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Le odi di Orazio/Libro primo/II

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Libro primo
II

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Quinto Orazio Flacco - Odi (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1883)
Libro primo - I Libro primo - III
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II.


Già assai di neve in terra e di maligna
    Grandine sparse il Padre, e con rovente
    Destra le sacre rocche saettando
            4Spaventò Roma,

Spaventò il mondo, non tornasse il grave
    Secol di Pirra lamentosa a’ novi
    Mostri allor ch’alto a’ monti il gregge tutto
            8Proteo sospinse.

[E si attaccâro i pesci all’olmo in cima,
    Dove già le colombe ebbero il nido,
    E pel sovrano pelago atterrite
            12Nuotâr le damme.]

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Vedemmo il biondo Tevere, ritorti
    Dal lido etrusco a grande impeto i flutti,
    Contro i regali monumenti e i templi
            16Romper di Vesta,

Mentre vendicator de’ troppi affanni
    D’Ilia si vanta, e vago alla sinistra
    Ripa, a Giove in dispetto, il maritale
            20Fiume discorre.

Udran che aguzzo il cittadino ha il ferro
    Che uccider meglio i Persi empj dovea,
    Udran le pugne per avita colpa
            24Rari i nepoti.

Qual dio fra tanto ruinar d’impero
    Fia che la gente invochi? E con qual prece
    Le pie donzelle stancheranno Vesta
            28Sorda a’ lor canti?

A chi le parti d’espiar la colpa
    Darà mai Giove? Oh vieni alfin, preghiamo,
    Nubivelato gli omeri candenti,
            32Augure Apollo;

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E tu, se il vogli, Ericina ridente
    Qui vola intorno con lo Scherzo Amore;
    E se il negletto genere e i nepoti,
            36Autor, tu guardi:

Sazio deh sia del troppo lungo ludo
    Chi clamori ama e tersi elmi ed aspetto
    Di pedon marso, che bieco il cruento
            40Nemico affisi!

Tu, se in altro sembiante, alato figlio
    Di Maja altrice, il Giovane ti fingi
    In terra, e vuoi di Cesare esser detto
            44Vendicatore,

Tardi ritorna al cielo, e lieto in mezzo
    Sta’ lungamente al popol di Quirino;
    Nè te, di nostre scelleranze schivo,
            48Aura veloce

Tolga. Qui meglio alti trionfi, nome
    Qui aver di padre e di signor ti piaccia;
    Nè tollerar che impune equiti il Medo,
            52Cesare duce.