La fine di un Regno (1909)/Parte III/Documenti vol. II/XIX
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Quanto avvenne in Aquila
dopo l’ingresso di Garibaldi a Napoli
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Quanto avvenne in Aquila
dopo l’ingresso di Garibaldi a Napoli1
Il giorno 8 settembre 1860 dal Direttore dell’Interno di Napoli veniva telegrafato a Federico Papa, Intendente dell’Aquila, così:
“Il Dittatore Garibaldi è qui giunto in Napoli alla mezza tra l’entusiasmo generale di tutta la popolazione: tutto è festa, tutto è tranquillità„.
Immediatamente l’Intendente ne diede notizia al sindaco Fabio Cannella, il quale in meno di un’ora accompagnato dal primo e secondo Eletto e dai Decurioni, si recò al palazzo dell’Intendente Papa, il quale rassegnò con verbale redatto da Donato de Caris i suoi poteri, invitando la rappresentanza Comunale a provvedere alla cosa pubblica.
Ritiratosi il Papa, il Corpo Municipale immediatamente e ad unanimità deliberò:
1° E proclamata la Unità e la indipendenza d’Italia sotto lo scettro Costituzionale di Vittorio Emanuele, Re d’Italia e la Dittatura di Giuseppe Garibaldi.
2° E costituito un Governo provvisorio prodittatoriale nelle persone dei signori Federico Papa, Fabio Cannella ed Angelo Pellegrini.
Il verbale è firmato da Fabio Cannella, sindaco, Francesco Calore primo eletto, Francesco Cappa secondo eletto, Angelo Masciocchi-Curti, Alessandro Vastarini-Cresi, Antonio Chiarizia, Aurelio Cialente, Michele Bonanni, Bartolomeo De Torres, Antonio Colabianchi, Vincenzo Centi, Tommaso Madonna, Francesco Ciambella, Gaetano Ferrari, Filippo Gentileschi, Camillo Leosini, Camillo Catalano, Antonio Barone, Raffaele Ludovici, Giuseppe Bonjour, Beniamino Del Grande, Giustiniano Orazi, Carlo Bernasconi, Angelo Leonporri, Luigi Chiola, Francesco Alessandri, Luigi Benedetti, F. Giulî-Capponi, Napoleone Casti, Nicola Carvasiglia.
Per nove giorni consecutivi vi furono pubblici festeggiamenti con illuminazioni e discorsi di occasione, Per il 21 ottobre poi, dello stesso anno, furono convocati i comizi pubblici per il plebiscito.
- ↑ Questo documento, inviatomi dall’egregio bibliotesario della “Salvatore Toramasi, di Aquila, signor Orazio d'Angelo, avrebbe dovuto far parte del testo, con le notizie sulla vita sociale di quella città negli ultimi anni del vecchio regime, ma le une o le altre mi pervennero troppo tardi.