La cavalleria italiana e le sue riforme/Bardatura, attrezzi da campo ed impedimenti

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Armi Evoluzioni, comandi e segnali
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Bardatura, attrezzi da campo ed impedimenti.


La bardatura, da cui dipende l’incolumità del cavallo nelle marcie o in campagna, è nel suo complesso talmente pesante e difettosa, che le precauzioni che insegna la pratica, e la massima attenzione, non valgono ad impedirne gli affetti.

La sella all’ungherese, attualmente in uso, sarebbe comoda, leggiera, di poca spesa, di molta durata, e di scarse riparazioni; se non si fosse guasta, colla pretesa di modificarla ove [p. 67 modifica]non si doveva; lasciandola com’era, ove qualche modificazione poteva pure adottarsi.

L’arcione1 è corto; ha bande troppo strette, rese deboli dall’incastro degli archi, e non abbastanza convesse.

L’arco anteriore, alzato dal pomo, forza la mano delle redini ad una elevazione contraria al miglior modo di condurre il cavallo.

L’arco posteriore, prolungato dalla paletta che prosegue in dritta linea, riesce ugualmente troppo alto, a causa della grossa valigia; forza il cavaliere ad alzar troppo la gamba nel montare a cavallo, e nuoce al balzar in sella in armi, con tutto il carico.

A rimediare a tutti questi inconvenienti, bisogna prima di tutto dar più lunghezza e convessità alle bande; poi togliere il pomo all’arco anteriore, e combinare l’elevazione della paletta al posteriore, in modo, da formare con esso un angolo ottuso, bastante a tener sollevata nel mezzo la valigia a due dita dalle reni.

I due archi, fissati alle bande contro il rialzo formato dalla loro maggior grossezza, e rinforzati da sottile lista in ferro, vi siano uniti non più ad incastro, ma mediante correggiuole passate in sei fori, corrispondenti ad altrettanti sulle bande stesse.

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La fonda andrebbe tolta, e vi sarebbero dinanzi due saccoccie in pelle nera, come l’attuale.

Il cuscinetto sarebbe ricoperto con pelle più consistente, dovendo abolirsi la inutile e dispendiosa gualdrappa.

Tutti i cuoiami vi sarebbero mantenuti; si darebbe minor lunghezza alle correggie, per la ristretta valigia e pel diminuito carico, e la sola cinghia sarebbe modificata. — A sinistra, la controcinghia, ora allacciata nel mezzo della banda, si biforcherebbe invece superiormente agli scontri in modo da formar due capi, — uno sarebbe fissato verso l’arco anteriore; l’altro verso quello posteriore. La stessa cosa si farebbe alla cinghia dalla parte destra, e così la sella avrebbe tutta l’immobilità possibile, coll’impedirne l’attrito, prodotto dalla marcia del cavallo e dai movimenti del cavaliere sulla sella, fissata come ora in un sol punto.

La gualdrappa aggrava il peso di kilogrammi 3,600; costa lire 50,070, ed è tutt’altro che un ornamento. Un carico benfatto, ben disposto e netto, è assai più bello di tutto quel pelone da becco, sotto cui sparisce il cavallo, e che spesso copre un carico malfatto e mal disposto.

La sua abolizione per tutti i 19 reggimenti di cavalleria, che attualmente abbiamo, porterebbe un vantaggio di lire 639,293,760.

La coperta da sella sarebbe ottima; ma quella in uso contribuisce assai più al peso ed alla spesa, che allo scopo di guarentire il dorso. — Grande oltremisura, piegata anche in 16, si prolunga troppo oltre le bande. La sua parte lanosa, piuttosto corta, finisce presto e lascia scoperta la grossa trama. Imbevuta del sudore del cavallo, s’indurisce quando è asciutta, e coll’attrito della sella, l’effetto produce d’una raspa: — nelle piegature si sfila presto, e poi si straccia dapertutto. — La spilorceria allora ne impedisce il cambio. Con pezzi vecchi si pongon tacconi ai grossi buchi; — due o tre vecchi teli cuciti assieme le rifanno a nuovo; ed il sellaio industre le cuciture col passamano afforza.

