La casa del poeta/La nostra orfanella

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La nostra orfanella

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La Roma nostra La fortuna

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LA NOSTRA ORFANELLA


Del tutto orfana veramente non è: e noi la chiamiamo così per non offrirle una morbida compassione, o un’idea patetica del suo stato, ma per tentare di prenderla in giro.

L’antefatto è questo: dopo che la madre fu costretta, per ragioni di salute, ad allontanarsi per qualche tempo da casa, il padre, obbligato a curarsi più degli affari dello Stato che della sua figliuola, l’affidò provvisoriamente alla nostra famiglia.

La bambina, graziosa, quieta, pacifica e imbrogliona, conquistò subito il nostro cuore: subito ebbe, così, un altro padre e un’altra madre; non solo, ma anche altre due madri, nelle due zie materna e paterna, entrambe conosciute dal Fisco per le tasse sui fabbricati.

Quattro case in tutto, poiché il padre vero continuava ad abitare l’appartamento della famiglia, e la bambina non mancava di visitarlo. [p. 272 modifica]

Passa un giorno passa l’altro, la mamma guarì e ritornò nella sua casa; ma nei primi tempi era ancora debole, e i dottori le ordinavano di non pensare alle cure domestiche: si venne quindi ad un accordo: la bambina, già quasi fanciulla, avrebbe diviso il suo tempo fra la casa paterna e quella adottiva, con intermezzi piacevoli nelle dimore delle altre due madri putative.

E ancora si vive in questo stato, sebbene la madre vera sia perfettamente guarita e ogni tanto accampi la legittima pretesa di riavere tutta per sè la sua figliuola. Si fa presto a dire di volere tutta per sè una ragazza di dodici anni che, accarezzata di qua, accarezzata di là, strillata di qua, strillata di là, con promesse di testamenti e minacce di busse, regali quotidiani e necessità dei suoi piccoli servizî, e sopra tutto manifestazioni di amore sincero e generale, non sa da qual parte voltarsi.

Domani. Domani ella tornerà definitivamente nella paterna dimora: se pure non andrà, per un mese, nella casa di campagna della zia o nella villetta a mare dell’altra zia.

Per questo non c’è da preoccuparsi; case, nel mondo, ne troverà sempre, come l’uccello per il quale tutti i rami son buoni. E, una volta messo il piede in queste abitazioni, la padrona sarà sempre lei: gli angoli più ignorati, gli oggetti più nascosti li scoverà lei.

Domani: per oggi è qui; e sulla nostra porta [p. 273 modifica]si può forse attaccare l’avviso permanente di quel droghiere che diceva: «Oggi non si fa credito: domani sì».

Credito sull’orfanella, s’intende.

*

Del resto, con la nuova legge sull’età matrimoniale delle donne, può anche darsi che fra due anni ella abbia una quinta e stabile dimora.

L’estate scorsa, nei trasparenti e glauchi ozî marini di Cervia, si trattò infatti di fidanzarla con un celebre scrittore vicino di spiaggia. (Nella bella stagione, tutta la costa adriatica è, come di astri a sera sono le prode del firmamento, costellata di celebrità artistiche e letterarie di prima grandezza). E lei ci stava, ridendo e nascondendo il viso nella salvietta, quando se ne parlava: segno che se ne parlava a tavola, cioè nelle ore degli affari spensierati, quando le parole scoppiano e si sgonfiano come quei petali di rosa che i bambini accartocciano e si sbattono sulla fronte.

Ella ci rideva su, poichè non ha soggezione degli uomini illustri, e neppure, il che è tutto dire, degli editori. Li conosce tutti, di persona o per fama, e ne parla come se, incontrandoli, dovesse loro battere la mano sulla spalla e dar [p. 274 modifica]loro del tu. E che spirito critico sulle loro pubblicazioni, sebbene ella non abbia un eccessivo amore per la lettura, anzi, in fatto di giudizi letterarî, la pensi come quell’antico giornalista che, richiesto di leggere un libro e scriverne la recensione, rispose:

— Fare la recensione sì, ma leggerlo no.

Più coscienziosa è riguardo alla pittura: prima di giudicare un disegno lo vuol vedere e, qui bisogna riconoscere la sua competenza, ne riconosce al primo sguardo il valore. La sua cultura, per adesso, si ferma qui: poichè, se fra lei e il lapis esiste una certa simpatia, un abisso di odio si sprofonda fra lei e la penna, come, del resto, con tutti gli strumenti che significano lavoro, pazienza e volontà.

