Le Laude (1930)/III. Contenzione infra l'anima e corpo

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III. Contenzione infra l'anima e corpo

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III. Contenzione infra l'anima e corpo
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III

Contenzione infra l’anima e corpo

Audite una ’ntenzone — ch’è’nfra l’anima e’l corpo:
battaglia dura troppo — fin a lo consumare.
L’anima dice al corpo: — Facciamo penitenza,
che possiamo fugire — quella grave sentenza
e guadagnar la gloria — ch’è de tanta piacenza:
6 portimo onne gravenza — con delettoso amare. —
Lo corpo dice: — Turbome — d’esto che t’odo dire:
nutrito so’l1 delicii, — nollo porria patire;
lo celebr’aio debele, — porria tost’empazire:
io fugi cotal pensiere, — mai non me ne parlare. —
— Sozo, malvascio corpo, — lussurioso, engordo,
ad omne mia salute — sempre te trovo sordo!
sostieni lo flagello — d’esto nodoso cordo,
14 emprende sto discordo — ché t’è ci opo danzare! —
— Succurrite, vicini, — ché l’anima m’ha morto,
alliso, ensanguepato, — disciplinato a torto!
O impia, crudele, — et ad que m’hai redotto?
18 starò sempr’en corrotto, — non me porrò allegrare. —
— Questa morte si breve — non mi siria’n talento.
Somme deliberata — de farte far spermento:
dagl cinque sensi tollere — omne delettamento,
22 e nullo piacemento — t’agio voglia de dare. —
— Si da li sensi tollime — li mei delettamenti,
siragio enfiato e tristo, — pieno d’encrescementi;
torrotte la letizia — nelli tuoi pensamenti:
26 megli’è che mo te penti — che de farlo provare. —
— La camiscia spogliate — e vesti sto cilizo:
la penetenza vètate — che non abbi delizo;
per guidardone dónote — questo nobel pannizo,
30 ché de coio scrofizo — te pensai d’amantare. —
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— Da lo ’nferno recastela — questa veste penosa;
tesseala ’l diavolo — de pili de spinosa;
omne pelo parerne — una vespa orgogliosa;
34nulla ce trovo posa, — tanto dura me pare. —
— Ecco lo letto: posate, — iace en esto gratizo;
lo capezal aguardace — ch’è un poco de paglizo:
lo mantellino cuoprite, — adusate col miccio;
38questo te sia deliccio — a quel che te voglio fare! —
— Guardate a letto morbedo — d’esta penna spiumato!
pietre rotonde vegioce — che venner dal fossato;
da qual parte volgome, — rompome el costato:
42tutto son conquassato, — non ce posso posare. —
— Corpo, surge, lèvate! — ché suona matutino;
leva su, sonòcchiate — en officio divino;
legge nuove empónote — perfine a lo maitino;
46emprende esto camino — che sempre t’è opo fare. —
— Como surgo, levomi, — che non aggio dormito?
Degestione guastase, — non aggio ancor padito;
scorsa m’è la regoma — per lo freddo c’ ho sentito;
50el tempo non è fugito, — lassarne ancor posare! —
— Ed o’staisti a’mprendere — tu questa medicina?
per la tua negligenza — dòtte una disciplina;
si piú favelli, tollote — a pranzo la cocina:
54ché questa.tua malina — penso de medecare. —
— Or ecco pranzo ornato — de delettoso pane
nero, azemo e duro — che noi rosecára’l cane!
Non lo posso enghiuttire, — si reo sapor me sane!
58Altro cibo me dáne, — se me voli sostentare. —
— Per lo parlar c’ hai fatto, — tu lasserai el vino;
né a pranzo né a cena — non mangerai cocino;
se piú favelli, aspèttate — un grave disciplino;
62questo prometto almino, — non te porrá mucciare. —
— Recordo d’una femena — ch’era bianca, vermiglia,
vestita, ornata, morbeda, — ch’era una maraviglia:
le sue belle fateze — lo pensier m’asutiglia;
66molto si me simiglia — de potergli parlare. —

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— Or attende ’l premio — de questo c’hai pensato:
lo mantello artollote — per tutto sto vernato;
le calzamenta lassale — per lo folle cuitato;
70 ed un disciplinato — fin a lo scorticare. —
— L’acqua che bevo noceme, — caggio ’n etropesia;
lo vino, prego, renderne — per la tua cortesia!
Se tu sano conserveme, — girò ritto per via;
74 se caggio ’n ’enfermaria, — opo me t’è guardare. —
— Poi che l’acqua nocete — a la tua enfermentade
e lo vino noceme — a la mia castitade,
lassa lo vino e l’acqua — per la nostra sanetade;
78 sostien necessitate — per nostra vita servare. —
— Prego che non m’occide! — nulla cosa demanno;
en veritá promettote — de non gir mormoranno:
lo entenzare veiome — che me retorna en danno;
82 che non caggia nel banno — vogliomene guardare. —
— Se te vorrai guardare — da omne offendemento,
sirotte tratta a dare — lo tuo sostentamento;
e vorròme guardare — dal tuo encrescemento: —
86 sirá delettamento — nostra vita salvare. —
Or vedete’l prelio — c’ha Porno nel suo stato!
tante son l’altre prelia, — nulla cosa ho toccato:
che non faccian fastidio, — aggiol’abbreviato;
90 finisco sto trattato — en questo loco lassare.
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