La poesia cavalleresca e scritti vari/La poesia cavalleresca/V. L'Orlando Furioso/9. La morte di Rodomonte

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V. L'Orlando Furioso - 9. La morte di Rodomonte

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9. — La morte di Rodomonte.

Rodomonte ed Orlando sono i due caratteri più originali; ma Orlando non interessa sempre; tranne quando è pazzo, e quando è pazzo è confuso con gli uomini ordinarii. Rodomonte interessa sempre, come un’attrice ottima in mezzo ad una compagnia mediocre. Rodomonte solo è sempre il benvenuto. Donde [p. 143 modifica]nasce questa simpatia? Riunisce in sé il doppio meraviglioso, epico e cavalleresco. Dei fatti ordinari possono fare effetto altamente estetico: è falso che il poeta non debba rappresentar la «realtà, che anche plebea, può divenir poetica quando il poeta penetra nel cuore di chi la produce. Due innamorati che si sposano è fatto ordinarissimo; ma farà sempre impressione quando l’autore sappia rappresentare in esso la storia interna del cuore umano. L’Ariosto tende a rappresentare sempre queste cose fuori della realtà, come tutti i poeti de’ tempi in cui non si è ancora cominciato ad analizzare il cuore umano. Vi mette innanzi fatti straordinari, stravaganti. La poesia cavalleresca rappresenta l’epoca della civiltà in cui si pensava più alla sensazione che al sentimento. Rodomonte è meraviglioso, come una macchina tremenda. L’epica si apre nell’Ariosto con Rodomonte. Rodomonte è lo spirito individuale spinto sino alla follia.

V’ho tracciato tutta la sua storia finché si presenta a Carlomagno. È la fine di Rodomonte, e non è stato mai tanto interessante quanto morendo. Si presenta alla fine del poema che alloppiava con gli amori matrimoniali di Bradamante e Ruggiero, colla descrizione del talamo e della tenda nuziale, in cui il poeta s’intrattiene con compiacenza da cortigiano. Ma ecco un guerriero, ospite non invitato, che ci sveglia, rompe l’idillio e con chiude epicamente il poema. Questo matrimonio è un romanzo aggiunto, ed indipendente dal Furioso, che termina con la morte di Agramante. Tutto a un tratto, mercé questa apparizione di Rodomonte, lo ricongiunge al poema. Rodomonte era sparito e credevate che l’Ariosto se ne fosse dimenticato, come di Sacripante, ed ecco che ritorna. È una reminiscenza epica, un ultimo carattere epico, aggiunto alla poesia che degenerava in un romanzo idillico.

È il più superbo de’ cavalieri erranti: fortissimo quanto Orlando. Ed eccolo in una situazione tragica come una vittima del destino. Dapprima desta curiosità co’ panni neri, fra quella festa. Si avanza senza salutare, le sue parole sono brevissime:

— Son, disse, il re di Sarza, Rodomonte,
Che te, Ruggiero, alla battaglia sfido;
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E qui ti vo’, prima che ’l sol tramonte.
Provar ch’al tuo signor sei stato infido;
E che non merti, ché sei traditore.
Fra questi cavalieri alcuno onore.

È una sfida brevissima. Non ha più né le armi né la spada di Ettore. Ha delle armi procurate. Ruggiero è coperto d’armi incantate; ha Balisarda, che ucciderebbe Orlando, il fatato. Visto Rodomonte, dite: è un uomo perduto. Rodomonte rompe la lancia sullo scudo di Ruggiero, che gli passa lo scudo e l’avrebbe ucciso se avesse avuto lancia più forte. Sembra un duello senza interesse. Eppure, non ve n’è altro più interessante. Dopo tanti duelli, questo è tutto nuovo. Ariosto non è stanco; egli non dorme mai; è sempre fresco e giovane.

Gli accidenti del duello nascono dalla forza e dal coraggio di Rodomonte, che non è vinto da Ruggiero ma dal fato. Le peripezie del duello nascono dal suo orgoglio indomabile. Rodomonte percuote invano, Ruggiero gli fora le armi. Rodomonte reagisce contro il destino. Getta lo scudo, prende la spada a due mani e comincia a picchiare sul capo di Ruggiero; lo stordisce, ma al terzo colpo la spada si rompe sull’acciaro incantato. Un guerriero assennato avrebbe strappato Balisarda. Ma il securo Rodomonte corre addosso a Ruggiero:

Gli cinge il collo col braccio possente;
E con tal nodo e tanta forza afferra,
Che dall’arcion lo svelle, e caccia in terra.


