La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo XXXIX

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Capitolo XXXIX

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Capitolo XXXIX.

Qui si fa incidenza per contare alquanti fatti che ci avvennero in Egitto, e che erano stati intralasciati.


Prima di passar oltre non voglio obbliare alcune bisogne che arrivarono in Egitto immentre che noi ci eravamo. E primieramente vi dirò di Monsignore Messer Gualtiero di Castillione, del quale udii parlare ad un Cavaliere che lo avea veduto in una ruga presso Kasel, là ove il Re fu preso; e si diceva ch’elli aveva sua spada tutta nuda in pugno, e quando e’ vedeva li Turchi passare per quella ruga, ed elli correa loro sopra e li cacciava a grandi colpi davanti a lui; perchè avveniva che in questa caccia li Saracini, traendogli così davanti come di dietro, lo covrivano tutto di verrettoni. E mi diceva quel Cavaliere che, quando Messer Gualtiero li aveva così cacciati, ch’elli si disferrava delle verrette che [p. 162 modifica]lo mordevano, e si armava di ricapo. E fu là lungo tempo così combattendo, e lo vide più volte sollevarsi sulle staffe gridando: A Castillione, Cavalieri! e: Ove sono i miei prodi? Ma non vi se ne trovava pur uno. Ed uno giorno appresso, come io era collo Ammiraglio delle galee, m’inchiesi a tutte sue genti d’arme, s’egli ci avea nullo che ne sapesse dire alcune novelle. Ma io non ne potei giammai savere neente, fuori a una volta ch’io trovai un Cavaliere che avea nome Messer Giovanni Frumonte, il quale mi disse che, quando ammenavanlo prigioniere, elli vide un Turco montato sul cavallo di Messer Gualtieri di Castillione, e che il cavallo avea la colliera tutta sanguinente; ed egli gli domandò cosa fosse divenuto il Cavaliere a chi era il cavallo. E il Turco gli rispose ch’esso gli avea tagliata la gorgia tutto di sopra ’l suo cavallo, di che esso cavallo era in così sanguinoso, e imbruttito.

Vi dirò anche ch’elli ci avea un molto valente uomo in nostra oste, che avea in nome Messer Giacomo del Castello Vescovo di Soissone, il quale quando vide che noi ne rivenivamo verso Damiata, e che ciascuno se ne volea ritornare in Francia, amò meglio nel suo gran cuore di rimanere a dimorare con Dio, che rivedere il luogo dove era nato; e s’andò soletto a gittare didentro i Turchi, come s’egli li avesse voluti combattere tutto solo: ma tantosto l’inviarono a Dio, e lo misero nella compagnia de’ Martiri, perch’essi lo uccisono in poco d’ora.

Un’altra cosa vidi, in quella che ’l Re attendeva sul fiume il pagamento ch’elli facea fare per [p. 163 modifica]riavere suo fratello il Conte di Poitieri; e questa fu che venne al Re un Saracino molto bene abbigliato, e molto bell’uomo a riguardare. E presentò al Re del lardo strutto in orciuoli, e dei fiori di diverse maniere, i quali erano molto odoranti, e gli disse: ch’egli erano i figliuoli di Nazac Soldano di Babilonia ch’era stato ucciso, che gli facevano il presente. Quando il Re udì quel Saracino parlar francesco, gli domandò chi glielo aveva sì bene appreso. Ed egli rispose che esso era Cristiano rinegato. E incontinente il Re gli disse, ch’e’ si tirasse a parte e al tutto fuori di sua presenza, poichè non gli sonerebbe più motto. Allora, trattolo disparte, lo inchiesi come egli avea rinegato, e donde era. E quel Saracino mi disse ch’egli era nato di Provino, e venuto in Egitto col fu Re Giovanni, ch’era maritato in Egitto e che vi avea di molti beni. Ed io gli soggiunsi: E non sapete voi a bastanza che, se moriste in tal punto, voi discenderete tutto dritto in inferno, e vi sarete dannato per sempre? Ed egli mi rispose: che certo sì, e che sapea bene com’egli non ci fosse legge migliore di quella de’ Cristiani; ma, parlò egli: io temo, se riedessi verso voi, la povertà ove sarei, e gl’infami rimprocci che l’uomo mi darebbe tutto il lungo della mia vita, appellandomi Rinegato, Rinegato. Pertanto io amo meglio vivere a mio agio e ricco, che divenire in tal punto. Ed io gli rimostrai ch’egli valeva troppo meglio temere l’onta di Dio e quella di tutto il mondo, quando, al finale Giudicamento, tutti misfatti saranno manifestati a ciascuno, e poi appresso essere [p. 164 modifica]dannati senza ritorno. Ma tutto ciò non mi servì di niente, ed anzi se ne partì da me, ed unqua più non lo vidi.