La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo XXXXVII

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Capitolo XXXXVII

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Capitolo XXXXVII.

Dove si fa incidenza por porre in conto ciò che i nostri Messaggeri ritrassono dei Tartarini e del loro Gran Re.


Per di verso il Re erano venuti, com’io ho già detto davanti, li Messaggeri del Gran Re di Tartaria [p. 188 modifica]durante che noi eravamo in Cipri. E dissono al Re ch’elli erano venuti per aiutarlo a conquistare il Reame di Gerusalemme sovra i Saracini. Il Re li rinviò, e con essi due notabili Frati Predicatori che tutti a due erano Preti. E gli inviò una Tenda-Cappella d’iscarlatto nella quale egli fece tirare all’ago tutta nostra credenza, l’Annunciazione dell’Agnolo Gabriello, la Natività, il Battesimo, la Passione, l’ Ascensione, e lo Avvenimento del Santo Spirito: e con essa donò calici, libri, ornamenti, e tutto ciò che fa bisogno a cantare la messa. Ora qui vi ritrarrò io quello che di poi udii dire al Re di ciò che gli avevano riportato li detti Frati Predicatori che aveva inviati. Li messaggeri mossero sopra mare da Cipri e andarono a prender riva al porto di Antiochia. E dicevano che dal porto di Antiochia sino al luogo dov’era il Gran Re di Tartaria, essi misero bene un anno di tempo, e facevano dieci leghe per giorno. E trovarono tutta la terra ch’essi cavalcarono suggetta ai Tartarini. Ed in passando per lo paese scontravano in molti luoghi, ed in cittadi ed in ville, grandi tumuli di ossame di genti morte. Li messaggeri del Re s’inchiesero, come essi erano venuti in sì grande autoritade, e come avean potuto soggiogare tanto di paese, e distrurre e confondere tante genti come si pareva ai monticelli dell’ossa. E i Tartarini loro ne dissero la maniera, e primamente ritrassero di lor nascenza. Dicevano dunque ch’essi erano venuti, nati e concreati d’una gran landa di sabbione, là ov’egli non crescea nullo bene. E cominciava [p. 189 modifica]quella landa di sabbia ad una roccia, la quale era sì grande e sì meravigliosamente alta, che nullo uomo vivente non la poteva giammai passare, e si levava di verso Oriente. E loro dissero li Tartarini che intra quella roccia ed altre rocce, che si lievano più là verso la line del mondo, erano inchiusi li popoli di Gog e Magog, i quali dovevano uscirne sul finire del secolo con l’Anticristo, quando elli verrebbe per tutto distruggere. E di quella erma landa venivano i popoli de’ Tartarini, i quali erano suggetti al Prete Janni d’una parte, ed allo Imperadore di Persia dall’altra; ed erano ancora tra più altri miscredenti, a’ quali, per venir sofferti, essi rendevano grandi tributi e tollette ciascun anno, anche per lo pasturaggio di loro bestie, donde essi solo vivono e fan proveccio. E dicevano li Tartarini che quello Prete Janni, lo Imperadore di Persia e gli altri Re a chi dovevano li detti tributi, li avevano in sì grande orrore e despitto, che quando portavan loro le rendite ed i fii, essi non li volevan ricevere di cospetto, ma loro tornavano il dosso per vilipendio e ischifanza. Donde avvenne che una fiata intra l’altra, un savio uomo di lor nazione cercò tutte le lande, e andò parlare qua e là agli uomini de’ luoghi, e loro rimostrò il vile servaggio in che essi erano verso molti Signori, pregandoneli che volessero, per qualche consiglio, trovar maniera ch’e’ potessero sortire del miscapito in che giacevano.