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Intanto, nella marcia sull’Oglio2, gl’impedimenti s’accrescono di molti carri, colle accatastate selle; e la lunga fila dei cavalli invalidi, condotti a mano dai cavalier pedestri, vi danno il miserando spettacolo della ritirata di Mosca,..... con un sol di luglio. — Ma ciò che importa?!.. La massa bardatura cresce e s’impingua; e tanto basta perchè ad una ispezione amministrativa non manchino encomi all’amministrator solerte!

Bisogna che la malintesa economia, quella economia taccagna e spilorcia, che vi fa spendere domani dieci volte più che non risparmiaste, sparisca. — Bella economia, quella che vi riduce dopo un mese o due di marcia a non aver nemmen due terzi dei cavalli disponibili, come si è veduto in parecchi reggimenti, nell’ultima campagna! — Qualunque cavallo ferita vi toglie un uomo, che con infinite cure doveste addestrare, non certo per doverlo lasciar valido in un deposito, a far da infermiere al suo cavallo!

La coperta da sella sia dunque migliorata nella sua qualità, abbia lana più morbida, e più lungo pelo al difuori; si pieghi in dodici, e s’impiccolisca in modo da oltrepassar le bande quattro dita dinanzi, e due di dietro.

L’economia prodotta dalla diminuita dimensione porterebbe diminuzione di peso se non di prezzo; ma sarebbe abbastanza compensata dalla miglior qualità con evidente vantaggio nella sua durata e nelle suo conseguenze.

In campagna, servendo anche a proteggere il cavaliere sotto la tenda, rende superflua la coperta da campo di cui dovrebbe alleggerirsi il carico, ad eccezione degli smontati a cui soltanto dovrebbero distribuirsi.

Le bisaccie un po’ più ristrette sian fatte in modo che, messo sulla sella, rimangano più in alto, affinchè stiano più ferme nelle andature veloci.

Le reticelle da foraggio dovrebbero abolirsi, perchè può farsene a meno; costano complete lire 2,500; si perdono [p. 70 modifica]facilmente; e quando son piene riescono voluminose, e sbattono sui fianchi, con incomodo evidente del cavallo e del cavaliere.

La razione di foraggio sia ridotta a corda; ed, avvolta strettamente su se stessa, formi due bassi cilindri, che uniti con una cordicella, scendano sul dinanzi dietro le saccoccie.

La briglia è pesante, carica troppo la testa del cavallo, la incomoda per la sua complicazione, o la tien chiusa come in una rete.

Il corame v’è profuso con un lusso che non si sa spiegare. — Doppio sopraccapo; doppie sguancie; doppio sottogola; undici fibbie; e treccie, e piastrette per Ussari e per Guide.

In marcia o in campagna, vi si aggiunge ancora la più brutta ed incomoda capezzaccia da stalla in maschereccio, di 700 grammi di peso, e assai più di sudiciume e d’indecenza.

Tutti i corpi di cavalleria l’hanno uguale, compresi eziandio i reggimenti di formazione posteriore agli Ussari, quantunque questi ne avessero già una assai più leggiera, economa e razionale.

Questa briglia, che lascia la testa assai più sgombra, e non ha tante fibbie inutili, dovrebb’essere adottata, facendovi però alcune leggiere modificazioni per renderla ancor più semplice ed economica.

La sguancia di destra dovrebbe prolungarsi in modo da formare essa sola il sopraccapo e il riscontro della sguancia sinistra. Le fibbie sarebbero così ridotte a cinque, cioè; sguancia di sinistra, sottogola, museruola e due portamorsi. — Le treccie colla piastretta vi sarebbero tolte, perchè la cavalleria, essendo fatta per la guerra, non deve aver cose che alla guerra non abbiano scopo.

La capezza da scuderia sarebbe in corame nero, perchè più forte e di maggior durata; avrebbe frontale, museruola con anelli quadrati alle sguancie, e sottogola ricavato dalla larghezza del sopraccapo. In marcia o in campagna, si lascerebbe al deposito, e sarebbe surrogata da altra capezza fatta con un solo pezzo di corda incatramata. Questa capezza costa [p. 71 modifica]poco; ogni soldato da se stesso può farla dovunque; nè farebbe sul cavallo cattivo effetto, perchè si vedrebbe esser cosa provvisoria e di circostanza.

