La cieca di Sorrento/Parte quarta/V

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V. Prime impressioni

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V.


prime impressioni


Una novella esistenza stava per aprirsi dinanzi a Beatrice; esistenza direm quasi compiuta, però che quella che aveala preceduta non era stata che un’ombra, un fantasma oscuro di vita, una notte visitata da placidi ma malinconici sogni. Un avvenire colorato da tinte divine succedeva ad un passato monotono, sepolcrale; la gioia, l’ilarità, il modo tenevan dietro alla tristezza, all’immobilità; l’anima e la vita insomma succedevano alla materia ed alla morte.

Dopo l’operazione, Gaetano avea proibito a tutti di avvicinarsi all’inferma; una calma inalterabile era necessaria non turbata da emozione veruna.

La contrazione dell’iride e lo stato d’irritazione di tutta la congiuntiva tenean tuttavia chiuse le palpebre di Beatrice, la quale rimase per moltissime ore in una specie di stupefazione.

Non è descrivibile l’ansietà del Marchese di rimirar le pupille di sua figlia ed esserne riconosciuto; ma Gaetano fu inesorabil guardiano alla soglia della camera della fanciulla per impedire che alcuna cosa sturbasse il riposo necessario alla convalescente.

Dopo ventiquattr’ore dall’operazione. Beatrice cominciò a distinguere i primi oggetti che le caddero sotto agli occhi. [p. 53 modifica]

Tralasciamo di descrivere quelle ineffabili commozioni onde trasaliva il cuor di lei ad ogni girar di pupilla quella gioia sovrumana che accompagnava i suoi primi sguardi. — Beatrice piangea, ridea, si alzava involontariamente, stendea la mano verso di ogni obbietto, arrossava, impallidiva.

Dapprima ella non potea soffrire che una fioca luce, e tutti gli oggetti le sembravano grossi, ma a seconda che altri più grossi ne vedea, i primi si rimpicciolivano e prendeano a’ suoi occhi più naturali proporzioni. Ella credeva eziandio che tutti gli oggetti le fossero applicati contro gli occhi e quelli che presentavano una forma più regolare, senza ch’ella potesse darne ragione, erano quelli chè più le gradivano. Era curioso l’osservare che tutti quegli oggetti, che ella riconosceva e nominava essendo cieca, ora non più sapea distinguere, e tutti li confondea, comechè di forme differenti si fossero. Quando le si presentava un oggetto, cui ella conosceva in addietro per mezzo del tatto, il considerava con la massima attenzione, ma tosfento il dimenticava, perocchè troppo grande era il numero delle cose e de’ nomi che dovea ritenere a memoria. La confusione delle sue idee sul bel principio era spaventevole.

Non si formava un’idea della grandezza degli oggetti che colpivano la sua retina che applicando le mani su tutta l’estensione di essi; il tatto non lasciava ancora di esser per lei il senso squisito che era stato per là addietro.

Laddove per lo innanzi ella camminava [p. 54 modifica]dovunque con sicurezza, questa volta parea che temesse di dare un passo: era stata per qualche tempo in una stupida immobilità, ed a grande stento la ti potè rimuovere alquanto, obbligandola quasi a camminar nella sua camera. L’avresti detta una bimba che tenta i primi passi; ella piangea senza motivo e restava talvolta con le mani congiunte in atto di preghiera.

Benchè ella sapesse che la camera in cui stava era più piccola della casa, non potea rendersi ragione del perchè la casa le paresse più grande della camera.

Per qualche tempo non potè persuaderai che i paesaggi dipinti rappresentassero corpi solidi, e stimavali tanti piani diversamente colorati, ed allora che le si disse esser quelle figure di oggetti, ella volle toccarli, e non trovando altro che superficie, domandò se era la vista o il tatto che l’ingannava.

La prima persona che le si presentò poscia ebe riacquistato avea il supremo senso del corpo, fu Geltrude. Nel vederla, Beatrice mise un grido di gioia e di sorpresa, e le addimandò paurosa chi ella si fosse.

Geltrude le baciò la mano, versandovi sopra una lagrima di tenerezza, le disse di esser ella Geltrude, colei che tenuta le avea lungo di madre per molti anni, e quindi le chiese il permesso di abbracciarla.

Beatrice l’attirò nelle sue braccia e si sciolse in copiose lagrime.

