La cieca di Sorrento/Parte quarta/IV

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IV. L’operazione

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IV.


l’operazione


Tornato a Sorrento, Gaetano non disse motto della strana e terribil vendetta onde avea punito le malvage opere del cav. Amedeo, e tutto si consacrò a’ preparativi della grande operazione, che dovea ridonar la vista a Beatrice.

Era serbato al secolo de’ portenti, al decimonono secolo, il veder levata ad un’altezza favolosa la scienza medica e propriamente quella [p. 40 modifica]che alla parte pratica ed operativa si attiene. Il perfezionamento degli studi anatomici ha dato sviluppo grandissimo all’arte di operare, interamente sconosciuta agli antichi appunto perchè privi di cognizioni precise di notomia. Felici conquiste per l’umanità, le operazioni oggidì più difficili, più incredibili, non escono dal circolo de’ fatti positivi della scienza, la quale perviene a strappare alla morte od alla sofferenza migliaia di vittime che per lo addietro rimanevano abbandonate alla lor sorte infelice, perocchè la medicina confessava la sua impossanza a fronte di certe organiche anomalie. La Chirurgia, questa mano della scienza, ha acquistato oggidì tal sicurtà e tanta perfezione che essa ormai disprezza le vacue teorie scolastiche, e, poggiata sulle ali del proprio genio, va posta nel novero delle scienze più benefattrici dell’umanità. Le operazioni sono la sua estetica la sua poesia: essa esclama come il popolo ebreo:

Dives et pauper obviaverunt sibi; utriusque fuit operator Dominus.

E Gaetano possedeva ad un grado eminente tutte le qualità di un grande operatore. Egli non era nè troppo giovine nè vecchio, imperciocchè se l’operatore è troppo giovine, manca di ritenutezza, di esperienza, di sangue freddo; dominato da un’ardente immaginazione egli non calcolerà tutt’i suoi movimenti ed anche tutte le sue parole; strascinato forse dal desiderio della celebrità, da quella brama di far rumore nel mondo che gli antichi [p. 41 modifica]chiamavano famae scabies, e che oggi potremmo addimandar famae rabies, egli disprezzerà le lezioni dell’esperienza; troppo fiducioso ne' proprii mezzi sarà temerario e arrischievole.

Se troppo vecchio l’operatore sarà in lui difetto di quelle tre qualità indispensabili pel buon successo d’un’operazione e indicate in questi tre avverbi latini tuto, cite et jucunde, vale a dire che l'operazione debb’esser fatta con sicurtà, con prestezza e con giocondità.

Gaetano era dotato di grandissima presenza d'animo, di fermezza nel carattere, d’imperturbabile sangue freddo, di pazienza direm quasi nordica, e di genio. Quest'ultimo, è necessario a’ grandi operatori siccome è necessario agli artisti. Un chirurgo senza immaginazione sarà un freddo pedisseguo di quello che avrà apparato: qualunque incidente straordinario sopravvenga nell'atto dell'operazione, qualunque inaspettato fenomeno il rigetterà nell’imbarazzo gli farà oscillar la mano. Il genio rende il chirurgo operatore superiore a tutt’i fenomeni che si posson presentare, ed ispira all’ammalato fiducia e sicurezza. Arte monus regitur, genius praelucet utrique.

Gaetano accoppiava alla doti de’ più celebri operatori di occhi come Langenbeck di Gottinga, Demours e Moinoir, la propria esperienza e lo sguardo infallibile.

Per un fenomeno curioso e bizzarro, Gaetano che era deforme nelle fattezze corporali, aveva nondimeno una mano bellissima e acconcia alle più difficili operazioni chirurgiche. Ferma, [p. 42 modifica]leggiera, flessibile, quella mano non deviava giammai dal movimento che le davan il pensiero della scienza ed il genio dell’artista. E quella mano non sì tosto poggiavasi in sulla fronte dei ciechi per operare l’estrazione o l’abbassamento del cristallino, animava il loro coraggio, ispirava la loro sicurezza e non ora già la mano chirurgica immisericordiosa, al dir di Celso, ma la mano amica, fraterna che aveva pe’ ciechi un linguaggio che eglino soli potean comprendere, e che mettea ne’ loro cuori la gioia della certezza d’un’imminente guarigione.

La fama straordinaria e universale che in poco tempo avea renduto il nome del Blackman celebre in Europa non era mica fondata su gli annunzi stampati a grandi lettere ne’ giornati, o sovra altri simiglianti veicoli dei ciarlatani. Gaetano era divenuto celebre e ricco quasi senza saperlo, e solo colla forza dell’ostinatezza e della perseveranza nell’arte; ed in questo egli non era dissimile dagli altri sommi geni nelle altre arti, i quali, non avrebbero giammai potuto raggiunger grido e dovizie, se perseveranti non fossero stati, superando ostacoli e pastoie.

