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La secchia rapita (1930)/Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita/Canto settimo

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Canto settimo

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Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita - Canto sesto Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita - Canto ottavo
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CANTO SETTIMO

S. 5, v. 1: Omero finge ragionamenti tra colpo e colpo, e in particolare fa narrare la stirpe loro agli stessi combattenti nell’atto del menar le mani. Però se Aristotile fosse stato soldato non l’avrebbe lodato né in questo né in molte altre cose, dove parla della milizia bamboleggiando.

S. 9, v. 1: Parla come nemico; e attribuisce a mancamento ai ferraresi quello ch’era lode loro, cioè il tener col papa. Cosi Enzio nel canto precedente come nemico chiama papisti i guelfi; e il poeta deve imitare chi favella.

S. 16, v. 1: Nel poema dell’innamoramento d’Orlando si legge che, combattendo quel paladino col re Agricane, e vedendo quel barbaro i suoi che fuggivano, pregò Orlando che glieli lasciasse rimettere in battaglia, che poi ritornerebbe a duellare con esso lui: e Orlando se ne contentò. Ma qui Voluce dice Ch’Orlando è morto, e non è piú quel tempo.

S. 21, v. 8: Un tal principe greco, che si vantava della stirpe di Costantino Magno, e mostrava privilegi di cartapecora vecchia, veggendo l’ambizione degl’italiani, dava loro titoli a decine senza risparmio per ogni minima mercede. E a Ferrara fe’ gran profitto, dove infeudò le terre del Turco.

S. 27, v. 1: Veramente Bosio Duara signor di Cremona rimase anch’egli prigioniero de’ bolognesi in quella guerra.

S. 29, v. 2: Questi versi non diceano cosí nella prima stampa, ma il poeta volse onorare Omero Tortora istorico amico suo e gli mutò.

S. 34, v. 1: Nomi perugini accorciati.

S. 34, v. 8: Questi professava di parlar peruginissimamente secondo il volgare del popolo, e si poteva imparar da lui il parlar perugino. [p. 250 modifica]

S. 39, v. 1: Favella della guerra della Garfagnana tra i lucchesi e i modanesi, nella quale que’ popoli montagnoli per odio si tagliavano le viti e si scorticavano i castagni l’un l’altro con vendetta montanaresca.

S. 42, v. 1: Questi era un personaggio mandato dal governator di Milano per veder d’acquetar que’ popoli; e salvò la piazza di Castiglione spiegando una bandiera del re cattolico, alla quale i modanesi fecero di beretta.

S. 42, v. 3: Alcuni dicono che fu un pezzo di tela rossa, e che i modanesi si lasciarono ingannare dal colore. Nella edizione di Parigi i versi furono mutati da un lucchese che assisteva alla stampa, e voltati a favore della sua nazione. Ognuno procura suo vantaggio.

S. 48, v. 1: Parla secondo gli astrologi. L’aspetto quadrato è infelice, e tanto piú ne’ pianeti maligni come Marte.

S. 53, v. 1: Questo è un consiglio imitato in Petronio Arbitro, dove i consiglieri contendono a chi dice peggio.

S. 53, v. 6: A quel tempo Modana era stata tutta piena di masse di stabbio: oggidí le strade ne sono meno adorne, ma non però in tutto prive. Da Omero sarebbe stata detta urbs bene stabulata.

S. 44, v. 8: È un verso di lingua pretta modanese.

S. 55, v. 3: L’antichitá di Modana si conosce dalle fabbriche particolarmente de’ portici sui balestri, che mostrano d’esser stati fatti assai prima che Vitruvio scrivesse d’architettura.

S. 55, v. 5: Le «canalette» sono le cloache, delle quali è piena quella cittá: e quando le votano, non si può passar per le strade per rispetto della lordura che si diffonde, oltre il puzzo che appesta.

S. 68, v. 1: Chi desidera di saper meglio l’istoria di Telessilla, legga il Leonico, De varia historia.

S. 74, v. 7: Séguita l’opinione di coloro che dissero che i pianeti erano come lampade attaccate al cielo.