Le Ricordanze (Rapisardi 1894)/Parte terza/Alba avis

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Parte terza - Alba avis

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ALBA AVIS



Le promesse e le preghiere
     Varie al volto, a la favella
     Volan tutte a stuolo, a schiere,
     A l’altar de la mia bella.

Qual sen va tacita, quale
     Alza all’aria un gran susurro,
     Chi di roseo ha tinte l’ale,
     Chi di giallo, chi d’azzurro.

Sopra un’ara, cui d’ardente
     Raggio indora il più bell’astro,
     Sta la Dea bianca, silente
     Come statua d’alabastro.

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Quinci e quindi a una ringhiera
     Ferrea stanno in voto appesi
     Pinte immagini di cera,
     Volti smunti e cori accesi.

Ecco, il pio sciame s’addensa
     Mormorando al biondo altare:
     Che fragor, che folla immensa
     Pajon pecchie all’alveare.

Ma la Dea ch’odia il fracasso,
     Sul nasin l’indice pone,
     Poi comanda: Senza chiasso
     Dica ognun la sua ragione.

Allor trepida e con gli occhi
     Bassi, e pria fatto un saluto,
     Appoggiando un dei ginocchi
     A un guanciale di velluto,

Una parla: Se ti piaci
     Di vegliate illustri carte,
     Della musa io t’offro i baci,
     T’offro i regni ampj dell’Arte.

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Dice un’altra: Io ti prometto
     Il più nobile tesoro;
     E con orgoglioso aspetto
     Mostra un bel ramo d’alloro.

Ma una terza, in fra la turba
     Che da’ due lati si tira,
     Con un’aria umile e furba
     S’apre il passo. Ognun n’ammira

L’ali splendide, il fiammante
     Diadema, gli aurei crini
     E la veste luccicante
     Di smeraldi e di rubini.

— Se del mio signor tu cedi,
     Ella insinua, alla preghiera,
     Sarà tuo ciò che tu chiedi,
     L’oro avrai che al mondo impera. —

— Vanità, con un dir lento
     Sclamò un’altra: men fallace
     Dono io t’offro: io ti presento
     L’elisir che chiaman pace. —

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Le preghiere umili, accorte
     Venner dietro ad una ad una,
     Ed il cor gelido e forte
     Della Dea tentò ciascuna.

Ma la Dea con un sorriso
     Ed un far di bimba scaltra,
     Carezzandole sul viso,
     Prende l’una dopo l’altra

Le promesse e le preghiere
     Per le alucce intormentite,
     E altre getta in un braciere,
     Altre serba in acquavite.

Quando un’ultima promessa,
     Cinta d’edera e di rosa,
     Alla somma ara s’appressa
     Della Dea bianca e sdegnosa;

E puntando contro terra
     I piedini, audace idea,
     La melliflua bocca serra
     All’orecchio della Dea:

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E non gloria, non ricchezza
     Ti promette il mio signore,
     Dice, ma l’immensa ebbrezza
     D’un dì rapido d’amore.

Non appena il chiaro accento
     La dormente alma dissonna,
     La dea nivea in un momento
     Divien carne, si fa donna;

E dall’ara, in cui si piacque,
     S’abbandona sul mio core;
     Mentre il ciel, la terra e l’acque
     Cantan tutte: Amore, amore!