Le sfere omocentriche/V. L'ippopeda di Eudosso. Meccanismo delle stazioni e delle retrogradazioni

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V. L'ippopeda di Eudosso. Meccanismo delle stazioni e delle retrogradazioni

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V. L'ippopeda di Eudosso. Meccanismo delle stazioni e delle retrogradazioni
IV. Teoria solare d'Eudosso V. L'ippopeda di Eudosso. Meccanismo delle stazioni e delle retrogradazioni - Proposizione I
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V. L’Ippopeda d’Eudosso. Meccanismo delle stazioni e delle retrogradazioni.


Prima di entrare a discorrere delle teorie speciali, con cui Eudosso spiegava i movimenti di ciascun pianeta, è necessario spendere qualche parola intorno ai caratteri generali comuni a tutte queste teorie, e studiare con qualche cura il singolare e fin qui poco conosciuto meccanismo da lui impiegato per rappresentare l’anomalia solare dei pianeti, cioè quella massima irregolarità del loro corso, di cui gli effetti più salienti sono i noti fenomeni delle stazioni e delle retrogradazioni.

Leggendo le relative esposizioni di Aristotele e di Simplicio (per il primo vedi l’appendice I e per il secondo l’appendice II §§ 4, 5 e 6) vediamo, che delle quattro sfere assegnate a ciascun pianeta, alla prima e più esterna era affidata la missione di produrre il moto diurno, con rivoluzione uguale a quella delle stelle fisse; la seconda serviva a produrre la rivoluzione dei pianeti lungo l’eclittica in un periodo uguale a quello della loro rivoluzione zodiacale, la quale per i pianeti superiori coincide colla nostra rivoluzione siderale, per Mercurio e per Venere è uguale ad un anno in tutti i sistemi geocentrici d’astronomia. La rivoluzione di queste seconde sfere essendo supposta uniforme, chiaro è che Eudosso non aveva alcuna idea dell’anomalia zodiacale dei pianeti, cioè di quella che dipende dalla eccentricità delle loro orbite, ed alla quale più tardi fu provvisto coll’introduzione degli eccentri fissi. Per Eudosso dunque erano equidistanti sull’eclittica i punti delle successive congiunzioni e delle successive opposizioni; e gli archi di retrogradazione erano da lui per ciascun pianeta supposti costanti ed uguali in tutte le parti dello zodiaco. E non solo delle eccentricità delle orbite planetarie, ma anche delle loro inclinazione rispetto all’eclittica non si trova indicato il minimo cenno. Il movimento delle seconde sfere (se bene siamo informati) coincideva per tutti i pianeti col circolo dello zodiaco. Le digressioni dei pianeti in latitudine non erano restate ignote agli osservatori; ma Eudosso, come più tardi si vedrà, credette che queste seguissero i periodi dell’anomalia solare, e che dipendessero esclusivamente dall’elongazione dei pianeti dal Sole, non dalla loro posizione in longitudine.

A rappresentare l’anomalia solare e insieme il loro movimento in latitudine erano destinate per ciascun pianeta una terza ed una quarta sfera, interiori alle due sopraccennate. La terza sfera aveva i poli fissi sopra due punti opposti del circolo zodiacale tracciato sulla superficie della seconda, e si aggirava intorno a questi poli con un periodo uguale a quello della restituzione sinodica, ossia dell’intervallo che corre fra due opposizioni consecutive, o fra due congiunzioni consecutive del medesimo nome. I poli della terza sfera, dice Aristotele, erano diversi per i diversi pianeti, ma identici per Venere e per Mercurio. Circa il senso della rota[p. 25 modifica]zione di questa terza sfera, Simplicio aggiunge, che essa si muoveva da settentrione a mezzo dì e da mezzodì a settentrione, ciò che è una conseguenza del giacere il suo asse nel piano zodiacale. Egli però non determina in quale dei due versi possibili succedesse la rotazione; dalle cose seguenti apparirà la cosa esser indifferente, ed i fenomeni esser rappresentati ugualmente nell’una o nell’altra supposizione.

Sulla superficie della terza sfera così disposta erano infissi i poli della quarta, e l’asse di questa serbava sull’asse della precedente una inclinazione costante, ma diversa per i diversi pianeti. Ed intorno a questo asse s’aggirava la quarta sfera in un periodo uguale a quello della terza, ma in senso contrario; e finalmente sull’equatore della quarta sfera era infisso il pianeta, che riusciva così a moversi di un movimento diurno, di una rivoluzione zodiacale, e di due altri movimenti regolati secondo il periodo sinodico. La combinazione di questi due ultimi movimenti disposti in senso contrario intorno a due assi obliqui fra loro, l’uno girevole intorno all’altro, costituiva la base del meccanismo, con cui Eudosso produceva simultaneamente il moto dell’anomalia solare, le stazioni, le retrogradazioni e le digressioni in latitudine.

Astraendo per ora dall’azione delle due prime sfere, che è facile ad immaginare, rivolgeremo tutta la nostra attenzione a studiare a parte il movimento che risulta nel pianeta dalle due ultime. La questione, ridotta ai termini più semplici, è questa: «Intorno al diametro AB (fig. 2) fisso, si aggira con moto uniforme una sfera portante due poli opposti P, intorno ai quali si avvolge uniformemente una seconda sfera concentrica alla prima, con periodo eguale e con movimento contrario. Determinare la via percorsa da un punto M della seconda sfera, collocato ad eguale distanza da’ suoi poli.»

Questo problema non offre oggi certamente alcuna difficoltà a chi sia iniziato nei principj della trigonometria sferica o della geometria analitica. Ma ciò che nel presente caso importa, non è tanto conoscere il risultato, quanto sapere che tal problema non era inaccessibile alla geometria di quei tempi. Ed a ciò non si potrà arrivare, se non col trovare una soluzione, la quale dipenda in modo semplice e diretto dai soli principj della geometria più elementare. Trovata questa, ed acquistata così la certitudine, che Eudosso poteva rendersi conto esatto della natura del suo problema, ed ottenerne, se non il calcolo, almeno la costruzione rigorosa, rimarrà la parte storica del nostro còmpito: dimostrare cioè che veramente Eudosso è giunto ad una soluzione conveniente al suo bisogno, e che egli conosceva con precisione la forma della curva descritta dal punto M in conseguenza del moto combinato delle due sfere. Noi ci applicheremo ora con tutta la cura possibile alla dilucidazione dell’una e dell’altra questione, cioè della geometrica e della isterica, e procureremo di non lasciare, su questo argomento importante, alcun dubbio nell’animo dei lettori.