, falciarla: o, se ti pare meglio, è come la barba, che se tu non te la radi ogni otto giorni, con fastidio, con pericolo di tagliarti, t’invade il viso e ti fa scacciare dal consorzio degli uomini civili».

*

La moglie non risponde. Da tanti anni è abituata alla rude filosofia che il marito usa mettere in pratica quotidianamente. E pensa piuttosto alla «piccola» che per lei non solamente è ancora piccola, ma è addirittura bambina, nata da pochi giorni, ancora muta, cieca, informe, eppure già bella, sensibile, vibrante di vita.

Le pare sia il giorno del battesimo: la comare tiene tra le braccia la neonata, vestita di rosa, e il prete pronunzia le parole solenni.

— Credo. Rinunzio.

— Credo. Rinunzio, — rispondono in coro gli astanti.

Solo lei, la piccolina, non risponde; anzi, agita i pugni con una forza che fa sorridere la madre; e smorfie di protesta, di noia, di disgusto le smuovono il visino come se un sogno tempestoso le agiti l’anima ancora addormentata. [p. 74 modifica]

Ma il padre sorveglia tanto la madre quanto la figlia, e nel quadro gaio e dorato del battesimo la sua figura grezza, dominante, con gli occhi neri, la barba nera, le sopracciglia che sembrano baffi, è ancora più significativa di quella del sacerdote.

*

Lo stesso cipiglio riapparve sul viso di lui, sollevatosi sulle coltri, quando tra il fragore della bufera si sentì picchiare alla porta.

La moglie, che già si era assopita, non si dava pena: chi sarà? Chi non sarà? Forse un vicino che ha urgente bisogno di qualche cosa; forse uno dei problematici disgraziati viandanti senza rifugio, dei quali parlava poco prima il marito. Penserà lui, il marito, a rispondere.

Egli infatti, insolitamente silenzioso si era già buttato dal letto, aveva acceso il lume e si vestiva: e lo faceva non con troppa fretta, quasi anzi con ostentata lentezza, come per darsi il tempo di preparare una risposta al visitatore importuno. Ma il cuore gli batteva forte, riecheggiando i colpi alla porta, e le dita gli tremavano nel cercare i bottoni del vestito. Questo suo silenzio, questo suo esitare impensierirono la donna. Qualche ombra le passò nella mente; [p. 75 modifica]ed anche il suo cuore si destò quasi mugolando. La sua testa d’oro e d’argento affiorò sui guanciali e le coltri, come uscendo da un’onda schiumosa: gli occhi grandi e azzurri di bambina spaventata cercarono invano quelli del marito.

Egli già lasciava la camera, portandosi via il lume.

— Signore, Signore — invocò la donna, e stette ad ascoltare, nel caos della bufera, del letto scoperto, dell’agitazione del suo cuore.

*

L’uomo, giù, doveva aver aperto la porta perchè non si sentiva più bussare; e doveva adesso parlamentare nell’ingresso col visitatore importuno, perchè non tornava su.

La moglie si sollevò a sedere, tendendo meglio le orecchie; ma solo il rumore della tempesta gliele feriva: e le pareva che la pioggia fredda e furibonda le penetrasse fino al cuore.

E non osava muoversi oltre, con un senso di terrore panico. Ma un grido salì dalla strada, fece tremare la camera e la illuminò con la luce della folgore.

— Mamma!

La donna si precipitò dal letto, si precipitò per le scale, fu nell’ingresso. In camicia, [p. 76 modifica]scarmigliata, pareva fuggisse da un incendio. Il marito stava sulla porta appena dischiusa, lapidato dalla pioggia, e parlava con la persona alla quale impediva di entrare. Appena si accorse che la moglie era alle sue spalle si volse di scatto, livido, col viso bagnato come di un sudore di lotta, e aprì di più la porta, ma sbarrandola con la stanga delle braccia nerborute: ed ella vide la figura che già le stava nelle pupille smarrite.

La figlia era lì, pallida e grondante d’acqua come un’annegata, e invano domandava di entrare.

— Mamma, mamma...

— Figlia mia, che hai fatto?

Entrambe tentarono di smuovere l’uomo, per ricongiungersi; ma egli non si smoveva, anzi adesso aveva ripreso la sua aria di beffa crudele e pareva prendesse gusto alla lotta.

— Mamma, mamma! Sono fuggita di casa, perchè lui mi ha parlato male. Non voglio più stare con lui. Voglio tornare a casa. Sono fuggita, a piedi, così, così...

La madre appoggiò la testa sul collo dell’uomo, come volesse morderlo; invece piangeva.

— Basta, — egli disse allora, — la scena ha da finire: io e questa signorina andiamo a casa sua in bicicletta.

— Lasciala almeno entrare ad asciugarsi.

— Nulla! Altrimenti prende il vizio di queste [p. 77 modifica]passeggiatine, e non si sa dove si va a finire. Su, porta qui le biciclette e il mio cappotto. Oh, a chi dico? Mica tante smorfie: vedi che accendono la luce nelle case accanto.

— Mamma, mamma, — mugolò la figlia, raggomitolandosi sulla soglia, — fammi entrare, per l’amore di Cristo. Io non torno indietro, no: io muoio, io mi uccido.

— Porta qui le biciclette, perdiosanto, o stanotte le buscate bene tutte e due. Non mi far staccare le mani dalla porta.

Le due voci risuonavano assieme, come in un duetto tragicomico, accompagnato dal coro della bufera.

— Mamma, per amore di Cristo...

La donna si passò una mano sul viso, come strappandosi un velo; ancora una volta rivedeva la sua piccola bambina, vestita di rosa dal fulgore di un lampo, aspersa dal lavacro del battesimo.

— Credo. Rinunzio.

E andò a prendere una dopo l’altra le biciclette e il cappotto del marito. Portò anche uno scialle, per la piccola; ma fu rifiutato. La piccola era già ben coperta dal suo scialle di pioggia e di obbedienza al destino. [p. 78 modifica]

*

E con l’allontanarsi delle biciclette la furia della pioggia e del vento si placò: la tempesta parve fare ala, come un popolo in tumulto che si calma al passaggio di un viatico, a quei due che l’attraversavano con la forza del loro dolore.

Poichè anche l’uomo si sentiva, in fondo, pieno di angoscia: l’angoscia della volontà che si sovrappone ad ogni istinto di ripiegamento e di riposo.

Ma quando furono nella casa degli sposi, e questi si riconciliarono, un po’ per amore, molto per il dominio inesorabile che oramai li teneva, egli, senza volerlo, senza neppure saperlo, si sentì vicino ai grandi primi uomini che con la violenza avevano creato le leggi per i loro simili.