Le nozze di Zefiro

Da Wikisource.
Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Poemetti Letteratura Le nozze di Zefiro Intestazione 31 agosto 2023 75% Da definire

Il Foresto
Questo testo fa parte della raccolta Poemetti di Gabriello Chiabrera
[p. 202 modifica]

LE NOZZE DI ZEFIRO


AL SIGNORE FERDINANDO RIARIO

MARCHESE DI CASTIGLIONE.

     Stanco di celebrar armi d’Eroi
Sull’alto Pindo, io fei preghiera a Clio,
Che mi narrasse i trapassati scherzi,
Quando il soave Zefiro fu Sposo.
     5Ella mi fu cortese, or tu mi ascolta,
Pregio de’ nostri lidi, onde discendi,
E pregio del bel Reno, ove soggiorni.
     A te fia caro, o Ferdinando, il dono,
Poi che dell’alma mia tanto sei caro
10Caro per la virtù che in te fiorisce,
E per l’amato nome onde t’appelli,
Che tal chiamossi ’l mio gran re, cui l’Arno
Scorse fermare in sulle terre Astrea
Già fuggitiva; e con mirabil scettro
15Rinnovò glorïoso al secol nostro
La bella etate, e di Saturno i giorni:
Or sul cerchio di latte almo fiammeggia
Astro d’Italia, ed io rigonfio il petto,
E spargo per lo ciel spirto Febeo
20Per lui cantando, e suoi grand’Avi illustri;
Mancando triegua al faticato fianco
Oggi a’ piè di Parnaso io mi ricorco
Entro le nozze del piacevol vento.
Avvenne un dì, che delle instabili onde
25La superba Reïna a sè davanti
Fece venir fra cento fide ancelle
La sua più fida messaggiera: a nome
Appellossi Procella: avea sembianti
A rimirare altieri; i piè leggiadri,
30Sicchè trascorrer sa l’umide vie
In un momento; e con volubil corso
Cercare i campi dell’aereo regno:
Ora inverso costei sciolse la voce,
E si disse Anfitrite: Affretta i passi
35Intra le nubi colorite, e trova
Ne’ seggi suoi l’alma Giunone, e dille:
Che dove sorga in ciel la terza Aurora,
Deve all’amabil Zefiro sposarsi
Calma tra le mie Ninfe, a me più cara;
40E però prego sua cortese Altezza
A volere onorar questi Imenei
Con sua presenza. Ella qui tacque, e ratta
La messaggiera si metteva in via;
Lasciò gli umidi fondi, e là sen venne,
45Ove l’alma Giunon facea soggiorno
Tra’ chiari nembi: ella inchinolla, e poi
Fe’ dal petto volar queste parole:
L’alta Anfitrite a te mi manda, e dice,
Che dove sorga in ciel la terza Aurora
50Deve all’amabil Zefiro sposarsi
Calma, tra le sue Ninfe a lei più cara;
E però prega tua cortese Altezza
A volere onorar questi Imenei
Con tua presenza. Così detto tacque,
55E dell’aria inchinò l’Imperadrice,
Ed ella dolce raggirando il guardo,
Lampeggiò con un riso, onde serena
L’aure d’intorno, e fa venir tranquillo
Fra le tempeste il rio furor de’ nembi,
60E tal diede risposta: Emmi soave
Ascoltar delle nozze, onde s’allegra
La vostra Corte, e più soave ancora
Sarammi il rimirarlo; io prontamente
Son per venirvi, e vive grazie rendo
65Alla tua Donna del giocondo invito.
Non più diss’ella; e di veloce corso
La messaggiera dentro il mar discese,
Ivi fe’ di Giunon palesi i detti
Ad Anfitrite, ed Anfitrite allora
70Cura commise a sua fedel famiglia
D’apprestar l’alta pompa, e fare adorni
Con lungo studio i ben fondati alberghi:
Appena l’alba tra rugiade e rose
Al disïato giorno il varco aperse,
75Che giojosa del mar sorse ogni Ninfa:
La bella Eudora dalle chiome d’oro,
E la soave ad ascoltar Melita
Furono al letto d’Anfitrite, e pronte
La sollevâr dalle notturne piume:
80Lisïanassa inghirlandata i crini
D’Arabo nardo, ed Elimene, esperta
Con bei trapunti a ben fregiare i manti,
Alla sposa gentil furono intorno
Per adornarle il fior della beltate;
85Ma con esse Ferusa, Erinomea,
Succinte i fianchi, e coturnate i piedi,
Aperser loggia ove le regie mense
Innalzar si doveano, inclita loggia;
Loggia ad altri Imenei non mai dischiusa:
90Con cento alte colonne ella risplende
D’almo cristallo, a riguardar lucente,
Cui la base facean tersi ametisti,
Tersi coralli il capitello, e sopra
Si vedea sfavillar fregio, e cornice
95Di scelto e serenissimo zaffiro:
Le salde lastre, ove riponsi il passo,
Eran berillo, e biancheggiava il tetto
Di compartite in oro ampie conchiglie,
Che già chiusero in grembo Indiche perle:
100In tal soggiorno le leggiadre ancelle
Spendevano i pensier sull’apparecchio
De’ gran conviti, e già nel mar discesa
S’appressava Giunone a’ gran palagi.
Allor diè fiato alla canora conca,
105E ringonfia Triton l’umide gote.
Così chiamata la cerulea Corte