— Grazie, grazie, amica mia, madre mia... [p. 55 modifica]oh non mi abbandonate! non mi lasciate sola! E mio padre... dov’è il padre mio?

Queste parole non erano profferite, che il Marchese avea gittato le braccia al collo di sua figlia, e coverta ne avea la fronte di lagrime e di baci.

E quando, dopo un dieci minuti di un’ebbra tenerezza tra il padre e la figlia, il Marchese si staccava dalle braccia di lei, Beatrice cadde col capo sulla spalliera della sua sedia.

Ella era priva di sensi!

Il Marchese, Geltrude e i servi circondaron la fanciulla, le furon sopra con affettuose cure e aspettarono, attorno a lei, che quella potente commozione del cuore fosse a poco a poco svanita.

Gaetano area raccomandato di non cagíonar le sensazioni troppo vive, ma come rattenere gli slanci di due anime poste, come il Marchese e sua figlia, nella concitazione di così cari affetti? Sallo Iddio quel che il Marchese avea sofferto per non islanciarsi fin da’ primi momenti verso la diletta figliuola; ma Beatrice facea le più calde premure di vedere il genitore; la costui assenza dal suo fianco pareale così strana cosa, che non rifinava di chieder di lui ad ogni momento.

Un’altra persona non ancora si era presentata agli occhi di Beatrice. Dapprima, nella sua ineffabile confusione, ne’ suoi trasporti quasi infantili, ella non avea pensato a Gaetano; ma tosto il pensier di lui affacciossi alla mente della giovinetta, e nella delicatezza della sua [p. 56 modifica]anima non dimandò di vederlo, imperocchè Gaetano al titolo di medico congiungea quello di amante.

Il Marchese dovea preparar l’animo di lei a ricevere la prima visita del fidanzato; epperò, non sì tosto rimessa e tornata in sulle di mostrazioni di tenerezza tanto che per ben due ore era una gioia demente tra la figlia e il padre che non poteano saziarsi di riguardarsi l’un l’altra, il Marchese le parlò di Blackman. La fanciulla arrossò tutta, nascose il capo nel seno paterno e a bassa e lagrimevol voce, gli disse:

— E perchè non viene il signor Blackman? Perchè s’invola alla mia riconoscenza? Dopo Dio, non debbo a lui questa seconda esistenza che mi si apre dinanzi agli occhi?

— Il signor Blackman ha voluto cedere il posto all’amor paterno, figlia mia, le rispose il Marchese: la sua anima è nobile, dilicata. Imitando la Provvidenza che spande i beneficii e si nasconde agli sguardi degli uomini, Oliviero, benchè arda di mettere a’ tuoi piedi la sua esistenza, non ha voluto mostrarsi a te che dietro tuo permesso. Oh com’ei trema di comparirti dinanzi, figlia mia!

— Ei trema! e perchè? Che cosa m’importa che egli non è bello come te, padre mio! Iddio mi comanda di amarlo, ed io l’amerò. Padre mio, non so quello che io provai per quest’uomo, allorchè la sua mano mi strappava dalla pupilla quel velo di morte che per diciassette anni mi aveva forato la luce del [p. 57 modifica]sole. Oh! in quei momenti io lfamava, padre mio, l’amava; il mio cuore era un fiume di riconoscenza! E quando i miei occhi si apriron la prima volta dopo l’operazione, io credetti un sogno quanto mi era accaduto. Oliviero Blackman mi si rappresentava alla fantasia come uno di quegli angioli che io vedea spesso nelle mie notti.... Oh padre mio, se ora io godo la gioia suprema di riguardare il tuo volto, a chi lo debbo, se non ad Oliviero?

In questo, un uomo si gittò a’ piedi della fanciulla senza dir motto.

Beatrice dette un grido di sorpresa e, per un movimento irresistibile, sollevò la testa di Gaetano.

— Voi, signore! Voi Oliviero Blackman!!

Gaetano non rispose, ma pallido... e cogli occhi smorti guardava le pupille di Beatrice, come assorto in celeste visione.

— Egli è desso, disse il padre, è il tuo salvatore... il tuo sposo!

Beatrice si abbandonò nelle braccia del padre, il quale la strinse con indicibil tenerezza contro il suo cuore; Gaetano si alzò, incrociò le braccia, e, parlando tra sè medesimo, profferiva queste parole:

- Mia! mia!... Oh non è possibile! non è possibile! tanta felicità non è per me!!