Il trasto3 sarebbe composto di una taschetta di tela con cordicella a guaina; una brusca; una striglia, ed una sponga. — La striglia, che tanto ingombra per la sua forma, dovrebbe essere senza manico; aver la cassa rotonda, del diametro non maggiore alla larghezza della brusca; co’ suoi pettini e coltelli di calore, disposti parallelamente ai due martelli, a cui sarebbe assicurata la striscia di corame che la ratterrebbe sulla mano per poterla meglio adoperare.

A compimento della bardatura, oltre la taschetta di tela da dar la biada, ogni cavaliere dovrebb’essere munito di un piuòlo in legno forte, indurito al fuoco per un terzo oltre la punta, e avente superiormente una ghiera con un anello, a cui ognuno legherebbe il suo cavallo al campo.

Questo piuòlo si porterebbe sulla saccoccia sinistra, e permetterebbe sopprimere le lunghe corde coi paletti ferrati; i quali portandosi sui carri, che di rado seguono il reggimento nelle sue marcie in campagna, non s’hanno mai pronti quando dovrebbero servire.

Di più, le lunghe corde, se pur s’adattassero sull’affardellamento, vi sarebbero sempre 4 cavalli per ogni squadrone, soverchiamente caricati; — bagnate dalla pioggia, s’avvolgono con difficoltà; aumentano di peso, per la terra e l’acqua che le inzuppa; e colla gelata, è impossibile piegarle senza prima riscaldarle al fuoco, ciò che richiede tempo, e non è sempre possibile.

La bardatura si comporrebbe così delle seguenti robe:

1 Sella completa con sopraffascia;
1 Coperta da sella;
1 Briglia con morso e filetto;

1 Filetto abbeveratoio
1 Capezza da scuderia
in guarnigione;
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1 Capezza da campo;
1 Trasto;
1 Taschetta da biada;
1 Paio bisaccie;
1 Corda per foraggio;
1 Piuòlo.

Tutto sarebbe semplice, leggiero e ragionato; nè più vi si vedrebbero tante complicate superfluità; tante cose d’imbarazzo, tanti inutili ornamenti; che non servono ad altro, che ad aggravare il tesoro, aggiunger peso al cavallo, e dare incomodo al cavaliere.

In campagna, ciascuno sarebbe inoltre provveduto di un sacco da tenda co’ suoi puntelli; ogni due squadroni avrebbero una fucina da campo; ogni squadrone, un solo carro leggiero per le valigie degli uffiziali e pei sacchi degli smontati. — Gli attrezzi da cucina sarebbero caricati sul cavallo da basto che seguirebbe sempre lo squadrone, per non mancarne mai, quand’anche il carro non dovesse, o non potesse tenergli dietro, nelle sue marcie o nelle rapide escursioni.

In questo modo anche gl’impedimenti che tanto nuocciono alla mobilità di un esercito, sarebbero ridotte allo stretto necessario; e la loro presenza, o lontananza, non avrebbe più quelle conseguenze, che ci furon così funeste nella scorsa guerra.

Note

  1. L’invenzione dell’arcione rimonta al V secolo. Sino a quell’epoca non si conosceva, nè sì potrebbero chiamar selle le bardelle imbottite a trapunto, o le pelliccie a più doppie che adoperavano gli antichi per aver un assetto più fermo e non ferire il cavallo, come si legge in Senofonte. — I Romani le assicuravano con tre cinghie; una al pettorale, l’altra alla groppiera e la terza fasciava il ventre del cavallo. — La chiamavano ephippium e se ne vede la forma nelle antiche medaglie, e specialmente in Roma nei bassorilievi della colonna Traiana, dell’arco di Costantino e della colonna Aurelia, detta volgarmente Antonina.
         Le staffe completarono l’invenzione della sella, che fu perfezionata verso la fine del VI secolo, cioè duecento anni dopo, sotto il regno di Teodosio come si legge negli scritti militali attribuiti all’Imp. Maurizio.
  2. Campagna d’Italia del 1860.
  3. Taschetta da governo con suoi attrezzi. V. Ballerini Dizionario militare.