Gaetano, insignoritosi profondamente della scienza, erasi quindi abbandonato al proprio genio per la pratica, così che la scienza nelle sue mani più non era che un’arte come tutte le altre, con le sue ispirazioni, co’ suoi trovati, coi momenti febbrili, e con le indicibili gioie d’insperate e quasi impossibili guarigioni. [p. 43 modifica]

Giunse il di prefisso all’operazione che dovea restituir gli occhi a Beatrice...

Gaetano si alzò co’ primi albori del giorno; uscì fuori al terrazzino della sua camera, e rivolse al cielo una tacita prece... La sua fronte era serena come quell’aurora che preconizzava una di quelle giornate di Sorrento, immagine abbozzata d’una felicità immemorabile come le ispirazioni del cuore. Parea che Dio volesse colmare d’una luce vereconda e pura il giorno in cui le tenebre si sarebbero dissipate dagli occhi di un angelo.

Un mese intero Gaetano avea consacrato allo scioglimento del gran problema medico, che avrebbe deciso, non mica d’una di quelle tante esistenze a lui indifferenti e delle quali pure avea protratto il termine che le infermità di ogni sorta minacciavano di ravvicinare, ma bensì della sua propria vita, che tanto era ligata alla felice e perfetta esecuzione d’un’opera pressochè prodigiosa. Durante un mese intero il giovine medico non era uscito della sua camera, assorto incessantemente ne’ suoi studii; nè si creda che ci si trovasse a fronte di uno sperimento nuovo per lui, e che però titubasse tra le incertezze d’un applicazione pratica... No, Gaetano era tranquillo e certo del fatto suo... La scienza gli dava la profonda convinzione d’una brillante riuscita. Perchè dunque raccolto si rimanea nella solitudine della sua camera? Perchè, quantunque la scienza gli desse sicurezza, ci sentiva non pertanto il bisogno di consultare le opere più rinomate che in [p. 44 modifica]lnghilterra, in Germania, in Italia si sono pubblicate sulla cecità e sulla sua guarigione.

Attentamente rileggeva a tal uopo il Chirurgo operatore di Covillard, il Trattato sulle operazioni di Chirurgia dell’inglese Sharp, il Discorso sulla riforma necessaria ne’ metodi e ne gl’istrumenti per le operazioni chirurgiche di Ecrel, il Trattato delle operazioni di Rossi, e i dotti volumi di Roux, di Bell, di Schreger, di Sprengel, di Sabatier e di tanti altri che a questa specialità della scienza medica si son consacrati.

Da qualche anno Gaetano erasi posto in corrispondenza coll’oculista inglese K......, e seco lui frequentissimamente in via epistolare s’intratteneva sugli argomenti più astrusi delle materie mediche, che segnatamente alle infermità degli occhi ragguardavansi. Numerosi furono i ben avventurati, cui il K... rendea il supremo bene della vista, a chi togliendo l’annosa cataratta, a chi guarendo lo strafiloma e l’idroftalmia, a chi curando il difficile e penoso ectropio; e ciascuna di queste ardue operazioni era da lui eseguita in pochi dì, e tutte con invidiabile felicità. A questa singolare virtù della mente congiungeva il K... le più sublimi doti del cuore, chè a’ miseri recava ogni maniera di aiuto e di conforto, a’ ciechi strappava il funebre ammanto onde i loro occhi erano avvolti, a’ sofferenti alleviava la pena, senza che un pensiero d’interesse si fosse unqua frammischiato a così belli slanci del suo animo; anzi a coloro, cui ritornava la vista, del [p. 45 modifica]bisognevole eziandio provvedea, per la necessaria cura posteriore.

Gaetano non potea mancare di attingere nuove e peregrine ispirazioni nelle vaste cognizioni di un tanto uomo, epperò anche questa volta lo interrogò, ed ebbe la soddisfazione di vedere che le sue idee si accordavano interamente con quelle del K...

È indicibile la commozione onde Gaetano vide spuntare il giorno dal quale dipendeva l’intera sua vita. Se un gran batticuore accompagnava pressochè sempre le sue operazioni sovra persone indifferenti, si figuri chi può con che palpiti si accingeva questa volta a porre la sua mano sulla fronte di quella fanciulla a lui tanto cara! Solamente gli artisti che si accingono a correggere un difetto in un capolavoro posson comprendere quanto sien terribili per commozioni quegl’istanti, in cui la mano dee portarsi su bella fattura. Allorchè Michelangelo si apprestò a ritoccare un lavoro di Raffaello, la sua mano tremava; il vecchio suo cuore battea con balzi violenti, e l’anima sua era tutta nel pennello che dovea passare su gli affreschi dell’Urbinate.

