La favola de' tre gobbi/Appendice

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Appendice

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Parte II Nota storica
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APPENDICE.

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LI

TRE GOBBI

RIVALI

AMANTI

DI MADAMA VEZZOSA

INTERMEZZO IN MUSICA

A cinque voci

Da rappresentarsi nel Teatro

DI SAN MOISÈ 1

IN VENEZIA 2.

Appresso Gio: Battista Occhi in Piazza S. Marco.


PERSONAGGI.

MADAMA VEZZOSA.
     La Sig. Maddalena Daini.
SERPINA.
     La Sig. Angela Canài.
BELLA VITA.
     Il Sig. Giovanni Valentini.
PARPAGNACCO.
     Il Sig. Filippo Nicolini.
MACACCO.
     Il Sig. Gaetano Romagnoli.

La Musica è del Signor Ciampi, Maestro Celebre Napolitano.
Le parole del Sig. Dottor Carlo Goldoni.



Note

  1. Nel libretto, che appartiene al Civico Museo Correr di Venezia, segue a penna, con scrittura del secolo XVIII: nell’Autunno dell’Anno 1756".
  2. Nel libretto cit. segue a penna: “MDCCLVI”.
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PARTE PRIMA

Camera con Tavoletta.

Madama Vezzosa e Donzella.

Madama.   Alla Toletta

  Mi vado a porre:
  E cosa dite,
  Non farà bene?
  Oh certo sì.
  Mi vò conciare,
  Ma da mia pari,
  Un bel toppè.
  Allor direte:
  Oh come1 bella!
  Ed io con gusto
  Dirò: Son quella
  Così pulita.
  Che bella vita!
  Direte ancora:
  Signora2
 Coll’andriè.
Per tutte le botteghe
So che di me si parla ecc.3
.     .     .     .     .     .     .     .     
Macacco. Le ra ga ga ga gazze
Mi co co corron dietro:
Vorrian che pa pa pa pa pazzamente
Le amassi; ma non fa fa fanno niente.
  Dolce stral del Dio bambino,

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  Bel visino fresco e tondo,

  Mappamondo del mio cor.
  Per te son qual navicella...
  No, qual fiore in mezzo al prato.
  Meglio assai... qual tortorella...
  No... qual fiume, che sboccato...
  Io non trovo un paralello
  Per esprimere il flagello
  Che di me fa il Dio d’amor.
Madama. Caro signor Macacco ecc.4
.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     
.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     
Madama. Io dalle grazie sue resto stordita;
E riverisco il Conte Bella vita.
Bella Vita. Permetta, anzi conceda,
Che prostrato si veda
Il prototipo ver de’ rispettosi,
L’infimo de’ suoi servi generosi.
Madama. Signor, lei mi confonde:
Vorrei dir; ma non so.
Per andar alla breve io tacerò.
Bella Vita. Quel silenzio loquace
Quanto, quanto mi piace! Ella tacendo
Col muto favellar va rispondendo;
Ed io, che tutto intendo,
Il genio suo comprendo:
Ella vuol favorirmi, ed io m’arrendo:
Ed accetto le grazie, e grazie rendo.
Madama. Non ne dica di più: lo so, io credo,
Lo capisco, lo vedo,
Ella è tutto ben fatto,
Ella è tutto gentil. (Ella è un bel matto).
  Nel mirar quel nero ciglio,
  Che fa guerra a più d’un cor,

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  Quell’occhietto vezzosetto,

  Con quel labbro di cinabbro,
  Dove scherza il Dio d’amor;
  Che diletto sento in petto!
  Nol provai giammai finor.
  (Se lo crede l’animale:
 Quanto è matto in verità!)
Bella Vita. Senta, Signora mia. Per dire il vero,
Io sono un Cavagliero
Ameno e disinvolto.
S’ella m’osserva in volto,
Un certo non so che vi vederà,
Che s’accosta di molto alla beltà.
Circa la grazia poi, non fo per dire,
Osservi la presenza,
Col piè sempre in cadenza,
Nelle braccia grazioso,
Nel gestir manieroso;
Si può dire ch’io sia cosa compita.
E poi, che serve? Il Conte Bella vita.
Madama. Già si sa, già si vede:
La sua vita è ben fatta, è cosa rara:
Vezzi, grazie da lei ciascuno impara.
Ella con favorirmi mi fa onore;
Cirimonie non fo; son di buon core.
Bella Vita. Viva il buon cor: anch’io l’affettazione
Odio nelle persone.
Parlar mi piace naturale affatto;
Perciò dal seno estratto
Il più divoto e caldo sentimento,
Trabocca dalle labbra il mio contento.
Vezzosa amabile, je bramo l’onor de vu servir:
Ma l’alma mia di gelosia fate morir.
(Io già m’avveggo, che pena e langue.
Che gran plesir!)

