Le opere di Galileo Galilei - Vol. II/Fortificazioni/Avvertimento

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Avvertimento

Le opere di Galileo Galilei - Vol. II/Fortificazioni Le opere di Galileo Galilei - Vol. II/Fortificazioni/Breve Instruzione all’Architettura Militare IncludiIntestazione 18 agosto 2022 100% Da definire

Fortificazioni Fortificazioni - Breve Instruzione all’Architettura Militare

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AVVERTIMENTO.




Due sono i Trattati di Galileo intorno alle Fortificazioni od all’Architettura militare, che dir si voglia,1 e di nessuno è pervenuto l’autografo sino a noi. L’uno rappresenta, a parer nostro, un sunto delle pubbliche lezioni tenute dall’Autore nello Studio di Padova durante il primo anno del suo insegnamento, 1592-1593: l’altro fu, come per ogni rispetto ci sembra verosimile, steso da Galileo per uso del suo insegnamento privato; perciocchè è ben noto che, oltre a tenere intorno a questa e ad altre materie lezioni particolari, egli ne rilasciava copie manoscritte ai suoi uditori, ed anzi per la trascrizione di esse ebbe durante alcun tempo presso di sò e a’ suoi stipendi un amanuense2.

Il primo de’ due Trattati, e, a nostro avviso, il più antico, ci fu conservato in due manoscritti, già appartenuti alla famosa biblioteca di Giovanni Vincenzio Pinelli in Padova, ed attualmente nell’Ambrosiana di Milano: l’uno, che chiameremo A, con la segnatura D. 328 Inf.; l’altro, che indichiamo con B, segnato D. 296 Inf. Ambedue questi codici sono della fine del secolo XVI o del principio del XVII3; ed in B, tra più mani che s’alternano, quasi di diversi amanuensi che si succedessero nella copia, s’incontra anche quella di G. V. Pinelli, [p. 10 modifica]alla quale, oltre qualche tratto del testo, sono dovute alcune rettificazioni, due note (cfr. pag. 23, n. 1), e alcune rubriche marginali, indicative delle materie trattate. I manoscritti Vaticani 9556 e 9559 contengono soltanto una moderna e parziale trascrizione degli Ambrosiani, la quale, sebbene sia di propria mano del cardinale Angelo Mai, è tuttavia priva di qualsiasi importanza.

Dell’altro Trattato, alquanto più diffuso in alcuni particolari, conosciamo un numero molto maggiore di manoscritti; cioè:

a = Bibl. Naz. di Firenze; Mss. Gal., Par. II. T. II
b = Bibl. Naz. di Firenze; Mss. Gal., Par. II. T. III
c = Bibl. Naz. di Firenze; Mss. Gal., Par. II. T. IV (di mano d’Alessandro Pitti4)
d = Bibl. Naz. di Firenze; Mss. Gal., Par. II. T. V
r = Bibl. Riccardiana, cod. 2184
m = Bibl. Ambrosiana, cod. N. 281 Sup.
n = cod. D. 296 Inf.5
s = Bibl. di S. A. R. il Duca di Genova, in Torino, cod. Saluzziano 85.


Di questi esemplari, m ed n appartengono alla fine del secolo XVI o al principio del XVII, e in m, dove s’alternano più mani alla guisa medesima che nel codice B del primo Trattato, alcune pagine furono scritte dal Pinelli; b e d sono pure dei primi del 600, e di poco posteriore è c; con r ed a scendiamo invece alla seconda metà del secolo, e con s addirittura a’ primi anni dell’800. Aggiungeremo ancora che dei quattro manoscritti già, come è noto, Palatini, il T. II appartenne a G. B. Venturi, il quale lo ebbe in dono dal marchese Gherardo Rangoni e lo cedette poi al Granduca di Toscana6; il T. III proviene dalla Riccardiana; i T. IV e V dalla libreria Poggiali di Livorno.