Ed in effetto fece tanto quel saggio uomo ch’egli assembrolli a certo giorno a capo di quella landa [p. 190 modifica]di sabbia alla indritta della terra del Prete Janni, e appresso molte rimostranze che quel savio uomo loro ebbe fatte, essi s’accordarono a fare tutto quanto elli vorrebbe, richerendolo che divisasse ciò che buono gli sembrava per venire al fine di ciò che diceva loro. Ed egli allora rispose ch’essi non potrebbono niente fare se non avevano un Re che ne fusse Maestro e Signore, e cui essi obbedissero e credessero a fare ciò ch’egli loro comanderebbe. E la maniera di fare il Re fu tale: che di cinquantadue generazioni ch’essi erano di Tartarini, egli fece che ciascuna di quelle generazioni gli apporterebbe una saetta, la quale sarebbe segnata del segno e nome della sua generazione. E fu accordato per tutto il popolo che così si farebbe, e così fue fatto. Poi le cinquantadue saette furono messe davanti un fanciullo di cinque anni, e della generazione della quale sarebbe la saetta che il fanciullo leverebbe, fu stabilito sarebbe fatto il loro Re. Quando il fanciullo ebbe levato l’una delle cinquantadue saette, che sortì quella della generazione donde era quel savio uomo, questi fece tirare e mettere addietro tutte le altre generazioni. E poi appresso, di quella generazione donde era stata la saetta che il fanciullo aveva levata, fece eleggere, con esso lui, cinquanta due uomini de’ più savii e valenti che fussono in essa. E quando furono così eletti, diede a ciascuno a parte la sua saetta, e la segnò del nome di ciascuno; poi fattone il fascio, ne fece di nuovo levare una a quel fanciullino di cinque anni, statuendo che colui a chi sarebbe la [p. 191 modifica]saetta levata dal fanciullo, quegli sarebbe loro Re e loro Signore. E per sorte avvenne che il fanciullo levò la saetta di quel saggio uomo il quale così li aveva insegnati; donde tutto il popolo fue molto gioioso; e ne menò gioia e passa gioia. Ed allora egli li fece tacere, e disse loro: Se voi volete ch’io sia vostro Signore sì giurerete per Colui che ha fatto il cielo e la terra, che voi terrete ed osserverete i miei comandamenti: ed essi tutti il giurarono.

Appresso queste cose egli loro donò ed istabilì degli insegnamenti che furono molto buoni per conservare il popolo in pace gli uni cogli altri. L’uno degli stabilimenti ch’egli loro donò fu tale: che nullo non prenderebbe il bene altrui oltre suo grado o ad inganno. L’altro fu tale: Che l’uno non colpirebbe l’altro s’elli non volesse perderne il pugno. L’altro fu tale: Che nullo per violenza non arebbe compagnia della donna o della figliuola d’altri s’e’ non volesse perderne la vita. E più altri belli insegnamenti e comandamenti loro donò per aver pace insieme ed amore.

E quando egli li ebbe così insegnati ed aordinati, cominciò a rimostrar loro come il più antico nimico ch’elli avessono fusse il Prete Janni, e come li aveva egli in grande odio e despitto da lungo tempo. E perciò, disse egli, io vi comando a tutti che dimane siate presti ed apparecchiati per corrergli sopra. E s’egli avviene ch’egli ci disconfigga, donde Dio ci guardi, ciascuno faccia del meglio ch’e’ potrà; e se noi lo disconfiggiamo, io vi comando che l’incalzo duri sino alla fine, e fusse anche sino a tre [p. 192 modifica]giorni e a tre notti, senza che nullo non sia sì ardito di mettere la mano a nullo guadagno, non intendendo ma che a gente tagliare e mettere a morte: perchè appresso che noi aremo avuto piena vittoria de’ nostri antichi nimici, io vi dipartirò il guadagno sì bene e lealmente che ciascuno se ne terrà a pagato e contento. E tutti s’accordaro a ciò fare molto volentieri.

La dimane venuta, siccome essi avean deliberato di fare, così fecero, e incorsero strettamente sui loro nimici, ed anche, siccome Iddio volle che è onnipossente, essi li menarono a disconfittura, e quanti ne trovarono in arme, tanti ne uccisero: ma quelli che trovarono portanti abiti di Religione, ed i Preti, non uccisero punto; sicché tutto l’altro popolo delle terre del Prete Janni che non era stato in battaglia si arrese ad essi chiedendo mercè, e si mise in lor suggezione.

