La scienza nuova seconda/Libro secondo/Sezione settima/Capitolo terzo

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Sezione settima - Capitolo terzo - Corollario - Delle sentenze eroiche

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[CAPITOLO TERZO]

corollario
delle sentenze eroiche

703Ora, perché i primi uomini del gentilesimo erano di menti singolarissime, poco meno che di bestie, alle quali ogni nuova sensazione cancella affatto l’antica (ch’è la ragione perché non possono combinar e discorrere), perciò le sentenze tutte dovevan essere singolarizzate da chi sentivale. Onde quel sublime, ch’ammira Dionigi Longino nell’oda di Saffo che poi trasportò in latino Catullo, che l’innamorato, alla presenza della sua amata donna, spiega per somiglianza:

Ille mi par esse deo videtur,

manca del sommo grado della sublimitá, perché non singolarizza la sentenza in se stesso, come fa Terenzio, con dire:

Vitam deorum adepti sumus;

il qual sentimento, quantunque sia propio di chi lo dice, per la maniera latina d’usare nella prima persona il numero del piú per quello del meno, però ha un’aria di sentimento comune. Ma dallo stesso poeta, in altra commedia, il medesimo sentimento è innalzato al sommo grado della sublimitá, ove, singolarizzandolo, l’appropia a chi ’l sente:

Deus factus sum.

704Perciò queste sentenze astratte son di filosofi, perché contengono universali, e le riflessioni sopra esse passioni sono di falsi e freddi poeti.