Questo secondo Trattato fu pubblicato per la prima volta dal Venturi7. A lui non era rimasto sconosciuto neppure l’altro più antico; ma gli bastò d’inserirne, giudicandolo in gran parte un compendio dell’opera maggiore, alcuni squarci qua e là, ne’ luoghi di questa stimati convenienti. Quanto al Trattato edito per intero, egli avverte d’essersi valso dell’esemplare avuto in dono dal marchese Rangoni, d’aver tenuto conto delle varianti offerte dai due codici dell’Ambrosiana e dai due della Riccardiana, e di non aver trovato da questi sensibilmente discordi i due altri della libreria Poggiali, e da tutti insieme aver prescelto quella lezione, nella quale convengono o tutti o la maggior parte di essi, e che inoltre paresse [p. 11 modifica]a lui meglio corrispondente alla intenzione dell’Autore. Il vero è, però, che il codice da lui posseduto e spesso seguito, cioè quello che noi abbiamo chiamato a, è, come presto diremo, tra i peggiori, se non forse il peggiore e il più arbitrario; e così molte lezioni del testo Venturi, dovute soltanto alla licenza del copista di a, mancano dell’appoggio dei restanti manoscritti: inoltre l’editore bene spesso, trovando nella sua guida lezioni errato e senza senso, non si valse, per correggerle, degli altri esemplari, ma emendò a capriccio. S’aggiunga ch’egli ammodernò, secondo il costume della critica contemporanea, le forme della lingua; e modificò la divisione in capitoli, e le figure illustrative.

Il testo pubblicato nelle posteriori edizioni, è copia di quello del Venturi, salvo alcune leggiere mutazioni, delle quali non vien reso alcun conto.

Noi, risalendo alle fonti, abbiamo stimato opportuno di mantenere distinti l’uno dall’altro i due Trattati, dei quali possiamo ben dire che il primo vegga la luce ora soltanto in tutta la sua integrità. Abbiamo apposto a questo il titolo di Breve istruzione all’Architettura Militare, desumendolo dalle ultime linee dell’opera: il che ci è sembrato partito più sicuro, che non fosse lo accettare un più lungo e specificato titolo, il quale si legge nell’uno de’ due codici8. Il Trattato è accompagnato, ne’ manoscritti, da alcuni Preliminari geometrici, nei quali, ed in particolar modo per ciò che si riferisce alla costruzione di certe figure regolari, non si devono cercare procedimenti rigorosi, ma semplici suggerimenti di costruzioni approssimate, aventi per iscopo la più facile e più comoda applicazione pratica. Noi tuttavia abbiamo riprodotto i detti Preliminari, giudicandoli parte dell’opera stessa; al qual proposito è da avvertire, che in maniera consimile incominciano alcuni dei più riputati libri dettati su tale materia all’incirca nel medesimo tempo, come sono quelli del Cattaneo, del Lanteri, del Lorini e del Fiammelli9. Ai Preliminari abbiamo fatto seguire completo il Trattato, attenendoci, anche quanto alla lezione, con fedeltà ai due codici ambrosiani.

La diligente collazione di questi ci ha dimostrato che il testo da essi offerto è sostanzialmente il medesimo, e che le differenze sono pressochè tutte di grafia, e nè troppo frequenti, nè troppo gravi. È molto probabile perciò che ambedue i codici siano derivati da uno stesso originale10: come è certo che e l’uno e l’altro sono stati trascritti da copisti veneti; e lo dimostrano abbastanza certe alterazioni, di carattere dialettale, che spesso si sovrappongono alle forme toscane. Il cod. A presenta alcuni manifesti errori, che accusano l’ignoranza del copista, e che sono [p. 12 modifica]corretti dalla lezione di B: per contrario ci parve di ritrovare in A, qualche volta meglio che in B, certe forme prettamente toscane, lo quali non possono attribuirsi se non all’Autore. In tale condizione di cose, e non soccorrendoci più forti ragioni per dar la preferenza all’un manoscritto sull’altro, ci risolvemmo a seguire più specialmente il cod. A, del quale credemmo partito più opportuno riprodurre anche l’alternare che fa talora (ma non più dell’altro codice) una ad altra grafia nella stessa parola, poichè di siffatte incostanze anche gli autografi porgono esempi11. Lasciammo invece da parte, com’era naturale, oltre a quelle grafie che già furono evitate nella Bilancetta e poche altre consimili, ogni forma spropositata, o che credemmo propria del copista piuttosto che dell’Autore; riempimmo, con la scorta dell’altro codice, qualche lacuna, e correggemmo le lezioni errate, spesso pure con l’aiuto di B12 ma all’occorrenza non omettendo di emendare gli errori manifesti di tutt’e due i manoscritti; il che però avvenne di rado e trattandosi quasi sempre di puri trascorsi di penna degli amanuensi. Sia di queste ovvie correzioni13, sia delle diversità de’ due codici, giudicammo, in generale, superfluo render conto al lettore.