In queste situazioni era Gaetano, aggiugnendosi a’ palpiti dell’artista quelli dell’amante. Ma il medico comprese che egli dovea far tacere ogni emozione che avrebbe potuto fargli oscillar la mano, e si promise non dare ascolto ad altra voce che a quella dell’arte.

Beatrice pregò lungamente la vigilia del giorno prefisso, e, levatasi secondo il consueto pria

o. [p. 46 modifica]dell’alba di questo giorno, pregò benanche l’anima della madre d’intercedere tanta grazia dal trono dell’Altissimo e di assisterla in quei momenti solenni. Rassegnata a’ voleri di Dio e del padre, ella non si era abbandonata a nessuna speranza, a nessuna illusione, ma in pari tempo non disperava della grazia che forse la provvidenza le avrebbe impartita, mercè le preci della diletta sua madre.

Il marchese Rionero era agitato... convulso... stordito... A quando a quando un fiume di gioia traboccavagli sul volto che tosto s’irradiava; talvolta l’incertezza ed il timore spandeano sulle sue gote mortal pallidezza... Ei non sapea staccarsi un momento d’attorno alla figlia, che pareva essergli diventata vie più cara adesso che gli occhi di lei si sarebbero aperti all’alma luce del giorno. E pure mille dubbii l’assalivano ancora! Se il dolore le avesse dovuto arrecare altro male! Un’ora prima dell’operazione, il Marchese e Beatrice s’inginocchiarono dinanzi alle Immagini del Cristo e della Vergine Madre, e recitarono calde preghiere per impetrar di conservare la grazia della vista alla cara fanciulla.

Verso le undici del mattino, Gaetano entrò nella camera di Beatrice... Egli avea nella destra mano una scatoletta d’oro, nella qual erano riposti i diversi istrumenti, che gli abbisognavano... Il marchese Rionero baciò con tenerezza la figliuola, strinse la mano di Gaetano; parea trasognato; gli sembrava impossibile, scorgendo la serenità del medico, che [p. 47 modifica]niuna dubbiezza assalisse costui sulla riuscita dell’operazione... Comprese finalmente esser necessario di allontanarsi.

— Signor Marchese, gli disse Gaetano in disparte, una piccola commozione, una distrazione qualunque potrebbe farmi vacillar la mano... Non aggiungete altre cagioni di turbamento a quelle che risente il mio cuore. Comprendente quanto è necessario lasciarmi una intera libertà di azione...

Il volto del Marchese era tutto coverto di lagrime: ei non potè rispondere che abbracciando Gaetano. Gittò un’altro lunghissimo e tenero sguardo sulla figliuola... e si ritrasse.

Gaetano restò solo con Beatrice...

Alquanti secondi passarono nel più profondo silenzio dall’una parte e dall’altra.

Beatrice stava seduta sovra una sedia a bracciuoli, di fronte all’ampia finestra e col capo piegato sulla spalliera. Una veste di camera bianca come la neve le dava l’aspetto di una di quelle vergini addormentate che noi veggiamo sovente nella nostra fantasia ne’ primi anni della vita. Le cortine erano abbassate, siccome avea disposto Gaetano, le imposte socchiuse, sicchè fioca penetrava la luce lì dentro, e spargea sulla persona della cieca quel velame vaporoso, che circonda un cadavere di fresco posato sulla bara.

Gaetano la guardò un istante con gli occhi avidi d’amore. Vi fu un momento che una nube gli passò sulle pupille; la presenza di quella vergine così bianca... così bella, di quella donna che racchiudeva nel suo seno tanti tesori di [p. 48 modifica]amore, di quella fanciulla che egli amava sovra ogni cosa mortale, gli dava un capogiro... un bagliore, per modo che disperò di padroneggiar se medesimo nel momento dell’operazione.

— Beatrice, le disse finalmente Gaetano con sommessa e solenne voce, questo momento è il più bello e il più terribile della mia vita... Oh... voi siete tanto a me cara che io tremo di non possedere tutta quella freddezza di che il mio braccio ha bisogno per aprire gli occhi vostri alla luce.

— Ed è vero, Dio mio, ed è vero! sclamò la giovinetta in un trasporto irrefrenabile di matta gioia, io riacquisterei la luce! io rivedrò mio padre!... rivedrò il cielo! vedrò i miei fiori!... O mio Dio, mio Dio, non farmi morire pria di questo divino momento.

— Voi vedrete anche me, Beatrice, e mi odiorete, oh! sì... voi mi odierete...

— Odiarvi! E potete pensarlo? A chi sarò io debitrice della felicità di rivedere il creato? E dopo Dio, non dovrà a voi le mie benedizioni?