Una meravigliosa cosa avvenne appresso quella conquista; ciò fu che l’uno de’ Gran Maestri d’una delle generazioni dinanzi nomate, fu perduto ed assente dal popolo dei Tartarini per tre giorni senza che se ne avesse od udisse alcuna novella. E quando e’ fu rivenuto, a capo de’ tre giorni, rapportò al popolo ch’egli non pensava aver dimorato più che una sera, e che non aveva indurato sete nè fame. E raccontava ch’elli era salito su un monte il quale era alto a meraviglia, e che sovra quel monte egli avea trovato gran quantità delle più belle genti che avesse giammai vedute, e le meglio vestite e aornate; e nel mezzo del monte ci aveva uno Re assiso, [p. 193 modifica]il quale era il più bello a riguardare di tutti gli altri, ed il meglio parato, ed era in un trono rilucente a meraviglia, il quale era tutto d’oro. Alla sua destra aveva sei Re coronati e parati di pietre preziose, ed altanti ce n’avea alla sua sinistra. Presso di lui alla destra mano ci avea una Reina agginocchiata, che gli diceva e pregava ch’e’ pensasse del popol suo. Alla mano sinistra era agginocchiato altresì un bellissimo damigello, il quale aveva due ali così risplendenti come il Sole; e tutt’intorno a quel Re erano belle genti alate a fusone. Ed il Re appellò quel savio uomo, e gli disse: Tu sei venuto dell’oste de’ Tartarini? Sire, sì, diss’egli, io ne son uno. Ebbene tu vi tornerai, e dirai al Re di Tartaria che tu hai veduto me che sono Signore del Cielo e della Terra, e ch’io gli mando ch’egli mi renda grazie e lodi della vittoria ch’io gli ho donato sul Prete Janni e sopra sua gente: e gli dirai di mia parte ch’io gli do possanza di mettere in sua suggezione tutta la terra. Sire, disse quel Gran Maestro de’ Tartarini, come me ne crederà egli il Re di Tartaria? Tu gli dirai ch’egli ti creda a tali insegne, che tu ti anderai combattere allo Imperadore di Persia con trecento uomini di tue genti, e che da parte mia tu vincerai lo detto Imperatore che si combatterà a te con trecento mila Cavalieri, ed uomini d’arme, e più. E avanti che tu vada combattere lo Imperadore di Persia, tu chiederai al Re di Tartaria ch’egli ti doni tutti li Preti, ed uomini di Religione, che sono dimorati tra quelli là ch’esso ha preso in mercè dopo la battaglia del Prete Janni, e ciò ch’essi ti [p. 194 modifica]diranno e testimonieranno, tu il crederai; perciocch’essi sono delle mie genti e servitori. Sire, disse quel savio uomo, io non me ne saprei andare, se tu non mi fai far la condotta. E allora il Re si tornò ed appellò una delle sue belle creature alate, e gli disse: Vien qua, Giorgio, fa di condurre quest’uomo sino alla sua albergherìa, e rendivelo tosto e a salvezza. E tantosto fu trasportato quel saggio uomo de’ Tartarini nell’oste loro. Quando elli vi fu reso, e che tutto il popolo e le genti dell’oste lo videro, ne fecero grande allegrezza, ed egli senza dimora domandò al Re di Tartaria che gli donasse li Preti ed uomini di Religione come gli aveva insegnato il Re che trovò nell’alto del monte. Ciò che gli fu ottriato. E dibonaremente ricevve quel Gran Maestro dei Tartarini e tutte le genti sue l’insegnamento di coloro che gli eran stati donati, e tutti si fecero battezzare. E quando tutti furono battezzati, egli prese solamente trecento de’ suoi uomini d’arme, e li fece confessare ed apparecchiare. E di là se n’andò egli assalire lo Imperadore di Persia, e lo convinse e discacciollo fuori dell’Impero suo e di sua terra, sicché se n’andò fuggendo sino al Reame di Gerusalemme. E fu colui che dipoi disconfisse le nostre genti, e prese il Conte Gualtieri di Brienne così come udirete qui appresso. Il popolo di questo Principe Cristiano si moltiplicò talmente e venne a sì gran numero, siccome poscia udii dire ai messaggeri che il Re aveva inviato in Tartaria, ch’essi aveano contato nell’oste sua ben ottocento Cappelle tutto levate sui carri.