Delle figure, che sono forse dovute nelle due copie alla medesima penna, ci sembrarono preferibili quelle di B. Essendo poi i disegni semplicemente dimostrativi, abbiamo omesso (e come in questo, così nell’altro Trattato) la scala, che talora è data dai manoscritti, perchè quasi sempre non corrispondevano ad essa le proporzioni dei respettivi disegni14. [p. 13 modifica]Venendo al secondo Trattato, dol quale adottammo il titolo Trattato di Fortificazione dato da alcuni codici, gli restituimmo i propri Preliminari geometrici, alquanto diversi da quelli del primo, e che i precedenti editori avevano soppresso15, sebbene siano dati da quattro manoscritti, cioè da quelli che segnammo con b, c, r, s. Quanto al testo, tra gli otto codici che contengono il Trattato, s è copia quasi fedelissima di b; e gli altri sette si vengono a raggruppare in tre classi o famiglie, delle quali una, che chiameremo A, è rappresentata dai codici m ed n; la seconda, B, dai codici d ed a, che hanno di comune anche l’esser mutili delle ultime pagine del Trattato (dalle parole «secondo che va il filo di fuori» della pag. 143, lin. 27, in giù)16; la terza, C, comprende i codici b, c, r. Di queste classi, la prima è la sola che offra un testo quasi sempre puro e corretto; e in essa è singolarmente apprezzabile m, laddove n è macchiato di gravi e manifesti spropositi e di gran numero di forme dialettali venete, le quali tuttavia non sono rare neppure in m; poichè l’uno e l’altro codice, anzi probabilmente anche tutti gli altri, da uno solo in fuori, sono dovuti a copisti veneti, come già si vide di quelli del primo Trattato. La lezione dell’ una o dell’altra delle classi B e C, offre spesso riscontro e conferma a quella di A, alla quale più di tutti s’accosta il codice d, sebbene appaia scritto da amanuense piuttosto rozzo; invece a, come è più recente del fratello d, così spesso ammoderna le forme della lingua, o in altre maniere altera il testo, con maggior licenza d’ogni altro codice. La classe C presenta pure, a confronto di A, gran numero di mutazioni minute, talora con un certo carattere di saccenteria, quasi rappresentassero l’opera d’ un revisore; alcune volte poi frantende il testo genuino: in essa tuttavia sono preferibili b ed r, laddove c, che è il solo codice scritto da mano toscana, corregge, ma ad arbitrio, gli errori, dov’è tuttavia sentore del buon testo, ne’ quali incorrono i suoi fratelli, e così presenta una lezione esteriormente molto pulita, ma che dal confronto con gli altri testi apparisce alterata. Tenuto conto di tutte queste circostanze, non esitammo a prendere per fondamento della nostra edizione il cod. m, che fu da noi seguito, sia quanto alla lezione, sia quanto alla grafia, ben inteso con quelle stesse cautele e riserve con le quali adoperammo il cod. A nel primo Trattato. Fermato così il testo, ci parve cosa utile raccogliere a piè di pagina anche un saggio delle varianti che risultavano dal confronto degli altri manoscritti, limitandoci però a scegliere, tra le numerosissime differenze, solo alcune di quello che, avendo importanza per il senso, ovvero per il vocabolo (vuoi sotto il rispetto sintattico, vuoi sotto il rispetto lessicale), giovassero o a giustificare la bontà della [p. 14 modifica]lezione prescelta o a dare un’idea delle varietà dei testi manoscritti17. Tali varianti furono annotate, secondo i casi, o per classi o per singoli codici.

Le figure, spesso errate ne’ codici, preferimmo in generale di prenderle dagli Ambrosiani, emendandole però qualunque volta ci sembrò necessario.


