La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo XXXVII

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Libro secondo
Capitolo XXXVII

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In questo tempo il Bologna pittore sopra ditto dette ad intendere al Re, che gli era bene che Sua Maestà lo lasciassi andare insino a Roma, e gli facessi lettere di favori, per le quali lui potessi formare di quelle prime belle anticaglie, cioè il Leoconte, la Cleopatra, la Venere, il Comodo, la Zingana e Appollo. Queste veramente sono le piú belle cose che sieno in Roma. E diceva al Re, che quando Sua Maestà avessi dappoi veduto quelle meravigliose opere, allora saprebbe ragionare dell’arte del disegno; perché tutto quello che gli aveva veduto di noi moderni era molto discosto dal ben fare di quelli antichi. Il Re fu contento, e fecegli tutti i favori che lui domandò. Cosí andò nella sua malora questa bestia. Non gli essendo bastato la vista di fare con le sue mane a gara meco, prese quell’altro lombardesco ispediente, cercando di svilire l’opere mie facendosi formatore di antichi. E con tutto che lui benissimo l’avessi fatte formare, gliene riuscí tutto contrario effetto da quello che lui era immaginato; qual cosa si dirà da poi al suo luogo. Avendo a fatto cacciato via la ditta Caterinaccia, e quel povero giovane isgraziato del marito andatosi con Dio di Parigi, volendo finire di nettare la mia Fontana Beliò, qual’era di già fatta di bronzo, ancora per fare bene quelle due Vittorie, che andavano negli anguli da canto nel mezzo tondo della porta, presi una povera fanciulletta de l’età di quindici anni in circa. Questa era molto bella di forma di corpo ed era alquanto brunetta; e per essere salvatichella e di pochissime parole, veloce nel suo andare, accigliata negli occhi, queste tali cose causorno ch’io le posi nome Scorzone: il nome suo proprio si era Gianna. Con questa ditta figliuola io fini’ benissimo di bronzo la ditta Fontana Beliò, e quelle due Vittorie ditte per la ditta porta. Questa giovanetta era pura e vergine, e io la ’ngravidai; la quale mi partorí una figliuola a’ dí sette di giugno, a ore tredici di giorno, 1544, quale era il corso dell’età mia appunto de’ 44 anni. La detta figliuola io le posi nome Constanza; e mi fu battezzata da messer Guido Guidi, medico del Re, amicissimo mio, siccome di sopra ho scritto. Fu lui solo compare, perché in Francia cosí è il costume d’un solo compare e dua comare, che una fu la signora Maddalena, moglie di messer Luigi Alamanni, gentiluomo fiorentino e poeta maraviglioso; l’altra comare si fu la moglie di messer Ricciardo del Bene nostro cittadin fiorentino e là gran mercante; lei gran gentildonna franzese. Questo fu il primo figliuolo che io avessi mai, per quanto io mi ricordo. Consegnai alla detta fanciulla tanti dinari per dota, quanti si contentò una sua zia, a chi io la resi; e mai piú da poi la cognobbi.