La scienza nuova seconda/Libro quarto/Sezione decima/Capitolo primo

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Sezione decima - Capitolo primo - Prima spezie: giudizi divini

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Sezione decima - Capitolo primo - Prima spezie: giudizi divini
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[CAPITOLO PRIMO]

[prima spezie: giudizi divini]

954Le spezie de’ giudizi furono tre.

955La prima di giudizi divini, ne’ quali, nello stato che dicesi «di natura» (che fu quello delle famiglie), non essendo imperi civili di leggi, i padri di famiglia si richiamavano agli dèi de’ torti ch’erano stati lor fatti (che fu, prima e propiamente, «implorare deorum fidem») chiamavano in testimoni della loro ragion essi dèi (che fu, prima e propiamente, «deos obtestari»). E tali accuse o difese furono, con natia propietá, le prime orazioni del mondo, come restò a’ latini «oratio» per «accusa» o «difesa». Di che vi sono bellissimi luoghi in Plauto e ’n Terenzio, e ne serbò due luoghi d’oro la legge delle XII Tavole, che sono «furto orare» e «pacto orare» (non «adorare », come legge Lipsio), nel primo per «agere» e nel secondo per «excipere». Talché da queste orazioni restaron a’ latini detti «oratores» coloro ch’arringano le cause in giudizio. Tali richiami agli dèi si facevano dapprima dalle genti semplici e rozze, sulla credulitá ch’essi eran uditi dagli dèi, ch’immaginavano starsi sulle cime de’ monti, siccome Omero gli narra su quella del monte Olimpo; e Tacito ne scrive tra gli ermonduri e catti una guerra con tal superstizione: che dagli dèi se non dall’alte cime de’ monti «preces mortalium nusquam propius audiri». [p. 76 modifica]

956Le ragioni, le quali s’arrecavano in tali divini giudizi, eran essi dèi, siccome ne’ tempi ne’ quali i gentili tutte le cose immaginavano esser dèi: come «Lar» per lo dominio della casa, «dii Hospitales» per la ragion dell’albergo, «dii Penates» per la paterna potestá, «deus Genius» per lo diritto del matrimonio, «deus Terminus» per lo dominio del podere, «dii Manes» per la ragion del sepolcro; di che restò nella legge delle XII Tavole un aureo vestigio: «ius deorum manium».

957Dopo tali orazioni (ovvero obsecrazioni, ovvero implorazioni) e dopo tali obtestazioni, venivan all’atto di esegrare essi rei; onde appo i greci, come certamente in Argo, vi furono i templi di essa esegrazione, e tali esegrati si dicevano ἀναθήματα. che noi diciamo «scomunicati». E contro loro concepivano i voti (che fu il primo «nuncupare vota», che significa far voti solenni ovvero con formole consagrate) e gli consagravano alle Furie (che furono veramente «diris devoti»), e poi gli uccidevano (ch’era quello degli sciti, lo che sopra osservammo, i quali ficcavano un coltello in terra e l’adoravan per dio, e poi uccidevano l’uomo). E i latini tal uccidere dissero col verbo «mactare», che restò vocabolo sagro che si usava ne’ sagrifizi; onde agli spagnuoli restò «matar» ed agl’italiani altresí «ammazzare» per «uccidere». E sopra vedemmo ch’appo i greci restò ἄρα per significar il «corpo che danneggia», il «voto» e la «furia»; ed appo i latini «ara» significò e l’«altare» e la «vittima». Quindi restò appo tutte le nazioni una spezie di scomunica: della quale, tra’ Galli, ne lasciò Cesare un’assai spiegata memoria; e tra’ romani restonne l’interdetto dell’acqua e fuoco, come sopra si è ragionato. Delle quali consagrazioni molte passarono nella legge delle XII Tavole: come «consagrato a Giove» chi aveva violato un tribuno della plebe, «consagrato agli dèi de’ padri» il figliuolo empio, «consagrato a Cerere» chi aveva dato fuoco alle biade altrui, il quale fusse bruciato vivo (si veda crudeltá di pene divine, somigliante all’immanitá, ch’abbiamo nelle Degnitá detto, dell’immanissime streghe!), che debbon essere state quelle sopra da Plauto dette «Saturni hostiae». [p. 77 modifica]

958Con questi giudizi praticati privatamente, usciron i popoli a far le guerre che si dissero «pura et pia bella»; e si facevano «pro aris et focis», per le cose civili come pubbliche cosí private, col qual aspetto di divine si guardavano tutte le cose umane. Onde le guerre eroiche tutt’erano di religione, perché gli araldi, nell’intimarle, dalle cittá, alle quali le portavano, chiamavan fuori gli dèi e consagravano i nimici agli dèi. Onde gli re trionfati erano da’ romani presentati a Giove Feretrio nel Campidoglio e dappoi s’uccidevano, sull’esempio de’ violenti empi, ch’erano state le prime ostie, le prime vittime, ch’aveva consagrato Vesta sulle prime are del mondo. E i popoli arresi erano considerati uomini senza dèi, sull’esempio de’ primi famoli: onde gli schiavi, come cose inanimate, in lingua romana si dissero «mancipia» ed in romana giurisprudenza si tennero «loco rerum».