[p. 203 modifica]

Tutta adunossi ne’ reali alberghi;
In mezzo a cui mirabilmente adorna
Gioconda a riverir mosse Anfitrite
110L’alma Giunone; e quando pose il piede
Sulle gran soglie, essa inchinolla, e poscia
Fe’ dal petto volar sì fatte note:
Forse fia stato grave a vostra Altezza
Il sì lungo sentier; ma tanto onore
115Suole a ciascun venir dal vostro aspetto,
Ch’io non seppi frenar le mie preghiere:
Cosi disse Anfitrite; a cui rispose
La suprema Reïna delle nubi:
Dolce mi tornerebbe ogni fatica
120A te servendo, che cotanto onoro:
Or che dirò, che di tue grazie godo?
Così risposto s’avviaro dove
Splendea stanza dorata, e lietamente
Ivi posaro in su dorate sedi;
125Ne molto andò, che ’l Correttor de i venti
Seco in mezzo di Libico e di Coro
Zefiro scorse: ei di fiorita etate
Volgea lucidi sguardi, e d’aurei fiori
Gl’inanellati crin tutto cosparso,
130Moveva appresso al suo signore il passo,
Ma come furo all’alte donne innanzi,
Elle s’alzaro dalle sedi: allora
Piega il ginocchio, e con leggiadri accenti
Gentilmente la lingua Eolo disciolse:
135Del gran favore, ond’egli è fatto degno
Dal tuo benigno spirto, alta Reina,
Viene questo fedele a darti grazie,
Ed io con seco: in ascoltando fassi
Zefiro presso ad Anfitrite, e bacia
140I ricchi lembi della regia gonna,
Ed a Giunon non men: lieta Anfitrite
Poscia, ch’all’accoglienze e posto fine
A se chiamò la giovinetta sposa;
Ed ella venne, ed apparì siccome
145In verde prato un arboscel fiorito
Al vezzeggiar di Primavera, o quale
In ciel si mira l’ammirabile Iri,
O tra belle aure la rosata Aurora:
Era sua gonna di cerulee sete
150Serpeggiata d’argento; e l’aurea chioma
Splendea raccolta con gentil lavoro
Tra reti d’oro; in così nobil pompa
Vermiglia il volto, alabastrina il seno,
Spargendo d’ogn’intorno aure Sabee,
155Piena di lampi il guardo ella sen venne.
Per cotanta beltà ciascun fu preso
Di meraviglia, e l’agitato sposo
Ora fassi di neve, ora di foco,
E dall’aperte labbra a pena spande
160Un mormorio, che la favella intiera
Interrotta fra’ denti si disperse:
Ciascun dolce ne rise; onde gioconda
La gran donna del Mar ciascuno addusse,
E fe’ sedere all’adornate mense:
165Poi che d’alme vivande ebber diletto
Preso a bastanza, e con nettarei sorsi
Colmato il cor d’incomparabil gioja,
Tutta lieta Giunon volgendo il guardo
Incominciò: non è ragion, ch’indarno
170Io sia stata presente a’ tuoi conforti,
Leggiadra Ninfa; anzi voglio io che duri
Teco dell’amor mio lunga memoria;
Però non mai per le marine piagge
Ti farai rimirar, che ’l mio gran Regno
175Non sia tranquillo; io così giuro, e sempre
Nel Mondo il mireran gli occhi mortali.
Al dolce suono de’ Giunonj detti
Sorse de’ fieri venti il buon tiranno,
E prese a dire: O dell’instabile onda
180Ad ogni voglia tua moderatrice,
Per onorar la tua grandezza io scelsi
Fra tutti i miei fedeli il più gentile,
E lo fei sposo alla tua Ninfa; or odi
Ciò che per suo conforto io qui prometto:
185Non vo’ che del mio Regno egli trascorra,
Soffiando intorno, se non pochi giorni
Dell’anno dolce, e più fiorito: e voglio,
Ch’egli non mova, se non quando il Sole
Avrà compita la metà del calle,
190E sferzerà Piroo verso l’Occaso:
Così ben lungamente a lui concesso
Sarà servire alla diletta sposa,
E del caro Imeneo fornir le leggi
Soavemente. Ei così disse: Allora
195La Reina del Mar giojosa impose,
Che alle cetre d’Amor fossero scosse
Le corde d’oro; e finchè notte oscura
Non ricondusse a carolar le stelle,
Furo li sposi in dilettevol danza.
200Ed io lor porgo, o Ferdinando, i prieghi
Per questi vaghi fior, che in Elicona
Colsi a lor gloria, acciò sempre secondi
Siano nel basso mondo a’ tuoi desiri;
E se giammai nel Mar sciorrai le vele,
205La bella Calma t’accompagni, e dove
Spronerai corridor sopra la terra,
Zefiro dolce ti sereni il cielo.