— Oh... non dubito, ripigliò tristamente Gaetano, non dubito che sarete riconoscente all’uomo che vi ha renduta la vista... ma è forse la riconoscenza il sentimento ch’io vi domando? oh! Beatrice, o creatura più che umana, perdonami....perdonami... è questa l’ultima volta ch’io ti parlerò del mio amore, del mio ardentissimo amore; perocchè questa è forse l’estrema volta ch’io ti volgo la parola senza che tu possa guardarmi ad arrossire. Oh io ti amo con una frenesia, con un trasporto che tu non puoi comprendere... dimmi, Beatrice, dimmi che mi [p. 49 modifica]amerai, te lo chieggo in ginocchi in questo supremo istante; dimmelo, Beatrice, ed io sarò compensato abbastanza.

E Gaetano si gittò alle ginocchia di lei, e pianse col capo curvato su i gomiti della sedia a bracciuoli.

— Sig. Blackman, disse la fanciulla, la vostr’anima è bella e nobile, io vi amerò... sì, sento che vi amerò.

— Ciò mi basta, rispose Gaetano, altro non chieggo; queste parole daranno al mio braccio la forza di oprare prodigi... Andiamo, il tempo stringe, e vostro padre è lì che conta i minuti secondi... Beatrice, ora io non sono tuo amante, ma tuo medico. La mia mano dovrà proccurarti un dolore intenso ma istantaneo; mi perdonerai tu?

— Anche se dovessi morire un istante dopo; morrò contenta e felice di riveder mio padre... e voi.

— Fine alle commozioni, Beatrice, disse Gaetano; ormai ricomponetevi; la vostra anima sia tranquilla come la vostra fronte; sia questo momento simile a tutti gli altri della vostra vita... Badate in ispecie di non fare il minimo movimento col capo e col corpo nell’atto dell’operazione; pensate a Dio e a vostra madre. Dal canto mio, eccomi freddo innanzi a voi; la mia mente è tranquilla e serena, e questo ardente mio cuore non avrà la forza di turbare i movimenti del mio braccio...

Gaetano altro non disse; egli sapea che le donne in generale hanno maggior forza e coraggio degli uomini nel sopportare le operazioni. [p. 50 modifica]

Egli tirò per le girelle te sedia a braciaiuoli su cui stava seduta Beatrice, e la situò di lato alla finestra per modo che la luce venisse di fianco e non cadesse direttamente sulla retina della neofita alla luce.

Gaetano aprì la scatoletta d’oro e ne cavò l’Ago di Scarpa. Il medico si situò in faccia alla cieca; con la sinistra ne tenea fermo il capo, e con la dritta si apprestò all’operazione dell’occhio sinistro.

Beatrice mise on piccolo e sordo gemito... La sclerotica era punta.

Altro grido soffocato fu messo dalla cieca.

La lente cristallina era abbassata.

Dopo alquanti secondi più non eravi opacità..., la pupilla era libera!

Momenti terribili!

Di repente, Beatrice manda un grido straziante e perde l’uso de’ sensi: le fattezze del suo volto sono bianche come quelle d’una statua di marmo.

Gaetano socchiuse maggiormente le imposte accostò alle narici della fanciulla un’ampollina di etere, e quindi suonò il campanello — Era questo il segno convenuto.

Il marchese Rionero comparve sotto l’uscio; i suoi occhi interrogarono con indicibile ansietà la fisonomia del medico. Egli era pallido, tremante, sbalordito.

— È fatto! esclamò Gaetano a voce bassa e quasi tronca dal pianto; una pupilla è già libera!

— Oh Dio, Dio ti ringrazio, esclamò il [p. 51 modifica]padre gettandosi in ginocchio nel mezzo della camera, e scoppiando in un torrente di lagrime...

... Figlia, figlia mia!

E volea slanciarsi per abbracciarlo, ma Gaetano glielo impedì.

— Silenzio, signor Marchese, gli disse; tutto non è ancora fatto. Una forte commozione nervosa in lei potrebbe distrugger tutto. Questi momenti sono miei, interamente miei; vi proibisco di comparirle innanzi avanti che un giorno sia scorso. Ritiratevi ora e lasciate che io compia l’opera.

Il Marchese guardò un pezzo sua figlia in silenzio; rivolse gli occhi bagnati di lagrime al cielo; depose un bacio sulla fronte fredda e pallida di Beatrice e si allontanò, dicendo a Gaetano:

— Ella è vostra, signore, terminate la vostr’opera, e vi benedica Dio: ora muoio contento!

Dopo un’ora, l’operazione di ambo gli occhi era compita!

Il Marchese convulso di gioia abbracciò con trasporto Gaetano, e il tenne lungamente stretto nelle sue braccia, chiamandolo figlio e piangendo a calde lagrime.

Geltrude e tutti gli altri famigliari ridevano, piangevano, andavano su e giù per la casa e pareano impazzati.

Gaetano non si partì dal fianco di Beatrice, la quale si era addormentata per effetto di un leggiero soporifero somministratole dal medico, compita l’operazione.