La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo LVIII

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Capitolo LVIII

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Capitolo LVIII.

Come il buon Re, saputo la morte di Madama sua Madre, accogliesse il pensiero di ritornare in Francia.


Tantosto appresso, il Re essendo a Saetta ebbe novelle che Madama sua Madre era morta. Donde elli menò sì gran duolo ch’egli fu per due giorni in sua camera senza ch’uomo potesse parlargli. Ed appresso i due giorni passati, egli m’ inviò cherére per uno dei Valetti di camera, e quando gli fui davanti, gridò e, stendendomi le braccia, cominciò a dire: Ah! Siniscalco, io ho perduto la mia buona Madre! ed io lo interruppi soggiugnendo: Sire, io non me ne isbaisco punto, poiché tutti sappiamo ch’ella, sendo nata, aveva pure una fiata a morire. Ma ben io mi meraviglio del grande ed oltraggioso duolo che voi ne menate, voi, dico, che siete a dritto tenuto tanto savio Principe. E voi ben sapete, seguitai io, che il Saggio dice, come il misagio che il valente uomo ha in suo cuore, non gli deggia apparire al viso, sicché altri il conosca: perchè colui, che lo fa apparire, dona gran gioia a’ nimici suoi, ed agli amici pena e iscorruccio. E così di parole in parole il venni un poco appaciando: ed allora egli fece fare oltre mare molti bei servigi per l’anima della fu buona Dama sua Madre, e similmente inviò in Francia un gran forziere caricato di gioielli e pietre preziose alle Chiese di Francia con lettere missive, nelle quali invitava i prelati ch’e’ volessono pregare a Dio per lui e per la detta Dama sua Madre.

Ben tosto appresso il Re volle dar ordine alle [p. 230 modifica]sue bisogne, e sapere s’egli doveva ritornarsene in Francia, od ancora dimorare colà. E in così ch’egli era su questo proposito, tuttavia istando a Saetta, ch’egli avea pressochè asserragliata interamente, appellò il Legato ch’era con lui, e gli fece fare alquante processioni, richerendone a Dio che gli desse a conoscere lo quale farebbe meglio di suo piacere, o dello andarsene in Francia o del dimorare colà. Un poco appresso che le processioni furono fatte, io era andato un cotal dì coi Ricchi Uomini del paese a diportarmi in un pratello; quando il Re mi fece appellare, ed era il Legato con lui; ed allora mi va a dire esso Legato alla presenza del Re: Siniscalco, il Re si loda grandemente dei buoni ed aggradevoli servigi che voi gli avete fatto, e forte desidera il vostro pro e il vostro onore, e mi fa dirvi, affinchè ne prendiate in vostro cuore alcun solazzo di gioia, che sua intenzione è d’andarsene in Francia di dentro Pasqua che viene. E adunque io gli risposi che Nostro Signore Iddio il lasciasse fare alla sua buona volontà. Dopo queste parole il Legato si partì d’insieme il Re, e mi pregò ch’io gli facessi compagnia sino al suo alloggiamento: ciò ch’io feci volentieri. E là mi fece entrare nella sua guardaroba, e poi cominciò a lagrimare, e presomi per le mani, mi disse: Siniscalco, io son ben gioioso, e rendone grazie a Dio di che abbiate così isfuggito tanti e sì grandi pericoli, da poi che voi siete stato in questa terra; ma d’altra parte io sono molto tristo e dolente di cuore ch’elli mi convenga lasciare le vostre buone e sante compagnie per ritornarmene in [p. 231 modifica]Corte di Roma, intra gente cosi disleale come ci ha1. Ma io vi dirò, mia intenzione è di dimorare ancora un anno appresso voi in Acri, per dispendervi tutti li miei danari a farvi acchiudere ed accerchiare il sobborgo, affinchè, quando ne sarò così tutto scusso, non mi possa venir uomo a impugnare di rimbrotti, e di accuse, quasi n’abbia fatto civanzo. Ed io, dipartendomi, il confortai che mettesse adunque ad effetto la sua intenzione.

Quando io fui ritornato di verso il Re la dimane comandò che mi armassi co’ miei Cavalieri, e quando fummo tutti armati venni a lui chiedendogli che gli piaceva ch’io facessi; ed egli allora mi disse ch’io menassi la Reina e’ figliuoli suoi sino a Sur, là per ove ci avea ben sette leghe: e di ciò non lo volli punto disdire non ostante che gran periglio ci fusse a passare, perchè non avevamo noi allora notte e giorno nè tregua nè pace, nè cogli Egiziani nè con quelli di Damasco. Con tutto ciò noi partimmo e venimmo la mercè di Dio tutto in pace e senza alcuno impedimento in Sur anzi l’otta del sonno. Tantosto appresso il Patriarca ed i Baroni del Paese, i quali lungamente avevano accompagnato il Re, veggendo ch’elli aveva accerchiata Saetta di grandi mura, e fatte fare grosse torri, e fosse iscavare di dentro e di fuora, se ne vennero a lui, e gli resero umilmente grazie e lodi dei grandi beni, onori, e piaceri che loro avea fatti nella Santa Terra; perchè egli vi avea fatto rimurar di nuovo [p. 232 modifica]oltre Saetta, Cesarea e Giaffa, ed avea rafforzata la Città d’Acri di grandi muraglie altresì e di grosse torri. E gli dissero: Sire, noi vediamo ben chiaramente, che la vostra dimora con noi più non ci appartiene, e ch’ella non può durare più oltre, così che ne venga oggimai maggior profitto al Reame di Gerusalemme; per ciò noi vi consigliamo tutti insieme che ve n’andiate in Acri, e là cominciate a far mettere su e ad appuntare il vostro passaggio allo ’ntorno di questa Quaresima, perchè voi possiate ritornare in Francia securamente. E così per tale consiglio il Re si partì da Saetta tranquillo in suo cuore, e se ne venne a Sur, là ove noi avevamo ammenato la Reina e figliuoli; ed all’entrata di Quaresima venimmo in Acri tutti insieme.

  1. Si possono vedere le Poesie del Beato Iacopone da Todi, e segnatamente le così dette Satire.