Note

  1. Il cod. 483 del principe D. Baldassarre Boncompagni di Roma, scritto nella prima metà del secolo XVII, e che porta sul dorso il titolo, di mano sincrona, «Miscellanea di cose fisiche non stampato del Galileo & altri», contiene, insieme con alcune scritture galileiane, le quali furono date alla luce soltanto nel presente secolo, un trattatello, anepigrafo e adespoto, di Fortificazioni (car. 53-64), e, d’altra mano, parte di una Introdutione allo Fortificationi» (car. 68-77), pure adespota: ma nè l’una nè l’altra di questo scritture, che sono diverse dai due Trattati qui da noi pubblicati, appartengono a Galileo.
  2. Biblioteca Nazionale di Firenze, Mss. Galileiani, Par. III, Tomo IV, car. 81 r. — Cfr. Galileo Galilei e lo Studio di Padova per Antonio Favaro. Vol. I, pag. 209; Vol. II, pag. 175. Fironze, Successori Lo Monnier, 1883.
  3. Nel cod. A, di fronte al titolo «Breve Trattato ecc.» (cfr, pag. 23), si legge sul margine, in inchiostro rosso, la data «25 maggio 1593», la quale sembra aggiunta, insieme col detto titolo, da mano diversa, ma sincrona a quella che esemplò il testo; sia poi che essa data si riferisca al lavoro stesso dell’Autore, ovvero alla trascrizione che ne fu fatta nel codice.
  4. Molto probabilmente lo stesso che, nato nel 1604, fu eletto Console dell’Accademia Fiorentina l’anno 1644, e morì nel 1646. Cfr. Fasti Consolari dell’ Accademia Fiorentina di Salvino Salvini, ecc. In Firenze, MDCCXVII. pag. 517-519.
  5. Sebbene contenuto nel medesimo volume in cui si trova il cod. B del primo Trattato, è però di mano diversa.
  6. Documenti inediti per la storia dei Manoscritti Galileiani nella Biblioteca Nazionale di Firenze pubblicati ed illustrati da Antonio Favaro: nel Bullettino di Bibliografia e di Storia delle Scienze Matematiche e Fisiche; Tomo XVIII. Roma, 1885, pag. 224.
  7. Memorie e lettere inedite finora o disperse di Galileo Galilei, ordinate ed illustrate con annotazioni dal Cav. Giambatista Venturi, ecc. Parte Prima, ecc. Modena, per G. Vincenzi e Comp., MDCCCXVIII, pag. 26-78.
  8. Vedi pag. 23.
  9. Crediamo dover oltre a ciò avvertire, che nell’opera di questo (Il Principe difeso, ecc. In Roma, appresso Luigi Zannetti, M. DC. IIII) trovansi qua e là, ma soprattutto nel capitolo «Delle fortificazioni di terra, e suoi preparamenti e avvertenze» (pag. 114-118), riprodotti quasi esattamente alcuni passi e figure del Trattato galileiano; sia che il Fiammelli attingesse al nostro Autore, o ambedue ad una medesima fonte.
  10. Indizio di intimi rapporti tra i due codici è anche il fatto che le leggende, le quali accompagnano lo figure, pare siano in ambedue della medesima mano.
  11. Abbiamo dovuto far eccezione per le voci cavaliero in questo primo Trattato, artiglieria nel primo e nel secondo, e baluardo nel secondo. Le forme cavaliero, cavalliero, e artiglieria, artigliaria, artilaria, arteglieria, artegliaria, e baluardo, balluardo, baloardo, balloardo, balovardo, ballovardo, belluardo, bellovardo, s’alternano, respettivamente nel cod. A del primo Trattato (quanto a cavaliero, però, soltanto nel passo di pag. 26, lin. 10), e nel cod. m del secondo, che abbiamo preso a fondamento del testo: e ciò in maniera così strana e disordinata, e con tanta frequenza, da far dubitare se cosiffatta varietà sia dovuta all’Autore, e, ad ogni modo, da recare, ovo fosse conservata, troppo disgusto al lettore. Abbiamo perciò preferito la forma cavaliero, che anche nell’indicato passo è numericamente prevalente, e costante in tutto il resto del Trattato; ma non ci dispiacque rimanesse quasi un testimonio di questa varietà nella figura di pag. 26, dove conservammo cavalliero che è di tutt’e due i codici; la qual forma rispettammo poi in tutto il secondo Trattato, nel quale ce la offrono costantemente ben sei manoscritti. Parimente adottammo come forme uniche artiglieria e baluardo, quest’ultima prevalente alcun poco in m ed in n, costante in b, c, d, r (in a, al contrario, è costante ballovardo), e nel primo Trattato, comunissima nei libri a stampa contemporanei e concernenti questa materia: e soltanto abbiamo conservato da m la forma bellovardo a pag. 87, lin. 3l, in grazia dell’etimologia che ivi l’Autore assegna alla parola. Le altro forme (in n frequente anche belloardo), ci parve sufficiente fossero qui registrate a vantaggio degli studi lessicali.
