Le favole di Esofago da Cetego/IV

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Favola IV.
LA VITE, ED UN SALICE.

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Favola IV.
LA VITE, ED UN SALICE.
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FAVOLA IV.




LA VITE, ED UN SALICE.


La Vite è un elemento opaco con fusto di sì numerosa diramazione, che se crescesse a sazietà, al dire dei più celebri Neofiti, porterebbe il frutto sino alla proposcide di Corinto. Or questa Vite essendo giunta dopo lungo viaggio alla metà di marzo, cadde [p. 62 modifica]in nera ipocondria secondo il costume, e si mise a piangere dirottamente alla presenza di me Notajo, e degl’infrascritti signori testimonj. Un Salice in quelle vicinanze cresciuto colla salma di sua mera corteccia, si burlava del dolore altrui, e diceva alla Vite: tu sei un povero originale, che piangi nella stagione, che gli altri ridono, e ti lamenti, che la sposa è troppo bella. Al che rispose la Vite: taci, o spennacchiato Donatista, e sappi che io piango la tua miseria, mentre ti veggo evacuate le interpellanze, ed esplettati gli intestini. Guarda, che hai la pelle senz’ossa, e che la sinagoga de’ tuoi atomi è diminuita a segno, che sei divenuto ambiguo, e sembri il catarro dei leprosi di Sassonia. Abbi paura di te, e fatti il tuo bisogno indosso 1. A questa ripresa disse il Salice: basta così; io son ferito, e conosco, che siamo entrambi d’umore stravagante; tu piangi senza ragione, ed io vivo senz’anima.

Moralità.

Nemo praesumitur bonus.

Note

  1. [p. 103 modifica]Farsi il suo bisogno indosso; voci italiane, sebbene in complesso sia frase piemontese che equivale a cacarsi addosso.