La secchia rapita (1930)/Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita/Canto ottavo

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Canto ottavo

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Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita - Canto settimo Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita - Canto nono
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CANTO OTTAVO

S. 1, v. 3: Chiama il poeta le lucciole stelle della terra, e le stelle lucciole del cielo, perché fanno l’istesso effetto di volar per l’aria e di non risplendere se non di notte. [p. 251 modifica]

S. 8, v. 7: Chiama ciurmatori i filosofi greci, che persuasero al popolo che ogni pianeta avesse un cielo da sé, e che gl’inferiori fossero rapiti dall’ottava sfera da oriente in occidente. Perciò che il poeta fu sceptico, e tenne che le cose de’ cieli, quanto a noi, consistessero tutte in opinione e probabilitá. E ne portò egli ancora una nuova nel terzo libro de’ suoi Pensieri.

S. 11, v. 7: Ezzelino da Romano era allora signor di Padova, e dipendente da Federico imperatore. Veggansi l’istorie di quei tempi.

S. 13, v. 7: È descrizione dell’aurora fatta a concorrenza di quella di Dante nel IX del Purgatorio-.

     La concubina di Titone antico
giá s’imbiancava al balzo d’oriente
fuor de le braccia del suo dolce amico.

Veggasi l’una e l’altra.

S. 19, v. 7: Parla di Pietro d’Abano, tenuto per mago; il quale, se allora fosse stato quivi, avrebbe armata qualche compagnia di demoni in favore de’ modanesi.

S. 22, v. 1: Dicono che veramente costui fosse uno de’ favoriti d’Ezzelino, e alzato da lui a’ primi gradi d’onore, d’uomo basso ch’egli era.

S. 25, v. 2: La donna di Cipada è Mantova, illustrata dai versi di Vergilio, come Cipada da quei di Merlino poeta sepolto nella terra di Campese con famosa sepoltura fabbricatagli dal padre don Angelo Grillo, poeta famoso anch’egli, e principalissimo suggetto della religione benedettina.

S. 26, v. 6: Le galline di Polverara e la razza loro è famosa per tutta Italia.

S. 28, v. 7: In quelle parti, quando si vuol significare qualche aiuto fuora di tempo e tardo, si dice «il soccorso di Paluello», come in Toscana «il soccorso di Pisa».

S. 30, v. 3: E opinione che Tito Livio istorico fosse da Teolo.

S. 32, v. 3: Quivi dicono che Antenore fondasse la sua prima cittá chiamata Urbs euganea, che poi è stato corrotto dagl’idioti in Brusegana.

S. 33, v. 7: La pelle della gatta del Petrarca s’è conservata fino a’ tempi nostri, e continuamente viene illustrata dai versi e dai componimenti de’ begli ingegni. [p. 252 modifica]

S. 36, v. 1: Descrive l’arciprete Gualdi amico suo.

S. 37, v. 3: Le rime burlesche in lingua padovana di Menone e Begotto sono assai note in tutto lo stato veneto.

S. 4:, v. 7: Non erano veramente ancora signori di Rodi i cavalieri di San Giovanni, ma furono poco dopo: e ’l poeta parla secondo quello che fu poi.

S. 47, v. 1: Il poeta fu poco amico d’Omero, e disprezzo le sue invenzioni come rozze e di cattivo costume: nondimeno, per mostrare che conobbe il buono e ’l cattivo di quel poeta, introduce questo cieco a cantare all’omerica.

S. 31, v. 4: «Le compagne mirò» ecc. Cosí è stampato in tutte le copie: nondimeno il testo manuscritto di mano del poeta dice «Le campagne» e non «Le compagne», e cosí dev’essere scritto e stampato, non ostante che anche si possa intendere che «Le compagne» significhi le stelle compagne della Luna. Ma il poeta vuol significare che la Luna mirò in terra, e non in cielo.

S. 37, v. 1: Finge il poeta ch’Endimione donasse a Diana una benda bianca che portava armacollo fregiata di perle, per adornare il dono che finsero i poeti antichi esserle stato donato da quel pastore, e per mostrar che le femmine, comunque innamorate, sempre vogliono qualche cosa dall’amante.

S. 63, v. 7: Gli anacronismi, quando sono lontanissimi e cadono opportunamente come questo, parturiscono anch’essi il ridiculo.

S. 68, v. 4: I poveri d’una famiglia hanno sempre per grazia che i ricchi gli vogliano riconoscere per parenti: perciò che la povertá è un argomento di demerito, e per questo i poveri sono sprezzati.

S. 71, v. 8: Vedi Livio, ché ’l poeta sta su l’istoria.