Ruggiero è a piedi, illeso e armato. Rodomonte, a cavallo, ferito e senza spada, l’urta col cavallo, che Ruggiero ferma, e ferisce Rodomonte:

E di due punte fè sentirgli angoscia,
L’una nel fianco e l’altra nella coscia.


Rodomonte gli menava con l’elsa in capo. Ruggiero lo tira di cavallo. [p. 145 modifica]

Terzo cambiamento di scena: sono entrambi a terra. Rodomonte ha interesse a venire alle mani, ma Ruggiero:

Per lui non fa lasciar venirsi addosso
Un corpo cosí grande e cosí grosso.


Rodomonte scaglia l’elsa in fronte a Ruggiero e lo fa traballare. Rodomonte corre per afferrarlo, ma cade per la coscia ferita. Ruggiero gli corre addosso.

Quarto cambiamento di scena. Ruggiero vede il suo vantaggio. La lotta è un giuoco di destrezza; si tratta come in strategia di riunire tutte le sue forze sopra un punto indifeso dell’avversario. Ruggiero adopera tutte le sue forze sul fianco e la coscia ferita e finisce per farlo cadere, gli mette il pugnale agli occhi e Rodomonte par perduto. Ruggiero gli dice: — Renditi!— . Rodomonte tace, scioglie il braccio e tenta di ferire. Ruggiero l’uccide.

Questo duello ha ispirato Tasso.

Qui il drammatico desta l’interesse principale. Due guerrieri di pari armi e forze non destano interesse. Qui siete certi d’una fine tragica, ma dubitate sempre chi debba essere il vincitore. Il duello cambia faccia tante volte, e Rodomonte va sempre ingrandendosi; non s’abbandona mai:

Ma quel, che di morir manco paventa.
Che di mostrar viltade a un minimo atto,
Si torce e scuote, e per por lui di sotto
Mette ogni suo vigor, né gli fa motto.


È audace e dignitoso fino all’ultimo.

La verità e l’evidenza plastica non è mai stata tanta. Scherza in ogni battaglia, in ogni duello, qui ha perduto il suo riso; tutto è serio. Oltre questa serietà di colorito, ci è l’evidenza plastica. Quando Rodomonte afferra Ruggiero,

Gli cinge il collo col braccio possente.
[p. 146 modifica]Ecco una seconda figura: Rodomonte che cade:
     Del capo e delle schene Rodomonte
La terra impresse.
Notate: «la terra impresse».
                                   E tal fu la percossa.
Che dalle piaghe sue, come da fonte.
Lungi andò il sangue a far la terra rossa.
Tasso dice così:
Il cader dilatò le piaghe aperte;
E il sangue espresso dilagando scese.
Vedete un raffinamento di parole, ed una perdita di vista di

parole.

Gli ultimi momenti sono più pittoreschi. Ruggiero sopra Rodomonte:

L’una man col pugnal gli ha sopra gli occhi,
L’altra alla gola, al ventre gli ha i ginocchi.
Vede tutto: una figura in due versi.

Rodomonte sotto Ruggiero:

     Come mastin sotto il feroce alano.
Che fissi i denti nella gola gli abbia,
Molto s’affanna e si dibatte invano
con occhi ardenti e con spumose labbia,
E non può uscire al predator di mano,
Che vince di vigor, non giá di rabbia;
Cosi falla al pagano ogni pensiero
D’uscir di sotto al vincitor Ruggiero.

Ma la parte dove ha sorpassato sé stesso sono gli ultimi momenti:

     E due e tre volte nell’orribil fronte,
Alzando, piú ch’alzar si possa, il braccio,
Il ferro del pugnale a Rodomonte
Tutto nascose e si levò d’impaccio.
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E quando Rodomonte è cadavere, il poeta lo riassume in un’ultima immagine:

Alle squallide ripe d’Acheronte,
Sciolta dal corpo piú freddo che ghiaccio,
Bestemmiando fuggi l’alma sdegnosa
Che fu si altiera al mondo e si orgogliosa.
Il Tasso ha voluto imitarlo:
Moriva Argante, e tal moria qual visse:
Minacciava morendo, e non languia:
Superbi, formidabili e feroci
Gli ultimi moti fur, l’ultime voci.
Agonizza da eroe meno degnamente di Rodomonte che tace, e non bestemmia che dopo morto.

Orlando e Rodomonte rappresentano il cavalleresco guerresco; ma la Cavalleria ha un secondo aspetto, il ciclo di Arturo eroico ne’ sentimenti. Ariosto vuol rappresentare il cavalleresco ne’ sentimenti: l’amicizia, l’amore. Questi elementi sono rappresentati dagli amori di Bradamante e Ruggiero.