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Beltà sciarmante, di voi sono amante;

Volto ben fatto, per voi vengo matto:
Pietà vi chiedo de’ miei martir.
Madama. Non si stia affaticare:
Sempre meno dirà di quel che appare ecc.5
.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     
.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     


PARTE SECONDA.6




Serpina e Vezzosa.



Serpina.   Una donna come me,
  Non vi fu nè vi sarà:
  Io son tutta amore e fè,
  Io son tutta carità.
  Domandate a chi lo sa.
  Sì che è vero, ognun dirà;
  Una donna come me,
  Non vi fu nè vi sarà.
Ecco appunto Madama.
Vezzosa. O che bella figura!
Serpina. Che gran caricatura!
Vezzosa. Quanto rider mi fa.
Serpina. Ella si crede possedere il vanto
D’una estrema beltà.
Vezzosa. Dove si vide
Di più vago e più bello?
Serpina. Di più gentil formar non può il pennello.
Vezzosa. Padrona, a lei mi umilio.
Serpina. Madama, a lei mi umilio.
Vezzosa. Per dove è indirizzato il suo cammino?

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Serpina. Ove lei fu mandata affé7 non credo.

Vezzosa. Alle sue scioccherie punto non bado.
Serpina. Lei certo è spiritosa.
Vezzosa. Sono quella che sono.
Serpina. Dell’ardir mio dimando a lei perdono.
Vezzosa. Eh che più non ti soffro.
Serpina. Il diavolo t’aspetta.
Vezzosa. Va... già m’intendi, o gobba maledetta.
Serpina.   A me gobba, impertinente,
  Ti saprò mortificar.
Vezzosa.   Ma non vedi che la gente,
  Che da risa fai crepar8?
Serpina.   Questo è un scrigno dove Amore
  Le sue grazie chiuse tien.
Vezzosa.   Quello è un scrigno di malanni
  E di cancari ripien.
Serpina.   Basta, basta, via di qua,
  Non ti posso più soffrir.
Vezzosa.   Brutta gobba.
Serpina.   Strega infame.
Vezzosa.   Dalla rabbia,
Serpina.   Dalla stizza,

(a due Tutto il sangue se m’impizza9,
E mi sento già morir. (parte Vezzosa
Serpina. Se n’andiede l’indegna,

Ma qui vengono appunto
I due suoi Ganimedi.
Voglio d’amor che morano a’ miei piedi.
Un Gobbo. Dove sarà Madama?
Altro Gobbo. Vezzosa ove sarà?
Serpilla. Eh Madama Vezzosa, eccola qua.
Un Gobbo. Eh!
Altro Gobbo. Ih!

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Un Gobbo. Oh!

Altro Gobbo. Uh!
Serpilla. Veduto avete forse Belzebù?
Un Gobbo. No... no... credevo... ma...
Serpilla. Forse sorpreso v’ha la mia bellezza.
Altro Gobbo. Anzi per meglio dir la sua bruttezza.
Serpilla. Sarò sposa di voi. (a un Gobbo
Un Gobbo. Io non vi voglio.
Serpilla. Sposa di voi sarò. (all’altro
Altro Gobbo. Lustrissima padrona, oh questo no.
Serpilla. E lasciar voi volete
Della bellezza il fiore?

Un Gobbo. Per voi non ho Amore
Altro Gobbo. Per voi non sento
Un Gobbo. Siete bella,

Altro Gobbo. Ma non quella
(a due Che ci possa innamorar.
Serpilla. Io son gobba, e gobbi siete.
Due Gobbi. Badi ognuno a’ fatti suoi.
Serpilla. Bella razza si faria.
(a due Bella affé la galleria 10,
Serpilla. Zitto, zitto.
Un Gobbo. Via, che cade11.
Serpilla. Dove andate?
Altro Gobbo. Vo alle Spade12.
Serpilla. Alle Spade? all’osteria?

a due Gobbi. Andiam tutti all’osteria.
Via venite, cari gobbi.
a tre. Buoni amici, non avari,
Andiam tutti a ben cenar.


Fine della Seconda Parte13.


Note

  1. Forse è da leggere: com’è.
  2. Quasi certamente manca nella stampa una parola che non possiamo indovinare.
  3. Segue poi come a p. 408.
  4. Segue poi come a p. 413.
  5. Segue come a p. 416.
  6. Questa Seconda Parte fu tutta aggiunta dal Goldoni nell’edizione Occhi, 1756.
  7. Nel testo, molto scorretto, è stampato: a fe.
  8. Così il testo, e manca l’interrogativo.
  9. Così il testo.
  10. Nel testo scorrettissimo: la Galaria.
  11. Espressione dialettale veneziana: che importa?
  12. Antico albergo veneziano.
  13. Segue poi la Parte Terza, che corrisponde in tutto alla Seconda della Favola de’ tre gobbi.