La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo XXXIV

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Capitolo XXXIV

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Capitolo XXXIV.

Come i Cavalieri della Halcqua uccisono il Soldano di Babilonia.


Pertanto come un giorno il Soldano convitò a desinare i suoi Cavalieri della Halcqua, egli avvenne che, appresso le tavole levate, si volle ritirare nella sua camera: e dopo ch’egli ebbe preso congedo da suoi Almiranti, uno dei Cavalieri della Halcqua, il quale portava la spada del Soldano, lo feri d’essa sulla mano, sicchè glie la fesse sin presso il braccio tra le quattro dita. Perchè allora il Soldano s’arretrò verso i suoi Almiranti che aveano conchiuso il fatto, e loro disse: Signori, io mi lagno a voi di quelli della Halcqua che m’hanno voluto uccidere siccome ben potete vedere alla mia mano. Ed essi gli rispuosono tutti a una voce, ch’egli loro valeva assai meglio ch’essi lo uccidessono, di quello che egli li facesse morire, siccome voleva farlo, se una fiata fusse rientrato nelle fortezze di Damiata. E sappiate che cautelosamente operarono ciò gli Almiranti, perchè essi fecero sonare le trombe e le nacchere del Soldano, e poichè tutta l’oste de’ Saracini fu assembrata per sapere il volere del Signore, gli Almiranti, loro complici ed alleati, dissero allo esercito che Damiata era presa, e che il Soldano se ne era ito a quella volta, ed aveva lasciato per comando che tutti andassono in arme appresso lui. Di che tutti subito armaronsi e se n’andaro piccando degli speroni verso Damiata; d’onde [p. 147 modifica]noi altri fummo a grande misagio, perchè credevamo che di vero Damiata fusse presa.

Il che veggendo il Soldano, e non potendo stornare la malizia ch’era stata cospirata contro la sua persona, se ne fuggì nell’alta torre ch’elli aveva presso della sua camera, di cui vi ho davanti parlato. Ed allora le sue genti medesime della Halcqua abbatterono tutti li paviglioni, ed intornearono quella torre ove egli se n’era fuggito. E di dentro la torre stessa egli ci aveva tre de’ suoi gran Maestri di Religione, i quali aveano mangiato con lui, che gli gridarono ch’e’ discendesse. Al che rispose che volontieri discenderebbe laddove essi lo assecurassero. Ed essi spietatamente soggiunsero che bene il farebbono discendere per forza ed a mal suo grado, e ch’e’ pensasse come non fusse anche a Damiata. E tantosto vanno a gittare il fuoco greco di dentro quella torre, ch’era solamente di abetelle e di tela com’io ho detto davanti. Ed incontanente fu abbragiata la torre, e vi prometto che giammai non vidi falò più bello nè più subitano. Quando il Soldano sentì pressarsi dal fuoco, egli discese per la via del pratello su ricordato, e s’infuggì verso il fiume. E tutto in fuggendo l’uno de’ Cavalieri della Halcqua lo ferì d’una coltella per mezzo le costole, ed egli si gittò con essa la coltella di dentro il fiume. E appresso lui si gittarono intorno a nove Cavalieri, i quali lo finirono in quelle acque assai vicino alla nostra galea. Or quando il Soldano fue morto l’uno de’ detti Cavalieri, che avea in nome Faracataico, fesselo per lo [p. 148 modifica]mezzo e gli trasse il cuore dello interame; e così fieramente se ne venne al Re colle mani sanguinenti, e gli domandò: Che mi donerai tu, poi ch’ho io ucciso il tuo nimico che t’arebbe fatto morire s’egli avesse vissuto? Ma a questa villana dimanda, nè levò il viso, nè rispose un sol motto il buon Re San Luigi.