Le streghe del Tirolo/Conchiusione

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Conchiusione

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V Indice delle materie e delle date

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CONCHIUSIONE




La parte manoscritta del volume, comprendente la filza dei documenti appartenenti al processo delle streghe tirolesi, termina alla pagina ottocent’ottantesima; ce ne hanno non poche altre tuttavia bianche, come in aspettazione d’ulteriori sviluppi; nè di siffatti ulteriori sviluppi ci sarebbe stato difetto per poco che alla procedura fosse stato lasciato libero il naturale suo corso; sarebbe bastato far catturare gli ultimi denunziati per cavarne ulteriori denunzie; ed arduo sarebbe conghietturare quai gigantesche dimensioni quel formidabile dramma avrebbe potuto assumere mercè gl’influssi, e dietro la spinta d’una volontà inflessibile. Per conto mio son d’avviso che le ruote di quel maledetto carro furon legate tostochè lo si vide cominciar a correre troppo precipitosamente: una segreta ingiunzione, probabilmente verbale da parte dell’Arcivescovo di Salzburg, reputo giungesse al giudice Madernino, di moderare la sua foga inquisitoriale. In paese ov’eran uomini illuminati, come quel giureconsulto Bertelli, non doveva riuscire senza inconvenienti spigner la persecuzione tropp’oltre. Avvertasi, infatti, come le condannate eran miserabili creature delle più spregiate, temute e detestate; sinchè la giustizia non colpiva che siffatta feccia della società, poteva ella procedcr sicura di non trovare che ap[p. 252 modifica] provatori: ma non conviene tendere troppo la corda per tema ch’ella non abbia a spezzarsi; gli è questo un proverbio del quale que’ magistrati e dignitarii tirolesi sovvennersi in tempo; favorirono (giova credere) la fuga delle Brentegane, e della figlia della Filosofa, rimandarono assolti Santo Peterlino, Pasqua, e Benvenuta: gli esordii del processo e l’ultime sue fasi presentano notevoli disparità, da principio un empito inesorabile, sul finire una indulgente rilassatezza; e sì che la procedura non era ita a rilento; dagli interrogatorii della Mercuria in novembre, a’ supplizii dell’aprile non più di cinque mesi erano corsi.

Or io spiegherò a modo mio la ragione di questi inizii violenti, e di questa successiva mitigazione.

Considerando a fascio gli elementi della inquisizione di cui svolgemmo la tela, troviamo che due incriminazioni vi si rivendicano i primi posti, sendo intorno ad esse che i costituti moltiplicansi a tale d’appropriarsi mezzo il volume; e sono i due malefizii praticati contro la persona di Cristoforo Sparamani, e contro i buoi dello Scarambea. Ma il valor delle cose non si misura dalla lor massa; ed io non pretendo far prova di peregrina perspicacia, affermando che la molla maestra di tutto quel diabolico macchinismo si fu lo stregamento denunziato dalla Mercuria, siccome tendente a far abortire la giovine marchesa Bevilacqua, ospite del feudatario conte di Lodron: quella denunzia, avuto riguardo alla importanza de’ personaggi insidiati, dovette eccitare la indegnazione del Feudatario, l’ardore de’ magistrati; e la procedura venne aperta coll’empito d’un odio personale, col trascinamento d’una vendetta da compiere. Ma appena fu messa mano al vespajo, che la denunzia irritante scadde dalla sua importanza, diventò secondaria, non trovò più che un qualche rado eco, e terminò con andar sommersa in quel mare d’accuse che si moltiplicavano, e complicavano ad ogni interrogatorio, ad ogni applicazion di tortura, come fiotti [p. 253 modifica] cacciati da vento procelloso. Il malefizio a danno della marchesa è il punto nero da cui si scatenò il temporale. La famiglia Lodron volle averne soddisfazione, Madernino e Ropele sue creature, la secondarono: confessiamo che in fondo a tutto ciò v’er’anco il sentimento del giusto; e che quelle infami donne, le cui insidie non miravano nientemeno che a consumar assassinii, meritarono d’essere consegnate al carnefice.

Elle ci si presentan divise in quattro gruppi, che contan ciascuno una vecchia ed una giovine, Domenica Camella, e Lucia sua figlia; Domenica Gratiadei e Benvenuta sua figlia; Isabella Gratiadei e Polonia sua figlia; la Filosofa e Valentina sua figlia. La più detestabile è Domenica Gratiadei che corrompe la propria creatura non peranco uscita d’adolescenza, facendole credere che coloro a quai la prostituiva eran il diavolo assumente sembianze or di questo or di quello: dessa è la sola che abbia sostenuta la realtà delle tregende in tutti i loro più stravaganti particolari: la Filosofa mentre sottostava al tormento confessò simili cose, ma subito dopo le ritrattò: tormentata da capo le riconfessò, ma per disdirsene di nuovo; deplorabili vacillazioni a cui diè fine uccidendosi.