La sua volontà è di fare della ginnastica o andarsene in giro: e non le manca mai di trovare buona compagnia. Per questo, conosce la città, antica e moderna, come un archeologo o un viaggiatore tedesco; competentissima anche in fatto di cinematografie, di spettacoli, di avvenimenti straordinari. Senza essere, per naturale pigrizia, curiosa a fondo delle cose del prossimo, sa, inoltre, vita morte e miracoli di tutte le persone della nostra contrada: basta fare un nome perchè ella ne esponga la storia; e se in questa serpeggia qualche vena di malignità, la colpa non è sua, ma della verità; poichè lei è incapace di sua iniziativa di parlar [p. 275 modifica]male del prossimo, del quale, dopo tutto, non le importa niente di niente. Forse per questo tutti le sono amici, e, amica temporanea di tutti, ella discorre con la stessa calma, in salotto col ministro dell’Educazione Nazionale, o col sor Amedeo, l’ometto miracoloso che col suo martello e i suoi svariati chiodi rimedia tutti i guasti della casa; e nella strada col grande scultore straniero o col garzone del fornaio, al quale domanda se nel sacchetto del pane c’è la pizza per lei.

La sua vera amica è ancora questa pizza, specialmente se aperta e poi richiusa sul mistero di qualche leccornia; anche coi biscotti e i pasticcini è in intima relazione, tanto che quando vengono le visite e lei si offre per servire il tè, quelli spariscono con lei e non fanno più ritorno.

E mangia pizza, e mangia paste dolci e pasta asciutta, è naturale ch’ella cresca alta e forte: se qualcuno dorme accanto al suo letto, sente per tutta la notte una specie di terremoto: è la crescenza di lei, che non cessa neppure nel sonno.

Nel suo corpo sano e ben fatto tutto tende all’in su, dal petto al naso alle sopracciglia: pare che ella debba guardare sempre verso le stelle; e, infatti, poco vede delle cose di questa povera terra; nè se c’è un mobile da spolverare o un oggetto da rimettere a posto: neppure le scale e i pavimenti esistono per lei, in modo che spesso fa dei cascatoni dai quali, per [p. 276 modifica]fortuna, la salvano le solide giunture e i cuscinetti a molla del suo sedere.

Allora piange, si ricorda delle sue disgrazie e piange ancora; o si ritira mortificata nella sua cameretta, dove la bambola sta seduta sul dizionario polveroso, fra tesori di collane di princisbecco, e, sulle pareti, dalle cartoline illustrate ridono tutti i bellissimi paesaggi della nostra Italia. Che cosa faccia chiusa per ore ed ore nella sua cameretta non si sa; a volte ne vien fuori con un disegno già bene iniziato, ma altre con i capelli ondulati alla moda. Si capisce: ha dodici anni, e il suo viso ha i sùbiti rossori e poi il diafano trascolorarsi del cielo di febbraio.

È giusto, quindi, ch’ella rida d’impeto, con malizia animalesca, quando i grandi si lasciano scappare davanti a lei qualche allusione piccante: ma è un riso tutto fisico, che non intacca le pareti bianche della sua coscienza: coscienza, d’altronde, con le finestre già aperte sugli spazî infiniti del male e del bene, ma pronta a tenerle spalancate di preferenza verso di questo. E la filosofia più solida e antica, quella che appunto le proviene dai suoi antenati, pastori di montagna, già accompagna la visione di questo panorama. Quando, per miracolo, ella siede in cima alla sedia per rammendare a lunghi punti le sue calze, pronunzia sentenze e proverbi che le fanno onore: per esempio: «Chi lavora non implora», oppure: «Tutto nella vita [p. 277 modifica]si sconta», e, infine, uno che fa proprio comodo a lei: «Ognun per sè e Dio per tutti».

E Dio, che è il padre di tutti, lo sarà ancora, speriamo per lungo tempo, delle tue madri e dei tuoi padri terreni, onde essi possano custodire la tua giovinezza, come gli archi del molo, nel primo mattino, la barca veliera che aspetta il sorgere del sole per slanciarsi in mare.