Le cento novelle antiche/Novella IV

Da Wikisource.
Novella IV

../Novella III ../Novella V IncludiIntestazione 17 febbraio 2014 100% Da definire

Novella III Novella V
[p. 13 modifica]

Come uno giullare1 si compianse dinanzi ad Alessandro d’un cavaliereFonte/commento: 170, al quale elli avea donato per intenzione che cavaliere li donerebbe ciò che Alessandro li donasse.


NOVELLA IV.


Stando Alessandro alla città di Giadre con moltitudine di gente ad assedio, un nobile cavaliere era fuggito di prigione. Et essendo poveramente ad arnese, misesi ad andare ad Alessandro che donava larghissimamente sopra li altri signori. Andando per lo cammino, trovò uno uomo di corte2 nobilemente ad arnese. Domandollo dove andava. Lo cavalier rispose: vo ad Alessandro, che mi doni, acciocch’io possa tornare in mia contrada onoratamente. Allora il giullare rispose, e disse: che vuoli tu ch’io ti doni, e tu mi dona ciò che Alessandro ti donarà? Lo cavaliere rispose: donami cavallo da cavalcare e somiere e robe e dispendio convenevole a ritornare in mia terra. Il giullare li le donò, et in concordia cavalcaro ad Alessandro, lo quale aspramente avea combattuto la [p. 14 modifica]città di Giadre, era partito dalla battaglia, e faceasi sotto un padiglione disarmare. Lo cavaliere e lo giullare si trassero avanti. Lo cavaliere fece la domanda sua ad Alessandro umile e dolcemente. Alessandro non li fece motto, nè li fece rispondere. Lo cavaliere si partì dal giullare, e misesi per lo cammino a ritornare in sua terra. Poco dilungato il cavaliere, li nobili cittadini di Giadre recaro le chiavi della città ad Alessandro, con pieno mandato d’ubbidire a lui, siccome a lor signore. Alessandro allora si volse in verso e suoi baroni, e disse: dove è chi mi domandava ch’io li donasse? Allora fu trammesso3 per lo cavaliere ch’addomandava il dono. Lo cavaliere venne, et Alessandro parlò, e disse: prendi, nobile cavaliere, le chiavi della nobile città di Giadre, che la ti dono volentieri. Lo cavaliere rispose: messere, non mi donare cittade; priegoti, che tu mi doni oro o argento o robe, come sia tuo piacere. Allora Alessandro sorrise, e comandò che li fossero dati due mila marchi d’argento. E questo si scrisse per lo minore dono che Alessandro donò mai. Lo cavaliere prese i marchi, e donolli al giullare. Il giullare fu dinanzi ad Alessandro, e con grande stanzia addomandava che li facesse ragione, e fece tanto che fece [p. 15 modifica]restare lo cavaliere. E la domanda sua si era di cotale maniera dinanzi ad Alessandro: messere, io trovai costui in cammino: domanda’lo ove andava, e perchè. Dissemi, che ad Alessandro andava, perchè li donasse. Con lui feci patto. Dona’li, et elli mi promise di donare ciò che Alessandro li donasse. Onde elli hac rotto il patto; ch’ha rifiutato la nobile città di Giadre, e preso li marchi. Perch’io dinanzi alla vostra signoria addomando, che mi facciate ragione, e soddisfare quanto vale più la città ch’e marchi. Allora il cavaliere parlò, e primamente confessò i patti; poi disse: ragionevole signore, que’ che mi domanda è giocolare, et in cuore di giullare non puote discendere signoria di cittade; il suo pensero fu d’argento e d’oro. E la sua intenzione fu tale. Et io ho pienamente fornita la sua intenzione. Onde la tua signoria proveggia nella mia diliveranza, secondo che piace al tuo savio consiglio. Alessandro e suoi baroni prosciolsero il cavaliere, e commendaronlo di grande sapienzia.

Note

  1. Come uno giullare. “Lo giullare, dice Brunetto Latini (Tes. 1. vi, c. 35) si è quel che conversa con le genti con riso e con giuoco, e fa beffa di sè e della moglie e de’ figliuoli; e non solamente di loro, ma eziandio degli altri uomini”.
  2. un uomo di corte; qui val giocolare. Presso gli scrittori del trecento trovasi non di rado uomo di corte per giocolare, forse perchè questa fatta di gente in quel tempo servia d’intertenimento e di sollazzo alla corte.
  3. tramettere per alcuno vale mandar per esso; mandarlo a chiamare. Anche nella Storia de’ SS. Barlaam e Giosafatte (facc. 3) si legge: “allora tramise tutti li suoi servi ecc. per quello barone”. S’adopera d’ordinario il verbo mandare quando è noto dov’è la persona cui si fa chiamare; e il verbo tramettere quando non si sa precisamente dov’ella sia.