Le Laude (1915)/XXXVI. Como l'anima vestita de vertù passa a la gloria

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XXXVI. Como l'anima vestita de vertù passa a la gloria

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XXXVI. Como l'anima vestita de vertù passa a la gloria
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XXXVI

Como l’anima vestita de vertú passa a la gloria

     Anima che desideri — d’andare ad paradiso,
se tu non hai bel viso, — non ce porrai albergare.
     Anima che desideri — de gire a la gran corte,
adórnate ed accónciate — che Dio t’apra le porte;
se tu non se’ ornata, — non troverai le scorte,
e sacci: poi la morte — non te porrai acconciare.
     Se vòi volto bellissimo, — aggi fede formata;
la fede fa a l’anima — la faccia delicata,
la fede senza l’opera — è morta reputata;
fede viva, operata — aggi, se vòli andare.
     La statura formosa — faratte la speranza;
ella a Dio conducete — che ’l sa far per usanza;
en ella corte è cognita — per longa costumanza,
la sua vera certanza — non te porrá fallare.
     De caritate adórnate, — ch’ella te dá la vita,
e do’ ale compónete — per fare este salita;
l’amor de Dio e ’l prossimo — che è vita compita,
non ne serai schernita — se vai con tale amare.
     De prudenzia adórnate, — anima, se vol salire;
ch’ella ha magisterio — ad saperte endrudire
d’andar composta e savia, — co se déi convenire
a sposa che déi gire — en gran corte ad estare.
     Se tu nuda gissece, — siri’ morta e confusa:
la iustizia vèstete — la sua veste gioiosa,
de margarite adórnate — che d’aconciare è osa;
órnate corno sposa — che se va a maritare.

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     Anima, tu se’ debile — per far sí gran salita;
de fortetuden ármate — contra l’aversa ardita,
non te metta paura — questa vita finita,
ché ne guadagni vita — che non può mai finare.
     De temperanza acónciate — per compir tuo viagio,
ella è magestra medeca — per sanar lo coragio;
en prosperiate umile, — che ’l sa far per usagio,
che facci esto passagio — co se convien de fare.
     Alma, po’ che se’ ornata, — vestita de virtute,
sacci che da longa — le porte te so aprute
e molto grandi eserciti — scontra te so venute
e riècante salute — che te s’on da pigliare.
     Poi che fedelitate — en te è resplendente,
gli patri santi envitanti — che si’ de la lor gente:
— Ben venga nostra cognita, — amica e parente,
dégiate esser placente — con noi de demorare. —
     Puoi che de speranza — tu hai sí bello ornato,
gli profeti envitanti — che si’ de loro stato:
— Vien’ con noi, bellissima, — al nostro gloriato,
che è sí smesurato — nol te porram contare. —
     Puoi che de cantate — tu porti el vestimento,
gli apostoli t’envitano — che si’ de lor convento:
— Vien’ con noi, bellissima, — gusta ’l delettamento,
ca lo suo piacemento — non se può ’maginare. —
     Puoi che de prudenza — tu porti l’ornatura,
gli dottori t’envitano — che porti lor figura:
— Una avemo regola, — una è la pagatura,
la nostra envitatura — non se de’ renunzare. —
     Puoi che vai ornata, — anima, de forteza,
gli martiri t’envitano — a lor piacevoleza:
— Vien’ con noi a vedere — la divina belleza
che te dará alegreza — qual non se può stimare. —
     Puoi che se’ ornata, — alma, de temperanza,
gli confessori e vergene — te fon grande envitanza:
— Vien’ con noi, bellissima, — ad nostra congreganza
e gusta l’abondanza — del nostro gaudiare. —

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     Puoi che de iustizia — porti gli suoi ornate,
gli prelati envitanti — a lor societate:
— Vien’ con noi, bellissima, — a la gran dignitate,
veder la maiestate — che ne degnò salvare. —
     Alma, se tu pensi — nel gaudio beato,
non te serrá graveza — guardarte da peccato;
osserverai la legge — che Dio t’ha comandato,
serai remunerato — con i santi a redetare.
     Non t’encresca, anima, — a far qui penetenza
ché tutte le virtute — con lei on convenenza;
se tu qui non la fai, — oderai la sentenza,
anderai en perdenza — nel fuoco a tormentare.