Le Ricordanze (Rapisardi 1894)/Parte prima/Luna sulle nevi
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LUNA SULLE NEVI
Batte il notturno vento alla campagna
L’ondeggiante oliveto, e sulle prime
Nevi della montagna
Passa la fredda luna.
Dalle materne cime
Cade la foglia inaridita e smorta,
E della corta vigna
Sul gelido vial saltan le lepri.
Fra gl’ispidi ginepri della siepe
S’acquatta il cacciatore,
Mentre con importuno
Raglio il disturba dal vicin presepe
Il povero asinel freddo e digiuno.
Là sul romito calle,
Dove s’incrocia la petrosa via,
Splende la lampa tremula
Al candido altarino di Maria;
Passa stanco dall’opra il contadino
Su nodoso baston curvo le spalle;
Dal chiuso pecorile
Lo provoca abbajando alla lontana
L’indocile mastino;
Egli guardingo passa,
E mormora una prece, e fa un inchino.
Vede intanto dall’erta
L’accesa fenestrella
De la capanna misera e deserta,
E pel noto sentiero allunga il passo;
Ode il murmure incerto e la faccenda
Della sua famigliola,
E sente al petto lasso
Un secreto piacer che lo consola.
Così verso una dolce iri di pace
Tende l’umana vita:
Chè su la terra squallida e fugace
Fíore non porta aprile
Dì salde foglie e di profumo eterno;
Pari a larva sottile
Di sogno mattutino
Fugge il piacer di nostra istabil sorte,
E perpetua ne preme ala di verno;
Ma dalla cieca fronte
Il menzognero vel toglie la Morte,
Ed al redento spirito
Schiude del vero il libero orizzonte.
Ah, tu dillo, o secreta
Visitatrice del mio cor dolente,
Dolce fanciulla aerea,
Tu lo ridici al trepido poeta!
Che ti valse il clemente
Riso del nostro cielo
E il lampo degli azzurri occhi sereni
Ed il trapunto velo
Ed il voto d’amore, ond’eri avvinta,
Or tu lo sai, che cinta
Di sempiterni raggi,
Qual fior su per l'oceano,
L’infinita del tempo onda viaggi.
Pria che degli anni il gelo
T’inaridisse il core,
O pia fanciulla, a te fu caro il cielo.
Tale esotico fiore,
Chiuso in vetro geloso, all’aere immite
Sporge la cima tenera,
Cerca il suo cielo, e muore;
Uccello doloroso
Pellegrinante per vario paese
Tende così al cortese
Nido del suo riposo;
Così vivida stella
Che sul mattino appare
Dileguasi nel mare
Alla pupilla intenta:
Oh, non dite ch’è spenta,
Non dite ch’è per lei l’ultima sera;
Dite che viva e bella
Corre ad illuminar più lieta sfera!
Io doloroso e solo
Della memoria tua ravvivo il canto,
E di celesti immagini
Questa mia dolorosa ombra consolo.
Oh, dimmi, o pia: quanti di questi ancora
Sono serbati a me giorni di pianto?
Quanto per questa tenebra
Affaticando andrò gli occhi miei lassi
Desiderosi dell’eterna aurora?
Ah, tu pensosa passi,
Pensosa passi, e la serena fronte
Al pianto mio s’imbruna....
E fischia il vento intanto, e dietro al monte
Cade la fredda luna.