Queste tregende a riguardarle qual campo di prodigii son evidentemente sogni e delirii; voglionsene però credere tutti quegli episodii che spettano alle infamie che vi si raccontano praticate. Stupide femminucce s’immaginavano che il diavolo presiedesse a que’ ritrovi sotto forma d’uomo (il più delle volte noto), o di capro; cadaveri di bimbi v’eran cucinati e mangiati; vi si manipolavan unguenti con grassi cavati da que’ corpi, e con frammenti d’ostie consacrate, vi si macchinavan aborti, avvelenamenti; pensavansi que’ ribaldi d’andare realmente forniti di poteri sovranaturali, de’ quai pretendevano fare il più detestabil uso, sia per guadagnar denaro, sia per vendicarsi, sia per l’infernale soddisfazione d’operare il male per amor del male. Deplo[p. 254 modifica] rabili abberrazioni dello spirito umano! nè vi ha paese che non ne abbia subìti gl’influssi sinistri, a cominciare dall’antica Grecia ove le Pitonesse e le Sibille abbondarono, sino all’odierna Scozia ove pullulano tuttavia le Meg-Merillies; a cominciare dal Settentrione popolato di Valchirie, di Vampiri sino al Mezzogiorno ove non è borgata che non abbia suoi spiriti folletti.

Le abbominevoli ceremonie (la cui descrizione torna frequente) della rinnuzia al battesimo ed agli altri sacramenti in presenza del diavolo, il sigillo che Domenica Gratiadei applicava sulla spalla servendosi di quel suo anello, senza pietra arroventato, le oscene saturnali delle danze con accompagnamento d’orchestra, ed altri particolari che sarebbe arduo pur accennare, e che dovetti porre studio a rimuovere da’ miei rendiconti, tuttociò vuolsi ritenere verissimo: or bene figuriamoci d’essere il giudice Madernino: qual senso ci farebbero quelle schifose creature? E Frisinghello che vedeva in esse le insidiatrici omicide della moglie e della figlia, nol diremo scusabile se cercò di comunicare a’magistrati i suoi proprii risentimenti?

Mi accomiato da’ lettori con un’ultima considerazione, la qual m’auguro abbia a riuscire conseguenza e frutto di tutto quanto il mio lavoro.

Quanto differiscon i due processi che interrogammo nella tragica crudezza di lor testi originali!

Eccone uno che ci si porge istrutto con quella maggiore pubblicità che l’epoca e i fatti comportavano, apertosi a notizia di tutti, sanguinosamente chiuso a vista d’ognuno: trattavasi di femmine mezzo matte che il giudice assogettò a lunghi, molteplici interrogatorii frammisti d’orribili torture: succumbettervi tutte; quale confessando ciò che le si domandava, ed anco d’avantaggio; quale uccidendosi disperata in prigione: i tratti di corda procedettero di pari passo colle domande suggestive; corpi ed anime soggiacquero ad irresistibili strette, da cui emerse la giustifica[p. 255 modifica] zione apparente di capitali condanne. Tre quarti de’ fatti incriminati eran tali da chiarire in lor autori più leggerezza di spirito, e miseranda manìa che pericolosa scelleratezza: e gli è preferibilmente sull’appoggio di que’ fatti, che, nonostante la luce versata da una difesa improntata di filosofia pratica, spirante equità e buon senso, il Giudice s’indusse a condannare. Ignoranza, pregiudizii, spirito di vendetta, crudeltà, son altrettanti elementi del processo secolare e pubblico che studiammo; risonante degli urli de’ martoriati, tinto del sangue de’ giustiziati, ha suscitato nella nostr’anima un senso di raccapriccio; e appena la scimitarra del carnefice ebb’ella tagliato quel nodo gordiano, che rimovemmo il sinistro volume; lo avevano subìto sin allora come una spezie d’incubo...

Nell’altro processo si tratta di monache: tribunale ecclesiastico lo istruì, e il segreto ne fu così gelosamente serbato, che il migliore Annalista contemporaneo dovette (nonostante che fosse ecclesiastico pur egli) contentarsi, in ricordarlo, delle voci vaghe e incerte che ne corsero. Il fanatismo religioso, del qual è vezzo gratificare il secolo decimosettimo in generale, e la genìa fratesca in particolare favoreggiato ne’ suoi sfoghi dall’impenetrabil mistero alla procedura, inviperito dalla natura stessa dei delitti commessi, sepp’esso improntare le rivelazioni degli atti monzesi e milanesi d’una ingiustizia più evidente, d’una crudeltà più squisita, d’abuso di poteri più ributtanti di que’ che rivelaronci gli atti tirolesi? tutto al contrario: il processo ecclesiastico, e segreto apresi, sviluppasi, chiudesi, senza torture, senza interrogatorii suggestivi, senza confessioni estorte; i suoi procedimenti son probi, uniformi; non foga da principio, non remissione sulla fine; dappertutto un soffio latente di carità cristiana: non vi traspira smania di convincere delinquenti; sibbene brama di conoscere la verità; non al patibolo si voglion cacciar gli accusati, sibbene addurli al pentimento; [p. 256 modifica] e quando avranno confessato i loro misfatti, non s’ingiungerà alla scimitarra del carnefice di vendicare la società oltraggiata, ma si affiderà la riparazione chiesta dalla religione violata al raccoglimento d’una cella, allo zelo pietoso d’un sacerdote, all’azione sanatrice del tempo...

Amico lettore! paragona questi due processi: dovrebbe scaturire dal loro confronto una deduzion logica impensata... te la raccomando.






fine.