La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo LXVII

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Capitolo LXVII

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Capitolo LXIVII.

Come ’l Santo Re riprendesse la Croce maluriosamente, e come fosse condotto in fin di vita appresso Tunisi.


Appresso tutte le suddette cose, il Re mandò tutti i Baroni di suo Reame per andare a lui in Parigi in un tempo di Quaresima1 e similmente m’inviò egli a cherère a Gionville, di che io mi pensai a bastanza scusato del venire per una febbre quartana che io aveva: ma egli mi mandò che aveva assai genti che sapevano dar guarigione della quartana, e che per tutto l’amore ch’io gli portava, andassi a Parigi, ciò che io feci a mio gran disagio. E quando fui là, unqua non potei sapere perchè avesse così mandati tutti li gran Signori di suo Reame. Allora avvenne che il giorno della festa di Nostra Donna in marzo io m’addormentai a mattutino: e nel mio dormire mi fu avviso ch’io vedeva il Re a ginocchi davanti uno altare, e ch’egli ci avea molti Prelati che il rivestivano di una pianeta rossa, la quale era di sargia rensa. E tantosto ch’io fui isveglio raccontai la visione a un mio Cappellano, ch’era uomo molto savio, il quale mi disse che ’l Re si crocerebbe la dimane. Ed io gli domandai come egli lo sapeva? ed egli mi rispose che per lo mio sogno ed avviso, e che la pianeta rossa, ch’io gli aveva veduto mettere su, significava la Croce di Nostro Signore Gesù Cristo, la quale fu rossa del prezioso suo sangue ch’elli isparse per noi, e similmente che la pianeta, sendo di sargia rensa, ne [p. 262 modifica]accadrebbe che la Crociata non sarebbe punto gloriosa e di gesta grande.

Ora egli avvenne veramente che la dimane il Re e li tre suoi figliuoli si crociarono, e fu la Crociata di poco uscimento tutto così come il mio Cappellano m’avea recitato il giorno innanzi, per che io credo ch’egli allora avesse spirito profetale. Ciò fatto il Re di Francia e ’l Re di Navarra, mi pressarono forte di crociarmi, e d’imprender di nuovo con essi il santo pellegrinaggio della Croce, ma io loro risposi che in quel tanto ch’io era stato oltre mare al servizio di Dio, le genti ed officiali del Re di Francia avevano troppo gravati ed oppressi i miei sudditi, sicchè ne erano essi appoveriti talmente che giammai non sarebbe ch’essi e me non ce ne risentissimo dolorosamente. Pertanto vedeva aperto che s’io mi mettessi da capo al pellegrinaggio della Croce ciò sarebbe la totale distruzione dei suddetti miei poveri sudditi: il che per diritto non doveva soffrire. Poscia udii dire a molti che quegli che gli consigliarono la intrapresa della Croce fecero un molto gran male e peccarono mortalmente. Perchè, mentre ch’egli fu nel Reame di Francia, tutto il Reame stesso viveva in pace, e vi regnava giustizia; e incontanente ch’egli ne fu fuora, tutto cominciò a declinare ed a volgere in peggio. Per altra via fecero essi un gran male, perchè il buon Signore era così fievole e debilitato di sua persona ch’egli non poteva soffrire nè portare alcun arnese sopra il suo corpo, nè durare all’essere lungamente a cavallo: e mi convenne una fiata portarlo tra le [p. 263 modifica]mie braccia dalla magione del Conte di Alserra sino ai Cordiglieri, quando mettemmo piede a terra al nostro rivenir d’oltre mare. Del cammino ch’e’ prese per andar sino a Tunisi io non ne scriverò niente, perciò ch’io non vi fui punto, e non voglio mettere per iscritto in questo libro alcuna cosa della quale io non sia affatto certificato. Ma noi diremo brievemente del buon Re San Luigi che, quando egli fu a Tunisi davanti il Castello di Cartagine, una malattia di flusso di ventre lo prese. E parimente a Monsignor Filippo suo figlio primo nato prese la detta menagione colle febbri quartane. Il buon Re dovette darsi al letto, e ben conobbe ch’egli doveva decedere di questo mondo nell’altro. Allora appellò i suoi figliuoli, e quando furono davanti a lui, egli addirizzò la parola al suo figlio primo-nato e diedegli degl’insegnamenti che gli comandò guardare come per testamento, e come sua reda principale. Li quali insegnamenti io ho udito dire che il buon Re medesimo li scrisse di sua propria mano, e son tali.

  1. Nel 1268.