  12. Dal cod. B fummo costretti qualche volta a prendere, per adattarci alle necessità tipografiche della pagina, anche le parole («come si vede nella presente figura», «nella figura prossima di sopra», «nella figura appresto», «nella contrascritta figura», ecc.), con cui nel testo s’indica il posto, che le figure occupano: nel che, com’è naturale, i codici variano spesso.
  13. Tra gli errori di tutt’e due i mss., che ci paiono notevoli, è, in particolar modo, quel lo di anocchia (pag. 58), dato da A e B concordi, e che, non trovando verun esempio di questa voce, correggemmo in manocchia, che ha altri riscontri o l’appoggio dei codici del secondo Trattato (pag. 140 e seg.). Correggemmo pure corpi di difese, che talora ricorre invece di corpi di difesa; sebbene quella viziosa attrazione del plurale corpi sul suo compimento ritorni anche in qualche passo del secondo Trattato, secondo la lezione di alcuni manoscritti. Non propriamente errore, ma vizio o vezzo della scrittura, più che della lingua, d’allora, abbiam considerata la forma medemo invoco di medesimo; e non tenemmo conto, nè di quella, nè (in prosa di tal genere) dell’altra forma medesmo.
  14. In via di eccezione abbiamo applicato la scala, alla figura di pag. 123, perchè, essendo incompleta ed errata in tutti gli esemplari manoscritti, abbiamo dovuto rifarla, giovandoci dello indicazioni fornite dal testo o degli elementi de’ vari codici.
  15. Furono per la prima volta pubblicati negli Inedita Galileiana, ecc., pubblicati od illustrati da Antonio Favaro: nello Memorie del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti; vol. XXI, pag. 448-450.
  16. Nel cod. a questo tratto fu supplito di mano del Venturi, che lo trascrisse, ritoccandolo, da n.
  17. Non annotiamo mai gli errori, neppure del codice preferito, se almeno non hanno importanza, in qualche passo più incerto, come riflesso o conferma di altre lezioni notevoli. Non teniamo conto delle omissioni, che, se sono del cod. m, suppliamo con l’aiuto degli altri. Di raro notiamo le lezioni proprie di un solo codice, quali più spesso le avremmo trovate in c e, più ancora, in a; ma delle differenze di questo pessimo codice abbiamo fatto poco caso: o neppure notiamo certe lezioni, che, se sarebbero notevoli considerate da sè sole, appariscono, in confronto delle lezioni di altri codici, racconciature arbitrarie, introdotte allo scopo di togliere errori, i quali, alla lor volta, fanno capo alla buona lezione. A queste norme tuttavia abbiamo fatto eccezione talora, avendo speciale riguardo a notare la lezione che si trovasse in istampe precedenti, o dalla quale noi ci discostassimo. Dando di un certo passo una data variante, perchè ci sembrasse notevole, non ci siamo però obbligati a registrare altre differenze insignificanti del medesimo luogo, che potessero esserci offerte da altri manoscritti, a confronto della lezione adottata nel testo: e così pure raccogliemmo, sotto la sigla indicante una classe di codici, le varianti de’ codici di essa classe, ancorchè tra di loro diverse per qualche differenza di niun conto, per lo più fonetica o relativa a desinenze tronche od intere. Infine, non registrammo mai la varietà risguardanti le parole, con cui nel testo si rimanda alle figure, o si accenna al posto che queste occupano.